MUSICA




​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​
​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​
​​​​​​​​​​​​​​
​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​
​​​​​​​​​​​​​



​​​​​​​Parliamo dei nostri gusti musicali
​​​​​​​

​​​



MUSICA
Start a New Topic 
Author
Comment
Morto Pino Daniele, il mondo della musica in lutto


Colto da un malore nella sua casa nel grossetano, il musicista, che avrebbe compiuto 60 anni a marzo, è deceduto all'ospedale Sant'Eugenio di Roma. Il sindaco di Napoli De Magistris ha dichiarato il lutto cittadino. Messaggi di cordoglio dal mondo della musica e da Renzi


Il malore improvviso, poi l'inutile corsa verso l'ospedale a Roma. Pino Daniele, che avrebbe compiuto 60 anni il 19 marzo, è stato stroncato nella notte da un infarto. Lascia cinque figli. La figlia del cantante, Sara, interpellata, si è limitata a dire: "E' un momento terribile".

Pino Daniele si è sentito male nella sua casa di campagna in Toscana. La chiamata al 118 è arrivata alle 21.15 e chiedeva un intervento per un malore nella tenuta in Maremma. Un casale isolato, tra le frazioni di Pereta, Marigliano e Magliano in provincia di Grosseto in cui il cantautore napoletano aveva scelto come buen ritiro. Quando l'ambulanza, dieci minuti dopo, è arrivata nei pressi della casa il medico a bordo ha chiamato per chiedere di accendere le luci per farsi individuare. Ma, spiegano dall'Asl di Grosseto, dal casale "hanno risposto che non c'era più bisogno perché il paziente aveva preferito partire verso Roma per recarsi da un medico di fiducia, con un mezzo proprio".

All'ospedale Sant'Eugenio, nel quartiere Eur di Roma, Pino Daniele è però arrivato in condizioni disperate. Durante il tragitto da Magliano a Roma, come riportato dal Mattino di Napoli, la vettura ha forato una gomma rallentando la corsa in ospedale. La corsa è stata vana: arrivato all'ospedale Sant'Eugenio di Roma in condizioni disperate, il musicista è stato immediatamente intubato ma, secondo fonti ospedaliere, la situazione è apparsa subito critica. La salma è in questo momento nella camera mortuaria dell'ospedale, dove non è consentito l'ingresso e dove è arrivata la famiglia dell'artista. "I funerali dovrebbero tenersi dopodomani, probabilmente a Napoli, poi Pino Daniele dovrebbe essere sepolto in Toscana"racconta uno dei camici bianchi del Sant'Eugenio.


Il primo a dare la tragica notizia sul web è stato l'amico e collega Eros Ramazzotti che, postando una foto del cantante sorridente, ha scritto: "Anche Pino ci ha lasciato. Grande amico mio, ti voglio ricordare con il sorriso mentre io, scrivendo, sto piangendo. Ti vorrò sempre bene perchè eri un puro ed una persona vera oltre che un grandissimo artista. Grazie per tutto quello che mi hai dato fratellone, sarai sempre accanto al mio cuore. Ciao Pinuzzo...".

Re: Morto Pino Daniele, il mondo della musica in lutto - I

"Ho ancora nelle orecchie la sua musica a Capodanno. Una voce incredibile, quella non solo di Napoli e del Sud, ma di tutta l'Italia, una chitarra preziosa, una sensibilità rara che, con passione e malinconia, continuerà a raccontare in tutto il mondo il nostro Paese", ha dichiarato il Premier Matteo Renzi appena appresa la notizia. Daniele è stato ricordato anche dal sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, che ha dichiarato il lutto cittadino nel giorno dei suoi funerali: "Pino Daniele è morto, ma la sua musica è eterna. Pino è Napoli, legame infinito e indistruttibile, come il suono e la voce della sua musica", ha twittato il sindaco a caldo. Poi ha aggiunto "sono sconvolto, solo qualche giorno fa era con noi a Napoli (il riferimento è al concerto del 17 dicembre, ndr.). Ognuno di noi ha Pino dentro, la musica, le parole il ritmo. Pino è immenso, è storia". Il sindaco sta studiando anche altre possibili manifestazioni di omaggio al musicista. Intanto le bandiere a mezz'asta saranno esposte a Palazzo San Giacomo, sede del Comune, e in via Verdi, nella sede del palazzo del Consiglio Comunale.

