MUSICA




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Morrissey: se questa è l'umanità allora io non sono un uomo

Il musicista pubblica il decimo album da solista, "World Peace is None of Your business" (la pace nel mondo non è affar tuo). Mescolando romantica tragicità e uno spiccato senso dell'(auto)ironia si è ritagliato uno status di eccellenza nella storia della musica inglese

Alla fine non è morto giovane. Non accanto al suo amore in un incidente contro un autobus a due piani, come si augurava nella a suo modo romanticissima There is a light that never goes out. Era 28 anni fa. Quando di anni ne aveva 27, indossava gladioli che sbucavano dai jeans e con il ciuffo altissimo faceva la storia del pop e del rock con i suoi Smiths. E cinque anni fa, ormai cinquantenne, ancora se ne stupiva in un altro brano, In the future when all's well: "Vivere più a lungo di quanto avessi preventivato. Qualcosa deve essere andato... bene".
In effetti nessuno se lo sarebbe aspettato da Morrissey, soprattutto lui. Il cantante inglese è sempre stato affascinato dalle morti drammatiche e poetiche. Dalle vite irrisolte finite tragicamente prima del tempo. Che fossero quella di James Dean o anche quella di Oscar Wilde. Di oscure star televisive di secondo piano o del suo amato drammaturgo inglese Joe Orton.

Con quella romantica tragicità ben presente nell'immaginario ha scritto canzoni memorabili entrate nella storia della musica inglese più di quanto da questa parte della Manica si riesca a capire, guadagnandosi lo status di un Giovanni Lindo Ferretti, forse di un Celentano. Con la malinconia di un Tenco. E la sagacia di un Battiato. E l'ironia. Tanta ironia, tanta autoironia spesso non capita. Elementi che tornano anche nel nuovo album appena pubblicato, il decimo della carriera solista, World peace is none of your business, già alto nelle classifiche di mezzo mondo.

Steven Patrick Morrissey, in arte semplicemente Morrissey - Moz per i fan - pubblica il nuovo album "World Peace Is None of Your Business", il suo decimo di studio, provocatorio sin dal titolo: la pace del mondo non è un tuo problema. Il cantante e autore di Manchester, 55 anni, è approdato al grande successo negli anni Ottanta, quando era la voce degli Smiths, autentica cult band del rock inglese. Dopo lo scioglimento del gruppo, nel 1987, ha proseguito la carriera come solista. Vegetariano e animalista convinto, sponsor dell'associazione PETA, nel corso degli anni è stato al centro di mille polemiche a sfondo sociale, politico e razziale. Pare che stia scrivendo un romanzo, intanto ha pubblicato una bizzarra autobiografia (ancora inedita in Italia) e ci ha regalato una grande quantità di aforismi sparsi tra i testi delle canzoni e le interviste. Per un periodo della sua vita ha vissuto anche a Roma


Non è morto tragicamente come aveva preventivato, Morrissey, e si è dovuto rimboccare le maniche più e più volte per ricostruirsi un futuro diverso. Prima quando finì rapidamente la storia degli Smiths, con The Queen is dead sempre sulle vette nei referendum dedicati agli album più importanti della storia inglese, tra Beatles, Rolling Stones, Led Zeppelin, Queen, Radiohead. Sciolto il gruppo nel 1987 non volle più saperne e mai sono tornati insieme, nonostante le offerte clamorose. Dovette reinventarsi di nuovo quando la carriera solista sembrò arenarsi nell'indifferenza generale a metà anni Novanta. Sette anni senza dischi nuovi prima dell'ennesimo album della rinascita, You are the quarry del 2004, che lo rilanciò anche negli Stati Uniti. Al quale seguì poi il suo "periodo romano", una lunga permanenza in città che lo portò alla realizzazione di The ringleader of the tormentors, con riferimenti a Pasolini, Anna Magnani, Piazza Cavour, foto promozionali scattate al Pigneto e pure l'aiuto di Ennio Morricone per le orchestrazioni (poi ridimensionate nella fase di montaggio: il Maestro non gradì molto).

