MUSICA




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​​​​​​​Parliamo dei nostri gusti musicali
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Francesco Renga si esporta in Messico. E in Italia canta canzoni tempestose



Francesco Renga deve ancora smaltire il fuso orario ma lo sorregge l’adrenalina. E’ appena tornato dal Messico, dove la Sony lo sta lanciando. Il paese più popoloso di lingua ispanica, contribuirà (si spera) alla diffusione virale in America del Sud di questo eterno ragazzone bello e umile, certo un po’ latino di suo, la cui voce notevolissima (l’album si intitola infatti «Mi voz»), coltivata e studiata con passione, ha soltanto bisogno di repertorio e modernità (hai detto niente). Ma Renga è adrenalinico perché la sua vita artistica ricomincia anche da noi: esce l’11 il nuovo album «Tempo reale», nel quale cerca appunto una nuova strada, con la produzione di Michele Canova, brani scritti da lui con autori contemporanei pop, pezzi di amici come Sangiorgi, Kekko ed Elisa, la cui «Vivendo adesso», in tutto il suo kitsch, è stata in testa al televoto di Sanremo per l’intera kermesse. C’è pure un duetto con la Amoroso, s’intuisce che c’è stato un gran lavorio per i 15 brani, e in effetti Renga ne esce bene, rinverdito nei propositi e negli effetti, per quanto sempre preda del suo sturm und drang, fra riflessioni e situazioni tempestose.
Intanto, si parla di Messico: «Sono usciti là per la prima volta un dvd più cd, raccolta di successi e cover in spagnolo: "Almeno tu nell’Universo" mi è venuta benissimo. Intanto avevo chiamato Laura Pausini che è in tour da quelle parti, le ho chiesto aiuto e mi ha fatto aprire il suo concerto a Città del Messico. Ho trovato un pubblico meraviglioso, pulito ed entusiasta com’eravamo noi trent’anni fa. Sono stato accolto alla grande». Da gloria italiana, aveva anche il compito sottinteso di far dimenticare che a Tiziano Ferro era sfuggito che le messicane avevano i baffi, ma non se n’è nemmeno ricordato. Fa grandi complimenti alla nostra Pausella: «Laura è una macchina da guerra, molto apprezzata, ho capito la sua grandezza vedendola lì. E’ la numero 1». E sta imparando la lingua: «Sono carico. Cominciare da capo serve, dà dimensione reale al mio lavoro».
E’ un nuovo inizio anche «Tempo reale», sul versante italiano: «Il disco è forse il più a fuoco, più contemporaneo. Canova è stato molto bravo, sono arrivato da lui dopo tre anni di scrittura, con 70 canzoni, ne abbiam tenute 4, non è stato facile neanche per me. Per esigenza artistica ho cercato di far luce nelle mie zone d’ombra: faccio meno fatica a cantare che non a scrivere». Ma questa vena così drammatica a tempestosa, Francesco? «Non riesco ad essere leggero, il mio dentro è così. Però mi sono rinnovato. E’ vero che sono una persona tormentata, chi lo direbbe mai: me lo dice anche sempre Ambra (Angioini, la mamma dei suoi due figli, ndr): "Ma cos’è che non va, stiamo bene, hai due bei bambini...". Fa autocritica: «Scrivo sotto tormento, la mia voce è quello che ti racconta lei. Qui ci sono canzoni che ho fatto molta fatica a cantare, non sono nel mio timbro, ma volevo dare un segno di cambiamento, la mia impalcatura vocale in certi casi era obsoleta e leziosa. Per 4 anni ho accompagnato i figli a scuola, son stato fermo a riflettere sul mio lavoro».
Adesso lo aspetta un tour di chiacchierate promozionali per l’Italia, giovedì 13 alle 17 sarà in videochat alla redazione de La Stampa. Terrà per ora due soli concerti, a Milano Arcimboldi il 19 maggio, il 21 all’Auditorium Parco della Musica di Roma. Poi, via di nuovo per il Messico. Le è dispiaciuto non vincere Sanremo? «Avere quel risultato di votazioni è stato sorprendente, il sabato la differenza da Arisa è stata di 3/4 mila voti. Ci sta, che la giuria di qualità stravolga. Non ho rancore». Che sant’uomo.

Marinella Venegoni

www.lastampa.it