"Eravamo ragazzi e la sua voce e la sua musica erano già dentro di noi. E lì resteranno sempre. #PinoDaniele uno dei grandi", ha scritto in un tweet il ministro dei Beni Culturali, Dario Franceschini.

Numerosi i messaggi di cordoglio arrivati dal mondo della musica. "Una notte senza fine. Un dolore senza fine", hanno twittato i Negramaro dopo avere parlato al telefono con lo stesso Ramazzotti. "Ciao Pino" seguito dall'immagine
della copertina del primo album dell'artista napoletano, Terra mia, è il saluto che Jovanotti ha affidato a Facebook. Fiorella Mannoia scrive: "Un dolore immenso. Sono attonita. Non trovo altre parole", mentre Dolcenera twitta: "Proprio ieri coi miei amici ti cantavamo e suonavamo... E continueremo a farlo.Tu eri #tuttanatastoria", a testimonianza di un amore e di una stima che hanno coinvolto anche le nuove generazioni".

"Non mi sento tanto bene adesso. Sto aspettando il dottore. L'ho sentito tre giorni fa. Era più che un fratello per me", ha dichiarato in lacrime Tullio De Piscopo a Repubblica.it.

"Se è morto Pino Daniele - scrive Francesco Di Gesù, in arte Frankie Hi-Nrg Mc - adesso il nero è totale". Il riferimento è a Nero a metà, titolo dell'album pubblicato dall'artista partenopeo nel 1980, quello della consacrazione, e del tour che pochi giorni fa lo aveva riportato trionfale anche nella sua Napoli. Commosso anche il ricordo di Giorgia: "Troppo dolore e troppo grande per stare dentro alle parole Pino, un pezzo di storia e della musica di tutti, artista immenso, e amico vero".

"Non ho più lacrime", ha scritto su Facebook Antonello Venditti. "Sono sconvolto da una notizia appena
ricevuta...E' morto il grande Pino Daniele...tre ore fa..un infarto. Non ho parole", è il commento di Federico Zampaglione.

Claudio Baglioni ha dedicato un lungo ricordo all'amico e collega sulla sua pagina Facebook: ""Pino, Pinuccio tanto caro Pino adorato ieri sera guardavo la foto presa da lontano di noi due seduti sul bordo del terrazzo mentre tu mi raccontavi e io ascoltavo.... Dietro c'era solo il mare. E al mare e a te pensavo come in una misteriosa malinconia, una tristezza nuova e sconosciuta". "E' stato un regalo conoscerti", ha poi sottolineato l'artista romano, "è stato un regalo conoscerti e incontrarti in questi anni e in questo mondo e cantare suonare parlare ridere con te e sentire, sapere, essere sicuro che ogni volta, nella musica e nella vita, ci hai messo tutto il cuore".

"E così, dopo Lucio, se ne è andato un altro pezzo di cuore e di vita, uno dei più grandi di sempre. Ciao Pino, e infinitamente grazie", ha scritto Daniele Silvestri. "L'Italia piange ed io con lei. Ciao Pino, un abbraccio grande. Grazie di tutto", ha scritto su Twitter Fedez.

"Ognuno sta sul cuore della terra trafitto da un raggio di sole ed è subito sera.... che la terra sia tua....", ha postato
sulla sua pagina Facebook Niccolò Fabi. "Senza parole...Ciao Maestro", ha scritto invece Rocco Hunt.


Pino Daniele era stato protagonista, la notte di Capodanno, dello show in diretta da Courmayeur su Rai1 (mentre su Canale 5 da Napoli si esibivano Gigi D'Alessio and friends).

Dopo il concerto-evento del 1 settembre, Pino Daniele era tornato in tour a dicembre con il live Nero a metà: l'11 a Bari (Pala Florio), il 13 a Roma (Palalottomatica), il 16 e il 17 a Napoli (PalaPartenope), il 22 a Milano (Mediolanum Forum Assago). Ad accompagnarlo c'era la band originale del 1980.

