MUSICA




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Torna Nada con un grande Ensemble "Occupo poco spazio" (un peccato)



Nada è un timbro vocale che ha spianato la strada alle Mannoia e alle Noemi. Nada, ancora a 60 anni, è una voce ribelle alle convenzioni che hanno tentato di imprigionala da quando debuttò a 16 anni a Sanremo. Lei, sempre in fuga, ha creato un mondo a parte nell’arte femmina delle canzoni, fino a diventare un’icona off. Autrice e poi scrittrice, irrimediabilmente indie, è venerata dai ragazzi che ora la abbracciano nell’ultimo album uscito il 14, «Occupo poco spazio», il cui centro è proprio un’orchestrina di musicisti che arrivano da Afterhours o Baustelle, Luci della Centrale Elettrica o Calibro 35: come il direttore dell’Ensemble maestro Enrico Gabrielli, che ha arrangiato in modo mirabile i dieci brani scritti dalla stessa Nada.

Un capolavorino fra punk e bombardini, i cui testi tracciano il viaggio onirico di Nada fra prostitute che cercano il riscatto, visioni del mondo in caduta libera, donne che reagiscono di fronte a un abbandono. Nada meriterebbe di occupare più spazio di quello che recita il titolo del suo lavoro, ma non se ne cale. Confida di scrivere musica e parole insieme, con la chitarra: «All’inizio le mie canzoni duravano ore, ora ho un equilibrio, e così anche la musica diventa più naturale...». Lavora sempre con Jerry, suo compagno da quarant’anni: «Da sola mi lascerei andare ma lui è una grande risorsa, e sono stati una forza questi musicisti che son venuti anche per l’amore del progetto. Non avevamo grandi mezzi, abbiamo inciso in una settimana nello studio di Pagani, ma la preparazione è stata segnata da una paura: "Che verrà fuori?"». Poi, è andata: «Se ti metti a pensare alle difficoltà non fai più niente. La musica non si vende, ma io penso sempre che venderò 1 milione di copie e che farò tremila concerti. Devi prenderti un po’ di rischio».

Il tour incomincia a Como il 22 marzo, in club e teatri. Il nostro tempo ha una sconvolgente banalità nel mainstream, Nada... «Non c’è spazio per la cultura, ma ci sono tanti mondi molto vivi, fatti di concerti. Ci sono ragazzi che scrivono bene, con un linguaggio naturale, semplice diretto. Penso a Zen Circus, alle Luci, a Dente. Ascolti e dici evvai, senza urlare».

Queste sue canzoni sono un po’ tutte al femminile, tra disamore per la realtà e metafore. «Noi donne abbiamo un universo complesso nella sua semplicità, ne racconto tanti aspetti. Non c’è solo la donna bella e interessante, c’è la forza che ci si deve dare, si può essere più consapevoli dei nostri dintorni. Conoscere il dolore e la sofferenza ci fa stare meglio». «La terrorista» canta una donna un po’ persa, presa per una terrorista: «Una metafora per dire che se non sei aderente al cliché corri dei rischi». Ma Nada mostra anche un pessimismo tosto. «L’ultima festa» è proprio un funerale: «Il mondo è finito, muore, sono sulla sua tomba e non voglio partecipare alla festa. Ma credo che questo mondo debba morire per rinascere. Speriamo che tanta sofferenza abbia un obiettivo». Si fida di Renzi, toscanaccio come lei? «Debbo. E’ molto presto, aspettiamo. Bisogna aver fiducia in qualcosa».


Marinella Venegoni

www.lastampa.it

Nada - L'ultima festa