MUSICA




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Eurofestival metafora di istanze sociali- Vince Wurst barbuda, Emma non sfonda

Chi andava a pensare che l’Eurofestival, già innocua gara fra canzoni europee cara in Italia per lo più agli appassionati del kitsch, si sarebbe trasformata in una polveriera politica, e che a fare da cartina di tornasole fra le tensioni etniche che sconvolgono l’Europa e la Russia sarebbe toccato a una drag queen? Con una folta barba nera ben curata, sotto occhi perfettamente truccati, fisico smilzo sotto un abito glitter, voce neanche da buttar via, farà invidia a Lady Gaga questa nuova stella vincitrice del contest, Conchita Wurst che all’anagrafe fa Tommaso Neuwirth, la cui performance finale a Copenhagen conta già quasi 4 milioni di contatti su You Tube, in meno di 24 ore.
Conchita ha portato alla vittoria l’Austria, paese che era a digiuno di un qualsiasi premio dal lontano 1966, con «Rise Like a Phoenix». Ma è stata una consacrazione non solo artistica, come la venticinquenne nuova star ha fatto ben capire urlando «We are Unstoppable», nessuno ci fermerà, con riferimento alla causa omosessuale: subito dopo la trionfale esecuzione finale.
Musicalmente, resta da capire se il risultato sarebbe stato lo stesso in caso la barba fosse risultata perfettamente rasata: ma non è questo il tema primario di una manifestazione che mai ha fatto tendenza in campo sonoro, limitandosi a portare nello spettacolo della diretta europea pezzi che raccattano quanto aleggia sul mercato internazionale, rielaborati a volte in salsa etnica e a volte no. Questa volta la media era ancora più bassa e omogenea del solito, un tappeto di deja entendu: se non fosse per la povera Emma, rappresentante dell’Italia, di diversi toni con il vento pop di «La mia città»; ma è stata del tutto trascurato, anzi solo Albania e Malta l’hanno votata, persino San Marino l’ha ignorata, ed è finita a fondo classifica.
Mai l’Italia è parsa tanto ai margini dell’Europa, e chissà se è una metafora in una gara che ha mostrato netta valenza politica fra un lustrino e l’altro. La vecchia Austria modernizzata da Conchita è stata criticata dal vice premier russo Dmitri Rogozin su Twitter «Ha mostrato ai sostenitori dell’integrazione europea il loro futuro: una donna barbuta»); sul palco, Russia e Ucraina se le sono date simbolicamente di santa ragione: da una parte le gemelle Masha e Mastia, dall’altra l’ucraina Mariya Yaremtchouk. Poi, la barba di Conchita ha sotterrato tutti.

Marinella Venegoni

www.lastampa.it