MUSICA




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​​​​​​​Parliamo dei nostri gusti musicali
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Gino Paoli prosciuga 'O Sole Mio (e con Danilo Rea è alchimia)

Gino Paoli, 79 anni portati con baldanza impenetrabile, è più impegnato ora di un ventennio fa. Si innamora di progetti live e discografici come quello ormai collaudato con il pianista Danilo Rea; e prende impegni anche gravosi come la presidenza della Siae: una carica che, dice subito, «non renderebbe etica la mia partecipazione a Sanremo, anche se ora ho inediti nel cassetto, a differenza di quando Fazio mi invitò l’anno scorso». Inoltre, non trascura gli hobby come la produzione dell’olio nella sua tenuta toscana; trova il tempo per la famiglia (quella forza della natura che è sua moglie Paola, i figli, i 4 nipoti) e gli amici (fra i quali Grillo).

Pedala, Gino, quasi come il Ginettaccio Bartali d’antan. Ma non si trova traccia di ansia o stanchezza nella voce di quest’uomo che ha 7 vite come la gatta di cui cantava: sempre se la giornata e l’umore girano giusti, ché il caratterino non gli manca. Ed è giornata giusta oggi, che vede la luce il suo nuovo album con Rea, «Napoli con amore». I due sono in tour da tempo, nei teatri, e la loro alchimia ha risvolti formidabili anche nel rivoltare il repertorio classico napoletano, qui del tutto spogliato della veste tramandata nei decenni e nei secoli: una semplicità severa attraversa e trasfigura perfino «O Sole mio», «’O Paese do sole», «Core ‘Ngrato», con le note sofisticate di Rea.

«Niente acuto mi spiace - è la versione di Paoli -. Le canzoni napoletane hanno un’altra dimensione, intimista, raccontata, non urlata. Urlare è contro lo spirito dei poeti napoletani che son poeti dell’intimo, del sussurrato. Sono brani con una tale forza emotiva, che è un peccato sciuparle con l’acuto, bisogna renderle in questa maniera per far passare l’emozione. Calcoli che proprio da quel mondo viene una certa canzone d’arte, e nel suo DNA c’è l’opera lirica e la contaminazione del jazz arrivato nel ‘45. Nei nostri recital canto per prima "Una furtiva lacrima", per seconda "Time after time" di Khan, poi "O sole mio" e a quel punto la gente capisce».

Con Danilo Rea, Paoli ha messo in piedi una sorta di format: «Forse il più grande pianista era Glenn Gould che faceva Bach come voleva, e anche noi ci comportiamo così. Questo è lo spettacolo, e il disco viene fuori da una straordinaria empatia e simmetria che c’è fra me e Danilo: siamo all’unisono, suono e canto insieme. Un incontro che accade una volta nella vita». Dice che in 2 giorni hanno inciso 40 o 50 pezzi, buona la prima: si deduce che altre opere del duo seguiranno... «Finché Danilo mi sopporta sì, mi dà libertà. E Napoli poi è la radice della mia dolce anarchia, non c’è popolo più anarchico, con la capacità di discutere tutto e di non subire quasi mai, mi corrisponde molto».

A far ancora più spericolata la vita di Gino, è arrivata la presidenza della Siae: «Un carrozzone che andava sempre peggio, ho dovuto per forza prenderla in mano, senza interessi di immagine e fare il lavoro che andava fatto. Mi son scelto un’equipe con la quale andiam avanti come schiacciasassi. Ci sono un sacco di cose da fare: spiegare alla gente che la Siae è quella che riscuote gli stipendi per i cantanti che sono lavoratori come gli altri, tentare l’adeguamento di tariffe che ci fanno prendere ora tre volte meno che non gli altri in Europa; poi ci sono iniziative nel sociale, come nelle carceri un’operazione con Mussida della PFM. Mi prende tempo, ma l’entusiasmo mi aiuta».

Infine, la vita sociale: «Purtroppo molti amici se ne sono andati, ho un rimpianto grande per Arnaldo Bagnasco che era quasi il mio alter ego, come moltissimo mi manca Bruno Lauzi, ma se canto le sue canzoni sto meglio». E l’amico Grillo? «Adesso è difficile vederlo, mi ha appena chiamato per scrivergli qualcosa sulla Siae per il suo blog. In questo periodo è più inguaiato di me, ma ci teniamo informati l’uno sull’altro attraverso le mogli». Come vede la condizione umana di questo amico al centro di mille polemiche? «E’ una situazione in cui c’è molta sofferenza. Io, Renzo Piano, Arnaldo Bagnasco abbiamo speso una notte a convincerlo di non farlo, perché si metteva in peripezie che avrebbero avvolto pure la sua famiglia, ma aveva questa urgenza. Posso aver dubbi su quel che sta facendo, non sulle sue intenzioni e sulla sua sincerità».


Marinella Venegoni
www.lastampa.it

Gino Paoli - 'O sole mio - Madrid 2012