MUSICA




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Arcade Fire, arriva Reflektor - Orda di citazioni di nomi e stili


Pare che la colpa sia stata del mercato irlandese, che «per sbaglio» (o per entusiasmo vista la presenza di Bono in un fresco clip) hanno cominciato a vendere in anticipo il nuovo album «Reflektor», per il quale si sta registrando un’attesa ben oltre le previsioni. Così i canadesi Arcade Fire hanno deciso di buttare il cuore oltre l’ostacolo, e piazzato ieri in rete l’intero album, sul loro canale You Tube, con sottofondo le bellissime immagini del film brasiliano «Black Orpheus», giusto per significare che non hanno paura delle fughe, anche se il disco uscirà solo il 29 ottobre. Una vetrinona, e ieri s’è parlato molto, di queste nuove canzoni, quasi in contraltare alle immagini assurde della situazionista Lady Gaga da Berlino. Il Terzo Millennio stenta a trovare eroi internazionalmente condivisi nella musica popolare, ma gli Arcade Fire sono una realtà solida e gratificata, indie ma anche di massa come pare oggi l’ideale, con ambizioni alte e risultati finora all’altezza. Finora.
Ché se poi vai a guardare i siti specializzati, che già hanno avuto il tempo di metabolizzare l’ascolto, vedi stelle cadenti. L’atteso «Reflektor» porta a casa da parte del Guardian solo tre stelle su 5 («vuol essere un disco troppo grande, e infatti lo è, ma non così bello»), e stesso voto piazza il prof. Sibilla su Rockol, definendolo «enorme opera di bricolage». In realtà sul bricolage campa tutto il pop dei nostri giorni - anche il più nobile - prendendo ispirazione dagli avi più blasonati (che nel nostro caso sono tutti viventi) e inglobando movimenti autonomi e attuali che rendano in qualche modo l’opera originale e riconoscibile nei suoni. Questo non è scandalizzante, con il fior di passato con il quale ci troviamo a fare i conti. E «Reflektor» paga debiti ritmici riconoscibili ai Talking Heads, con tutto quel gran disseminare piacevoli echi incandescenti delle radici africane: ma poi non è solo questo, perché nello scorrere delle canzoni capita di ricordarsi perfino dei buonanima norvegesi A-Ha e non è un buon segno; a partire dalla title-track, ce n’è da vendere di Anni ‘80. C’è dance, ed elettronica; c’è perfino un riecheggiare apertamente i temi della febbre del sabato sera, in quella danzereccia «Here comes the night time» in falsetto; ma c’è pure rock e punk e una lunga suite strumentale, nessuno si senta escluso. I testi, nella telegraficità dei messaggi, raccontano elementi condivisi fra la popolazione giovanile che è il naturale destinatario: ci si pongono un sacco di domande sul concetto di normalità, ci sono riferimenti storici e letterari come Giovanna d’Arco («Tu sei la mia Giovanna d’Arco e io ti seguo») ed Orfeo ed Euridice titolari di un brano ciascuno. Tutto questo è tanto, ma ha una sua riconoscibile piacevolezza complessiva, magari attenuata solo dal contenuto decisamente calorico di ogni singola polpetta.
Gli Arcade Fire, comunque, hanno già ottenuto che si parli da tempo di questo ritorno, con una campagna orchestratissima di anteprime anche tv che rende in pratica il famoso «Reflektor» un semi-inedito. Canadesi di Montreal, anche questa volta rendono brevemente omaggio alla loro lingua, il francese; in dieci anni hanno licenziato tre album, e portato a casa 2 Grammy e 2 Brit Awards, Rolling Stone scelse il debutto «Funeral» come miglior disco degli Anni Zero. Il nucleo della formazione, dagli inizi del 2003, sono Win Butler e Régine Chassagne, poi diventati marito e moglie; dagli inizi hanno fatto furore inglobando strumenti fuori moda come l’arpa nei loro concerti. Oggi sembrano fare un passo oltre quella stagione, e il mercato conterà come sempre più delle stelle dei critici.

Marinella Venegoni

www.lastampa.it

Arcade Fire - Reflektor