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Mannarino "Al monte", crescita d'autore (un sorprendente viaggio iniziatico)


Ma che album interessante, sommessamente profondo, tutto acustico e con grandi ritmiche, in qualche modo antico e insieme carico di contemporaneità ha scritto Alessandro Mannarino, cantautore dei nostri giorni che a 35 anni e al terzo lavoro non teme né di guardare ai grandi del passato, né di cimentarsi con un genere che rischia di essere sommerso dal tunz-tunz imperante. «Al Monte» è la storia di un viaggio iniziatico su una montagna molto metaforica, attraverso nove canzoni già destinate ai ragazzi con la chitarra sulle spiagge dell’estate, ammesso tornino ad esistere. Il ragazzo un po’ sguaiato del Bar della Rabbia ha lasciato il posto ad un artista misurato e consapevole, l’album è specchio di una maturazione personale

«Non ho pretese commerciali - racconta - Sono partito da 22 brani e ho lasciato fuori anche hit potenziali perché non volevo essere frivolo o d’evasione. Quando ho cominciato a scrivere ho pensato alla crisi, e ho pensato che ci voleva un disco responsabile. Ho messo da parte la pancia e mi sono infilato in un percorso di formazione, come Petrarca sul Monte Ventoso, come Dante o Goethe. Si parte dalla città verso il monte e le idee si schiariscono: come tarocchi, mi sono uscite figure paradigmatiche, il carcerato o la signorina». C’è un giudice che evoca Brassens e De André, ma il la furia suona sussurrata: «Ho passato anni a urlare concetti, ma ora le parole pacate mi paiono più forti. Come dice Pino Daniele, Masaniello se strilla è matto, la potenza della parola non arriva più. Si possono dire cose più scomode, ma non attaccabili».

«Al monte» è parole e musica di Mannarino, tra l’altro laureato in filosofia con tesi in antropologia, un passato di muratore e addetto McDonalds per mantenersi agli studi e coltivare la musica: «Leggo molto, più saggi che romanzi, mi piace capire il mondo. Mentre la crisi cresceva mi muoveva un terremoto, ho sentito che avevo responsabilità». Quanto deve a Capossela e ai cantautori tradizionali? «Capossela mi ha dato la speranza, quando l’ho visto gratis a Roma in una notte bianca. Il giorno dopo mi sono licenziato. Ma ho debiti anche verso Jacques Brel, Violeta Parra, e verso i brasiliani che mi han fatto scuola: sentire Milton Nascimiento e Chico Buarque cantare cose tremende con pacatezza, mi ha aperto un mondo». (Domenica da Fazio, in tour dal 3 luglio).

Marinella Venegoni

www.lastampa.it

Re: Mannarino "Al monte", crescita d'autore (un sorprendente viaggio iniziatico)