Le rockstar non sono indenni dalle sberle della vita, e come ogni essere umano hanno bisogno di tempo per riprendersi. Due mesi di pausa lenitiva, e per Mick Jagger è arrivato ieri sera - ad Oslo, per l’apertura della tranche europea del tour che toccherà l’Olimpico di Roma il 22 giugno - il momento difficile del ritorno in scena, magari con la speranza di dimenticare per qualche ora la figura sottile della sua L’Wren Scott, che la mattina del 17 marzo scorso ha deciso di lasciare questa terra un mese prima di compiere 50 anni, appendendosi a una porta del suo appartamento di Manhattan.

Ma ieri sera, di L’Wren Mick non ha ovviamente fatto cenno, sul palco, anche se alcuni hanno colto come un omaggio a lei «Miss You» e «Worried About You». I giornali e i siti norvegesi hanno descritto il rock della serata come «Crudo e tosto»: «Sembra che siano appena usciti dalle prove in un garage», ha azzardato uno; casomai, erano appena usciti da uno studio di posa cinematografico, af f ittato per riprendere il repertorio. E ancora: «I movimenti del corpo di Mick, il suo saltellare per due ore sul palco, fanno a pugni con le rughe che ha in faccia». Per ora, tutto lì.




Jagger si sta dunque riprendendo dalla feroce botta della fine di quella che è stata sua compagna da più di un decennio. «Sto combattendo per capire come il mio amore e la mia migliore amica abbia potuto porre fine alla sua vita in modo tanto tragico. Abbiamo speso tanti anni meravigliosi insieme, ce la siamo passata bene», si era sfogato il 17 marzo. In quei giorni era già in Australia, il più sfrontato degli Stones, quello che da sempre porta avanti la baracca con piglio da businessman, pronto alla tranche di quel pezzo di tour con i suoi Rolling Stones: alla notizia fu ovvio per tutti, nel giro di pochi istanti, rendersi conto che sarebbe stato impossibile esibirsi anche nelle date successive, con il vocalist in quelle condizioni emotive.

Loro stessi, i vecchietti apparentemente indomabili del rock internazionale, sempre pronti a fare "yeah" dentro i jeans strizzati, ridendo con i loro visi sempre più scavati, erano duramente provati dalla faccenda. All’improvviso, le contese adolescenziali fra Mick e Keith per le malizie spese da quest’ultimo nella sua recente autobiografia apparivano, di fronte al mistero della morte, per quel che erano: tardive stupidaggini. E pensare che i due, con la loro lite, avevano rischiato di non far compiere 50 anni alla band più longeva del rock. La tragedia di Mick, il cui volto nelle fotografie che girano sul web appare ancora duramente provato, ha finito per ricompattare la band. Ha fatto tornare una valenza anche affettuosa ai loro rapporti, che si erano senz’altro inariditi.

Mentre Mick elaborava, la gioiosa macchina da guerra si rimetteva intanto in moto già a metà aprile, quando sono state riconfermate le date australiane p erse in questi mesi, rimandate ora a ottobre e novembre, con l’aggiunta di due nuovi concerti. E mentre Keith Richards annunciava di collaborare all’album «Playing for Change», a metà maggio i quattro tornavano in studio a Londra per qualche session di prove. A Oslo sono arrivati ormai dieci giorni fa, e anche qui si sono chiusi a provare, come scolaretti molto diligenti, aff itt ando uno studio fuori città. Con loro, anche Mick Taylor, l’eccellente chitarrista che ha fatto parte della band in un’epoca alquanto spericolata, e il cui contributo negli ultimi tour ha fornito alcuni dei momenti più divertenti e musicalmente spettacolari delle serate, anche per il suo straordinario tocco blues. Alla prova generale, alla Telenor Arena, c’era anche Steve Van Zandt, della E Street Band.

Marinella Venegoni

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