MUSICA




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Dinastie Musicali - Casa Ricordi - L'arte di scoprire talenti


Pare proprio finito, il nome di Casa Ricordi, un nome che ha fatto la storia della musica italiana. Lo trovi ormai soltanto in qualche vecchio spartito da museo, e in un polveroso film a colori degli anni Cinquanta; tutto il resto, i 229 anni di vita di una saga familiare che davvero ha dominato ogni sala da concerto, ogni composizione musicale, in ogni parte del mondo, il Ricordi che fu l’editore di Verdi, il Ricordi che fu lo scopritore di Puccini, il Ricordi che ha letteralmente inventato perfino i cantautori con quel Nanni ch’è stato l’ultimo della famiglia a saper di musica, tutto è finito per sempre. A meno che l’ultimo della dinastia, Carlo, 21 anni, oggi al college in Colorado, non riscopra l’orgoglio del proprio nome nella sua passione che lo porta a sentir musica, dovunque e comunque. «Già - dice Camillo Ricordi, figlio di Nanni e papà di Carlo - ma gli ho detto che non basta andare ai concerti, come fa. Chissà che non diventi il primo Ricordi a tornare alla musica».
La fine di quella storia in qualche modo l’ha scritta proprio lui, Camillo Ricordi, 57 anni, diabetologo di fama internazionale, da lunghi anni trapiantato a Miami, pecora nera d’una famiglia dove, fino a suo padre, aveva contato soltanto la musica. Lo dice senza neanche sorridere: «Sono cresciuto in sala di registrazione con mio papà e con Leonard Bernstein, il mio padrino. Sono nato a New York, nel ‘57, perché mio padre era lì a lavorare, e sono cresciuto nell’ambiente, ma quel lavoro della musica l’ho sempre considerato come un hobby, con tutti i party e le feste che vedevo. Arrivava Bernstein a casa, e si faceva musica e salotto; oppure ascoltavo le discussioni dei cantautori, erano Gaber o Gino Paoli o Tenco o De André, e li trovavo stravaganti, un po’ in aria: come potevo mai vederlo come un lavoro?».
Ma Lucio Battisti, per esempio, se lo ricorda? «Oh benissimo. E poi mio padre, Nanni, era un tipo alternativo, uno che stava sempre dalla parte degli artisti. Alla Ricordi gli dicevano che Lucio faceva cose non commerciali, ma mio padre non la pensava così, e continuò. Per esempio, un giorno, avrò avuto 11 anni, venne a casa e suonò voce e chitarra. Mi chiese cosa ne pensassi. Io ero imbarazzato, lo trovavo scadente, e mi dicevo: "Ma perché lo chiede a me? Che c’entro io?"».
Però Nanni Ricordi, dice lui, non lo forzò mai: «Io, con papà, avevo un rapporto buono. Era sempre entusiasta di qualunque cosa io facessi, entusiasta anche delle mie fidanzate. A suo modo, era un grande appoggio, anche se poi mi faceva regali subliminali, come quella volta che mi portò un sintetizzatore di Emerson Lake&Palmer per un compleanno. E comunque alla fine fu anche contento della mia carriera fuori dalla musica, in America, che essendo un Ricordi a Milano non avrei potuto fare, mentre all’Università di Washington mi dicevano che ero esotico». La sua storia era comunque tracciata da tempo: «Da piccolo imparavo il pianoforte, e mia nonna mi diceva che ero bravissimo: ma quando ho tenuto il primo concerto, a 12 anni, il mio padrino Bernstein che era venuto a sentirmi mi disse: "Guarda che, se vuoi, puoi anche fare altro"». Non poteva esserci consiglio più autorevole.
Comunque, Camillo si divertì assai in quel regno dei balocchi che era per lui il mondo del padre: «Sono stato spesso in sala di registrazione con i Rolling Stones, per esempio. Però,in realtà, conoscevo più le mogli di Mick che non la sua band: le portavo a spasso a Milano, da Bianca a Jerry Hall. Una volta, ero già ricercatore, fui invitato al Dakota di New York per la festa dell’uscita di "Out of the Sixties" di Dennis Hopper. Mi aprì la porta il solito Bernstein che, vedendomi, si inginocchiò e fece il segno di croce: "Oh my God, Ricordi came here". Devo però ammettere che quella vita mi ha fatto guadagnare punti con la mia fidanzata, che poi ho sposato». Oltre Carlo, la coppia, divorziata da un anno, ha altre due figlie: Caterina di 27 anni è infermiera a Los Angeles all’Intensity Unit, Eliana di 26 è a Miami come lui, laureata in comunicazione e psicologia.
Non ha rimpianti, Camillo Ricordi. Ma un velo di rabbia scende quando rievoca la vendita alla Bertlesmann, nel 1994, della Dischi Ricordi ch’era stata fondata nel ‘58 da Nanni e che chiudeva un’epoca lunga due secoli: «Abbiamo saputo dell’acquisto dal Corriere della Sera, perché mio padre aveva già lasciato. Fu uno smantellamento, una cosa bieca, e io l’ho vissuta male, soffrivo non tanto per la fine di una storia che comunque era già finita, ma per il modo volgare con cui era stato trattato mio padre. Per fortuna, gli Archivi Ricordi sono rimasti in Italia». E si scopre allora che una passionaccia per il settore gli è però rimasta: «Casa Ricordi è diventata famosa perché ha creato novità, ha inventato un modo di dare vita all’arte. Una cosa che farei ancora adesso, è creare un sito dove si possano mandare pezzi musicalo, una casa senza costi indiretti, tipo Google della musica, dove si fa fare selezione dal pubblico e rendi compartecipi gli artisti. In tutti i campi bisogna guardare avanti almeno di 5 anni, il primo modello di fallimento è chiudersi nelle pareti della propria corporation. E’ la stessa filosofia che applico al mio lavoro di scienziato».


Marinella Venegoni

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