MUSICA




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Battisti rivisitato in quasi-rock (e Mogol ha fatto causa alla vedova)


Battisti-Mogol, una coppia che sconfigge persino la perdita contemporanea della memoria. Ma per rinfrescare quel binomio che dopo più di quarant’anni ancora accende fantasie, Giulio Mogol che a 78 anni resta estremamente spericolato, si è fatto promotore di una impresa difficile e scivolosa: riscrivere con sonorità contemporanee dodici dei loro pezzi più conosciuti e cantati, da «Mi ritorni in mente» a «Emozioni», da «Anche per te» a «29 settembre», perché anche i più giovani se ne possano appropriare. L’album «Battisti-Mogol in versione new era» esce oggi, registrato con allievi della scuola di musica del CET, l’elegante struttura dove Mogol vive, immersa nel verde un po’ selvatico dell’Umbria. La giovane voce (non battistiana) è di Kocis Campani, i cori vigorosi della figlia di Wess, Deborah Johnson, e del figlio di Rocky Roberts, Randy; i musicisti sono spesso di vecchia razza rock come il batterista Roby Pellati della stirpe emiliana di Ligabue, c’è il pianista Barbera. I suoni sono internazionali quanto basta a far sentire a proprio agio i nuovi adepti, che troveranno qui e là profumo di sonorità Coldplay e più spesso anche sprazzi di rock bello spesso. L’effetto è a tratti straniante, «La canzone del sole» fatta così uno proprio non la vorrebbe sentire, ma poi molti altri pezzi prendono, e la ditta riparte.
Non sarebbe stato più facile e meno rischioso tenere la voce di Lucio Battisti sul rifacimento musicale? Mogol, con il suo sorriso mesto di eterno bambino, dice che non si poteva: la questione è delicata ma, in breve, gli eredi Battisti e soprattutto la vedova a quanto si capisce, non ne vogliono sapere. E’ nota la vicenda di vari Festival fra Lombardia e Poggio Bustone nati in celebrazione del musicista che hanno dovuto tirare i remi in barca per l’ostilità dichiarata della vedova, che vuole si cali il silenzio sulla figura di Battisti: figurarsi ritrovare la voce del marito defunto inserito in un contesto contemporaneo.
Finora e per lunghi anni è stata, per così dire, una promozione al contrario, tenuta in vita solo dalla tigna di Mogol. Ma oggi, con questa sua idea, si cambia direzione. «The new era» riparte anche per essere ascoltato anche su iTunes, dove non ha mai potuto approdare finora sempre per lo stesso motivo. Un nuovo enorme segmento di mercato e di ascolto si apre per Mogol/Battisti autori. Certo si capisce che Mogol deve aver lottato parecchio, prima di prendere questa decisione che supera ogni eventuale avversità. E si capisce anche quanto gli sia costato, sia in termini autorali che economici, l’ostruzionismo della controparte: è giusto che un repertorio ormai classico, patrimonio nazionale nella musica popolare, non venga più divulgato per divieto di una parte? E’ giusto che l’autore vivente della coppia ci rimetta anche economicamente? La domanda ha già travalicato il lato teorico, Mogol si è rivolto a un giudice e la questione è ora sotto delicata inchiesta presso un tribunale: la sentenza, quando arriverà, non mancherà di far discutere.
Giulio Mogol si dice sicuro che Battisti sarebbe stato contento di questa operazione discografica: «Muoverebbe certo delle critiche, ma sull’idea di sperimentazione e di futuro sarebbe d’accordo. Con lui ho passato la parte più importante della mia vita artistica, lo conoscevo bene». Tante volte si è già trovato in contrasto con la vedova: c’è un brano inedito, «Il Paradiso non è qui», tolto all’ultimo da «Una giornata uggiosa» e finito chissà come in rete, che non è depositato per l’opposizione della signora, e non si può fare ascoltare. Lui si consola «con il piacere di sentire queste canzoni per come sono nate oggi: è rock, il rock è libertà, e io mi sento libero». Sempre nell’attesa che un giudice dirima l’intricata, delicata questione.

Marinella Venegoni