Pino Daniele, l'ultima intervista. Neri a metà

Pino Daniele, l'ultima intervista. Neri a metà

di Emilio Marrese


Sull'orlo dei sessant'anni garantisce che ancora tiene la ca zzimma sufficiente. "Qualche volta devo tirarla fuori perché questa società ti costringe a difenderti, specie nel mio ambiente in cui le persone a modo sono una minoranza. Ma poi neanche esiste più un ambiente musicale: ogni dieci anni cambia tutto radicalmente e tu devi attaccarti alle cose che non ti fanno deragliare. Rinunciare è più facile che stare in gioco. Se sono ancora qua forse è perché non mi sono mai considerato un cantautore ma un musicista che suona, e i musicisti che suonano non hanno età. La musica ti tiene in vita fino all'ultimo giorno".

Lo cantava fin dal principio, "la musica è tutto quel che ho", in Nero a metà, l'album che portò duecentomila napoletani in piazza del Plebiscito, il 19 settembre del 1981, e che ancora oggi dà il titolo alla nuova versione del disco e al tour di Pino Daniele e della sua band, la stessa di allora. Riempita l'Arena di Verona a settembre, ha fissato altre sei tappe invernali: ieri era a Roma, martedì e mercoledì la rimpatriata blues sarà di scena a Napoli e poi a Milano il 22 dicembre. Imponente in uno dei tanti giubbotti mimetici in stile militare della sua collezione, ci accoglie nel suo ufficio romano, un piano seminterrato che odora di nuovo nel quartiere Prati. La tazzulella ' e cafè è nel bicchierino di plastica, gli onori di casa li fa Alessandro, il maggiore dei cinque figli avuti da due mogli. Nero a metà, Pino, lo è ancora. Artista in chiaroscuro.

Gentile e ombroso, cordiale e riservato, loquace finché si parla di musica ma geloso del privato e del passato.

Semplicemente, non gli importa e non si dà importanza. Si è sempre definito "napoletano atipico" in quanto sedicente "antipatico" ("Ho sempre combattuto lo stereotipo del napoletano fanfarone simpatico a tutti i costi" ha spesso dichiarato). Rimase famosa, perché ripresa dalla Rai, la sua risposta live a quello che dal pubblico lo aveva stuzzicato con affetto: "Non sai parlare". "L'importante è che saccio sunà ". E cosissìa. Non ama i bilanci, non ama troppo raccontarsi, celebrarsi, storicizzarsi, enfatizzarsi, analizzarsi.

Lui è qui e ora. Vai mo'. "Io faccio e dimentico. Il verso più bello forse lo devo ancora scrivere". Non può ragionare diversamente uno che alle superiori buttò giù un album struggente e altissimo come Terra mia e una poesia in musica come Napule è, destinata all'immortalità al pari di tanti altri capolavori della tradizione partenopea. Poteva pure fermarsi subito lì, dove tanto nessuno lo avrebbe raggiunto. "Non lo so se è un capolavoro, di sicuro non me n'ero accorto quando l'abbiamo composta a casa di Rino Zurzolo, lui aveva quattordici anni e suonava il contrabbasso, io sedici e mi arrangiavo da autodidatta con la chitarra. Eravamo tutti e due innamorati di Luigi Tenco, ci scambiavamo poesie per divertimento, scritte in italiano, tra i banchi di scuola, all'Istituto tecnico commerciale Diaz. Diàz, come si dice a Napoli. Se ci sta il genio e fai qualcosa che rimane, te ne rendi conto solo dopo, quando vedi che una canzone come quella entra nella vita delle persone, nel quotidiano, e non ne esce più. Io allora non pensavo che avrei fatto il cantante e tanto meno che avrei inciso un disco. La certezza che questa passione sarebbe potuta diventare un mestiere l'ho avuta solo dopo il secondo elleppì, dopo il successo di Je sò pazzo. Lì ho capito che potevo guadagnarmici da vivere. Solo a quel punto ho anche iniziato a studiare seriamente la chitarra. E non ho ancora finito". La prima elettrica, una Eco X27, la portava a spasso nel cuore storico popolare di Napoli, dov'è cresciuto, tra il Pallonetto, il Monastero di Santa Chiara e piazza del Gesù; dopo il diploma, Giuseppe Daniele suona in un gruppo chiamato Batracomiomachìa, come il poemetto greco del VI secolo avanti Cristo (battaglia tra topi e rane, la traduzione), accompagna Jenny Sorrenti, la sorella di Alan, Gianni Nazzaro, va in tour con Bobby Solo. "Esperienza breve e divertentissima con un grande professionista, un vero innamorato, nonché profondo conoscitore, del rock. Andammo a fare serate in Belgio e Francia. A quei tempi c'erano molte più opportunità, più occasioni per imparare sul campo. Quattro strumenti e si andava, oggi ci sono ragazzi che incidono il secondo disco senza essere mai saliti su un palco". Ma Pino Daniele, per come poi lo conosceremo, nasce dall'incontro con James Senese. "La sua band, Napoli Centrale, nella quale entrai come bassista, fu la scintilla per iniziare a pensare cose diverse. Erano tempi di disagio e di denuncia. La musica aveva una funzione sociale che oggi non ha più, sfruttava la sua forza per veicolare un messaggio, stimolare il pensiero e gli stati d'animo, sfogare una rabbia".