Orgogliosamente ancorato a un'idea di musica - pop rock con testi che pesano, con le parole sempre ben scandite - mai davvero mutata negli anni, ha rifiutato qualsiasi cambiamento radicale, mai collaborazioni importanti con artisti che potessero spostare l'ago della bilancia, mai un progetto dance come tanti suoi colleghi, mai un produttore elettronico che lo tentasse. L'unica novità, ormai già da un decennio, sono i sapori latinoamericani di certi brani, omaggio all'America del centrosud dove il suo culto è cresciuto più che altrove negli ultimi anni. Prima la collaborazione poco prolifica con l'autore della colonna sonora di Brokeback mountain, Gustavo Santaolalla, subito interrotta. E ora la fiducia data all'ultimo arrivato nella sua band-gang, lo sconosciuto Gustavo Manzur, che firma tre brani di World peace is none of your business e porta in dote chitarra flamenco, fisarmonica e didgeridoo. Ma la vera novità del nuovo lavoro sono i testi, meno poetici e forse meno ispirati del solito, ma più diretti e polemici. Nel brano che dà il titolo all'album, La pace nel mondo non è affar tuo, se la prende con le tasse, con i politici e con la democrazia: "Ogni volta che voti sostieni il processo. Povero idiota". Nella programmatica I'm not a man, un po' la sua My way, canta: "Non mangerei mai un animale. E non distruggerei mai il pianeta in cui mi trovo. Per chi mi avete preso? Per un uomo?". Si lamenta del pianeta Terra, "il più solitario di tutti" (Earth is the loneliest planet of all) e gioisce per la morte del torero nella corrida (The bullfighter dies) e se la prende anche con la musica pop, la sua vera, unica, grande ossessione, in Oboe concerto ("c'è questa canzone che non sopporto, ma mi è entrata nel cervello").

È stata anche la sua boccaccia controversa, sempre pronta a sputare provocazioni a non finire, a far sì che anche nei periodi meno ispirati della carriera rimanesse un personaggio sempre rilevante nel panorama culturale britannico e non solo, come spiegava a pagina intera qualche giorno fa anche il "New York Times" in un pezzo sulla "rivisitazione del suo arsenale di misantropia". Dopo la pubblicazione dell'"Autobiografia" dello scorso anno, bestseller ancora inedito in Italia in cui per la prima volta raccontava - poco - anche di un suo compagno del passato, ora pare sia al lavoro su un romanzo, ma forse farebbe meglio a pubblicare i suoi aforismi, alcuni degni del suo idolo Oscar Wilde. Negli anni ne ha accumulati a centinaia. "La morte di Kurt Cobain? Mi sono sentito triste. E invidioso". "Sì, gioco a calcio. Domenica scorsa ho segnato quattro gol. Forse dovrei aggiungere che era una partita contro alcune signore al parco". "Il traffico a Roma? Mi sorprendo che non ci siano cumuli di auto e cadaveri ad ogni angolo". "La vita sarebbe così colorata, se solo avessi un problema con l'alcol". "La prima cosa che faccio quando mi sveglio? Pentirmene". E così via. Ma oltre il sarcasmo, la provocazione spesso va fuori controllo, come quando definì i cinesi "una sottospecie" per il modo in cui trattano gli animali allo zoo e al circo. "Uccidere un cervo è come uccidere un bambino. Qual è la differenza?", ha detto anche, lui animalista convinto e sponsor dell'associazione PETA (scelta anche per rilasciare le uniche dichiarazioni per la promozione del nuovo album). E ancora, parlando del massacro in Norvegia di 77 persone nel 2011: "Questo è niente, dovreste vedere che succede tutti i giorni da McDonald's e Kentucky Fried sh it (sic)". Di pochi mesi fa un'altra uscita che ha fatto scalpore, quando, in risposta a un politico canadese che difendeva la caccia delle foche come fonte di sostentamento delle piccole comunità rurali, Morrissey ha commentato: "Certo, anche la manutenzione dei campi di concentramento nazisti dava lavoro a molta gente, ma non per questo credo siano giustificabili".

Con la sua fama di misantropo ben consolidata ormai dice quello che vuole. E ogni volta è una polemica, che poi lascia svanire. Perché a Morrissey in fondo non piace l'attenzione dei media se non per la sua musica, e quando non è in tour o in promozione scompare, ogni volta in una città diversa: da Manchester a Londra, poi Los Angeles, quindi Roma, di nuovo Los Angeles, a volte si rifugia in Messico e a volte in Scandinavia. Poi scompare di nuovo. E quando torna ce n'è per tutti.


Gianni Santoro

http://www.repubblica.it/spettacoli/musica/2014/07/17/news/morrissey-91737843/