MUSICA




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Dinastie musicali 2/ I Casadei e il clarinetto della discordia

Il ballo liscio dilagò curiosamente in tutta Italia mentre si affacciava il terrorismo. Anni ’70 prima del punk. «Romagna Mia», «Ciao Mare», e sul palco una Rita coscialunga che faceva sognare. Ora che le note si son fatte d’aria, il clarinetto è uno strumento vintage, la mazurka è parola sconosciuta ai più, è doveroso ricordare una dinastia che affonda le radici nella rielaborazione dei balli della Corte austriaca, e ancora persegue imperterrita il suo business, mescolando «Romagna mia» e guizzi di tunz tunz, ma ballabili. Bisogna essere elastici.
I Casadei, folto e complesso grumo famigliare titolare del fenomeno del liscio, sono la storia di una certa Italia di provincia verace e abbarbicata alle proprie tradizioni, che anche così si conservano: ballando. Nei giorni di Ferragosto, per esempio, è stata un’apoteosi. Fra Gatteo e Cesenatico, la culla di tutto, si sono festeggiati i 60 anni di «Romagna mia» di Secondo Casadei, il capostipite, definito «L’uomo che sconfisse il boogie». Artista cortese fin dai ‘40, fu ispirato dalla nostalgia della sua casetta mentre girava a far ballare gli italiani di tutte le classi sociali: un boom terrificante, un pezzo suonato dovunque nel mondo. Tradotta in giapponese, omaggiata da Guccini, rappeggiata da Jovanotti, girata in balcanico da Samuele Bersani con Bregovich a Sanremo, è di quelle poche canzoni italiane che non si può non conoscere.
Festeggiamenti fragorosi, ma di scuole separate: una più di approfondimento storico e celebrazione del maestro Secondo, a cura della figlia Riccarda che è titolare dei diritti Siae (e hai detto niente, «anche se non è più come un tempo»). Qualche chilometro più in là si balla invece alla grande con l’altro ramo della dinastia: Raoul Casadei, il re del marketing di questa lunga storia, proprio a Ferragosto ha compiuto 77 anni, ed è salito sul palco eccezionalmente, con l’orchestra da tempo condotta dal figlio Mirko, che a 42 anni è già nonno di Noa, 8 mesi.
Riccarda Casadei e figlie coltivano la memoria del padre, girano le piazze con il libro di memorie «Tu sei la stella, tu sei l’amore», scritto da Paola Sobrero: diari inediti di Secondo, un’accurata descrizione di terre luoghi storia. Hanno un «Liscio Museum» virtuale, curano la trasmissione «Romagna mia in Italy» che distribuiscono a 60 emittenti; mandano le musiche alle orchestre che le richiedono. L’anno scorso il maestro Muti le ha prestato l’orchestra Cherubini: «Hanno fatto un arrangiamento sinfonico, Muti era in prima fila». Romagna mia, Romagna di tutti, ma la strada di Riccarda non s’incontra con quella dei cugini: «Insieme saremmo stati una forza».
Invece è andata diversamente. Secondo non aveva figli maschi, ma questo nipotone estroverso e tenace, Raoul, con il quale divideva il palco: «Lo zio era un maestro, un precursore del liscio che si ispirava alle orchestre austroungariche e ai valzer di Strauss. Ero come suo figlio. Ho fatto per 17 anni il maestro elementare, anche al Sud. Poi lo zio è morto e ho preso in mano l’orchestra. Ho scritto subito "Ciao Mare", per poco non ho vinto il Festivalbar». Raoul è ancora vulcanico: «Da 35 anni non salgo sul palco, ma la gente neanche se n’è accorta. Ho fatto molta tv, però. Ho inventato io la parola "liscio", nel ‘72 alle Rotonde di Garlasco, quando ho detto "Vai col liscio" a una folla felice in movimento. Ben prima di giornalismo e politica spettacolo, ho inventato "Orchestra spettacolo"».
Casadei all’epoca fatturava il 50 per cento della ditta del produttore Roberto Dané, che in scuderia vantava De André e Venditti. Snocciolava «Simpatia», «Romagna e Sangiovese», organizzava crocerine al largo di Gatteo con orchestra a bordo e c’era sempre il pienone. Ci fu l’immensa Cà del Liscio a Ravenna, poi naufragata con il passo dei tempi: «Del liscio si sono impossessati gli anziani, a forza di insistere con il clarinetto è finita così, quando io sono evoluto verso la musica solare». Ora coltiva l’orto biologico, da buon romagnolo va a caccia e pesca, vive con figli e nipoti nel Recinto: «Un ampio ranch dove ognuno ha la propria casa, e il verde in comune».
Di «Romagna Mia» resta poco, caro Mirko Casadei... «Le nostre canzoni le cantiamo sempre. Non siamo i puristi di una volta, la band si è evoluta verso l’internazionale, ma la tradizione è nel cuore. Questa orchestra non muore mai, dal 1928 quando il mio prozio l’ha fondata. Quello che ci lega a Secondo, è la voglia di festa anche in momenti un po’ così. Dischi non se ne vendono ma la gente balla ancora, andiamo a suonare in tutta Italia: ho riportato il clarinetto, ma la chiave dev’essere l’evoluzione. Io coverizzo mio papà, i giovani si stanno riavvicinando, un po’ come per la Taranta...». E Raoul si toglie i sassolini: «Però, un libro su Secondo e non mi hanno nemmeno intervistato».

Marinella Venegoni

www.lastampa.it

Raoul Casadei - Romagna mia