Masaniello è cresciuto, Masaniello è tornato. Coi capelli corti e il toscano tra le labbra. Ma Pino Daniele non è stato solo Masaniello. È stato, nell'arco di quarant'anni e ventritré album, un po' di tutto: lazzaro felice, musicante, uomo in blues, scarrafone, boogie man. Dopo aver inventato un sound e un linguaggio ha poi esplorato, ricercato, rimaneggiato tra Africa, Mississippi, Brasile, Medioriente e Mediterraneo. Qualche volta scoprendo sentieri, altre disorientando perfino i seguaci più fedeli: può essere la stessa persona quella che ha concepito versi come " ' a vita è nu muorzo ca nisciuno te fa dà ' ncopp'a chello ca tene" (e cento altri inarrivabili) e quella che canta "che Dio ti benedica, che fica" o "punta dritto verso il cuore se vuoi vincere in amore/ come un lampo a ciel sereno sei arrivata come un treno". Ecco. Con tutto il rispetto. "Rifarei tutto il percorso. Di solito non mi riascolto, ma sì, qualcosa ho fatto che, dopo, mi dico "Oh Signore, ma che è?". L'esperienza serve a poco se non a capire la cosa più importante, e cioè che il come conta più del quando e del quanto. Si deve acquisire un metodo e non inseguire il mercato, non fare cose che non ti appartengono. Ci sono stati periodi in cui mi sono fatto condizionare. Il successo ti cambia, ti stranisce. Si emoziona un bambino alla prima comunione, figuriamoci un ragazzo che si ritrova duecentomila persone davanti ad ascoltarlo". E forse non è facile nemmeno ritrovarsene un giorno appena tremila, sotto il palco, dopo aver riempito gli stadi o i templi come l'Apollo a New York e l'Olympia di Parigi. "Magari sempre tremila, ci farei la firma... Ogni stagione ha il suo clima. Bisogna anche saper tornare alla normalità, all'intimità".

La lista delle collaborazioni e dei duetti è infinita, ma sul serio: da spalla di Bob Marley a San Siro a Biagio Antonacci, da Gigi D'Alessio a Eric Clapton. Wikipedia ne conta centocinquantuno. Anche qui nessun rimpianto, nessuna delusione: "Le collaborazioni servono a capire. Io ho sempre cercato gli altri per "messaggiare" la mia creatività. Mi sono sempre divertito molto con tutti, anche se coi grandissimi ho trovato difficoltà "tecniche" per stare al passo: parlo di gente del livello di Clapton o Al Di Meola, Pat Metheny, Wayne Shorter, Chick Corea, Gato Barbieri. Non ho mai tenuto la contabilità per sapere se alla fine ho dato più di quel che ho preso". Ma alla fine, gira e rigira, si torna in scena coi "compagni di vita". Zurzolo, Senese, Marangolo, Di Rienzo, Esposito, De Piscopo, Vitolo, Cercola... "E si torna ragazzini nonostante l'età. Siamo una macchina che cammina spedita, basta poco per riavviarla ogni volta. Abbiamo vissuto tournée bellissime, ci conosciamo a memoria, qualche volta ci siamo scazzati come accade tra amici, ma quando ci ritroviamo è tutto come trentacinque anni fa. Le canzoni di allora hanno un vestito nuovo, non si possono fare uguali. Ma ha un senso farle sentire a chi non le ha conosciute prima, senza malinconia né nostalgia". Né troppe spiegazioni: "Non sono cambiato, sul palco parlo sempre poco. Io non faccio l'intrattenitore, non sono uno showman. Quando uno studia e si sacrifica tutti i giorni, il palco è un momento di grande serietà e rispetto per la musica. Giudicatemi per quella".

