MUSICA




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Bombino, Tuareg che pascolava le pecore "Nel mio rock il soffio di Jimi Hendrix"


Bombino? Una storpiatura di «Bambino», versione francese di «Guaglione» con Dalida. Risuonava da qualche cassetta polverosa nel deserto quando lui non era nemmeno nato, glielo appiccicarono perché era un ragazzino e pascolava in solitudine le pecore nel deserto, come tanti Tuareg. A renderlo unico e riconoscibile, era una vecchia chitarra che si portava sempre dietro, con le pecore. Provava e riprovava, mentre cresceva, suoni ascoltati e riascoltati da altre cassette polverose, però di Jimi Hendrix e dei Dire Straits. Mischiati con la musica della sua terra, quei suoni sono diventati il suo marchio e la sua fortuna. Omara Moctar, per sempre Bombino, confessa adesso nella quiete di un piccolo albergo veneziano - a voce così bassa da non riuscire a sentirlo - di non essere mai andato a scuola e di non aver mai imparato l’inglese. Con i suoi 34 anni, rischia di diventare l’unica rockstar condivisa fra i Nord e i Sud del mondo, per aver riannodato i fili sempre un po’ opachi fra rock, blues e le loro radici nere. Più audace dei Tinariwen, i suoi brani sono incandescenti e ipnotici, vitalità pura. «Amidinine» che apre l’album «Nomad» non può non ricordare Hendrix. La fama di Bombino è divampata dopo che Rolling Stone ha messo fra i 50 migliori dischi 2013 proprio «Nomad», prodotto da Dan Auerbach dei Black Keys, che ha furbescamente giocato sui dettagli, con il vibrafono, lapsteel, battiti di mani e un tocco di psichedelia. E’ timido, grandi occhi scuri e fanciulleschi. Si accende parlando di musica.


Scusi Bombino, le piacciono anche i Pink Floyd?
«Chi? Non li ho mai sentiti nominare, laggiù abbiamo solo cassette senza nomi e titoli».


Lo sa che il 14 agosto suonerà in un bioparco a Cumiana, in Piemonte, dove ci sono ippopotami e rinoceronti?
«Non ne ho mai visti, nel deserto non ci sono».


Sembra che lei abbia compiuto il miracolo di ricomporre le radici della musica popolare.
«Non lo so, tutta la mia vita è musica, attraverso la chitarra. Quando il jazz e il blues si ascoltano nel deserto, si ha l’impressione che la musica venga dall’Africa, la senti subito tua. La chitarra è stata subito accettata, da noi la gente l’aspettava. Ora la suonano in tanti, i giovani fanno concerti, è una grande apertura nella cultura Tuareg».


Ma Dan Auerback dei Black Keys ci ha messo del suo, in «Nomad».
«No, lui ci ha dato il materiale, la tecnica, per fare quel che abbiamo fatto. Era la prima volta che entravamo in uno studio vero. Mi ha dato una grande chance».


Dove vive?
«In Niger, con la famiglia, ho due bambine piccolissime. Ci vado quando ci sono dei break. La mia vita è cambiata solo perché sto più tempo fuori».


Progetti?
«Abbiamo cominciato a scrivere cose nuove durante i soundcheck, per l’autunno saremo pronti allo studio. Il produttore sarà nello stesso team di Dan Auerbach. Saranno musiche che l’orecchio di tutto il mondo potrà ascoltare».


L’ispirazione dei testi?
«La maggior parte è la teneré, la solitudine. E i problemi che ci sono nel deserto: il più grande è l’acqua. Voi siete viziati, andate in banca, prendete i soldi. Questo non accade agli africani, abbiamo un tasso di corruzione assurdo».


Avrà seguito il problema degli sbarchi dall’Africa a Lampedusa.
«Tutta questa gente bisogna aiutarla, ma con soluzioni in Africa perché non arrivino qui. Ci sono talmente tanti problemi che la gente non pensa che a scappare. Da quando non c’è più Gheddafi, è tutto peggiorato».


Il tour: 14 luglio Pistoia Blues, 16 Udine, 20 Roma, 3 agosto Città della Pieve, 14 Bioparco Zoom Cumiana (Torino).

Marinella Venegoni

www.lastampa.it

BOMBINO - Amidinine - NOMAD