Pino Daniele mise i jeans a Napoli - di Marinella Venegoni

Succede così, che soltanto quando muori d’un botto la gente si sveglia e si ricorda di quanto sei stato grande, delle canzoni tue che ha cantato e canterà. In questo pessimo inizio di 2015 ci tocca piangere, dopo Lucio Dalla, un altro artista centrale nella musica d’autore italiana, che se n’è andato in un amen ma che di morire non ne voleva proprio sapere, tanto che stava correndo dal suo cardiologo ma non è arrivato in tempo. Con il cuore ballerino Pino Daniele era abituato a convivere fin dalla giovinezza, in casa erano sei fratelli tutti cardiopatici. Aveva avuto due infarti, spariva a lungo per curarsi: era, tra l’altro, il mal di cuore, un segreto in comune con l’altro grande napoletano del secondo ‘900, Massimo Troisi, suo grande amico. Oltre a scrivergli tre colonne sonore, Pino aveva messo la note alla poesia di Massimo «’O ssaje comme fa ‘o core», che cantava sì l’innamoramento, ma entrambi sapevano bene che non solo di questo si trattava.
Partito dalle prime modernizzazioni di Peppino Di Capri, egli ha cercato, ancora sui banchi della ragioneria, di trascinare di prepotenza nel presente la sua città natale, fin dalla splendida «Napul’è» su «Terra Mia» del ‘77. Ha fatto abbracciare Napoli dalle musiche che ascoltavano i ragazzi, il rock il blues il jazz, e più tardi i suoni del Mediterraneo, in un afflato che inglobava l’uso del dialetto mescolato all’inglese e all’italiano, un gramelot efficace e venato d’ironia. L’effetto di quel nero a metà che cantava «Ji so’ pazzo» e «A me me piace ‘o blues» con la criniera leonina e l’aria un po’ tamarra fu devastante. Napoli lo abbracciò di un affetto riservato a pochi, immutato fino ad oggi malgrado egli abbia finito per abbandonare per sempre la città; e presto tutto il Paese fu ammaliato dall’energia che sprigionava ma anche dal rigore che portava sulla scena con le band, dalla voce particolarissima, dalla chitarra che mai ha smesso di studiare, in un’ambizione virtuosa che gli attirò l’interesse dei musicisti internazionali. Già la sua prima band fu tostissima, fra i ‘70 e gli ‘80, con gente come De Piscopo, Zurzolo, Senese e Marangolo, ma amò poi circondarsi in sala o sul palco da campioni come Wayne Shorter, Alfonso Johnson, Mino Cinelu, e i suoi concerti ebbero una caratura internazionale. Nel 2011 aveva incrociato la chitarra con Eric Clapton a Cava dei Tirreni, e poi l’invito di quest’ultimo al suo Festival Crossroad di Chicago lo aveva reso un uomo felice. Come spesso accade, la seconda parte della sua carriera era in parte virata verso il pop, per poi riprendere vigore ultimamente dalla riproposizione del vecchio repertorio. L’abbiamo visto un po’ stanco e rassegnato nel concerto recente all’Arena con molti colleghi anche dei talent, un tributo da pagare per farsi conoscere dai più giovani.
Pino Daniele era una persona umile, semplice e diretta, con precise idee sociali e una bella vis polemica che trapiantava anche nelle canzoni. Attaccò apertamente la nascente Lega in «’O Scarrafone» del ‘91 («Questa Lega è una vergogna»), e si scagliò contro l’amico Bassolino che aveva ricevuto in Comune il campione neomelodico Gigi D’Alessio: «Allora io posso abbracciare Fini e Alemanno», sbottò. Forse l’intervento della moglie Fabiola ne addolcì poi le attitudini, e lui e D’Alessio finirono per esibirsi insieme a Piazza del Plebiscito, in una serata del luglio 2008 non priva di fischi. Consola che se ne sia andato da innamorato. Stava vivendo una nuova felice storia con Amanda, una bionda cinquantenne che gli era accanto quando «’O ssaje comme fa ‘o core» è tornata a farsi, purtroppo, sentire.