MUSICA




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​​​​​​​Parliamo dei nostri gusti musicali
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MUSICA
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Rita Pavone canta gli Usa dei '40 e '50 (e incide un bell'album di "Masters")





«Sono diventata grande, ma non alta», dice en passant Rita Pavone, e chi ha dimestichezza con lei per via dell’anagrafe non può trattenere un sorriso ricordando quel soldo di cacio dai capelli rossi, che quando apriva bocca era come avesse nella gola delle casse che amplificavano una voce altrui. E cantava le canzoni che tutti i ragazzini ripetevano, come ora accade con il rap, Fedez Ensi o Salmo. E «La partita di pallone», e la più romantica «Come te non c’è nessuno» e «Cuore», e tutti davanti alla tv quando faceva «Giamburrasca», con la regia di Lina Wertmuller. Anni dopo, finì inghiottita nel matrimonio con Ferruccio Ricordi in arte Teddy Reno, che l’aveva scovata al suo Festival degli Sconosciuti e rapita alla famiglia torinese. Un uomo impegnativo, Teddy, con il quale fece due figli che hanno ora 44 e 39 anni. Nipoti per ora zero, ma lei ha altro a cui pensare.
Si è fatta un regalone, la Ritina, e chi lunedì o martedì sera (non vogliono dire la data esatta) si metterà davanti a Canale 5 per i due concerti all’Arena di Gianni Morandi, potrà contemplare non solo il passato che ritorna nel momento dei duetti dei due ragazzini dei Sessanta, prime prede discografiche del mondo della musica leggera che si modernizzava. No, non sarà solo quella la materia. Pavone canterà qualcosa del doppio album «Masters» che ha appena inciso in inglese e italiano: un lavoro sorprendente, vintage ruggente, curato, ben suonato e prodotto, sempre con quel suo vocione duttile e ora venato di swing ma anche scatenato nell’urlo del r’n’r che neanche Tina Turner.
Sorride parlando di Gianni Morandi: «Mi telefonava gli anni scorsi: "Verresti a Sanremo?". Io no. Ma in questo mondo così effimero la nostra amicizia dura da quando ci siamo conosciuti, minorenni nella stessa pensioncina dove ci teneva la RCA, con le nostre mamme che erano diventate amiche pure loro, parlavano sempre di ricette. Il primo programma insieme fu "Alta pressione" di Enzo Trapani, arrivava lui e mi prendeva in braccio. Siamo stati anche rivali, al Cantagiro».
Mezzo secolo dopo, la prospettiva di cantare all’Arena un po’ la spaventa, ma la Pavone è galvanizzata. Ha un progetto forte, ora. Un po’ l’equivalente di ciò che fece a suo tempo Amy Winehouse con il soul dei ‘60, ma andando più indietro assai, alla musica della sua adolescenza: «Avrò avuto 11 o 12 anni, un amico di mio padre che lavorava sulle navi mi portava dall’America dischi che sarebbero arrivati qui 10 anni dopo. Bobby Darin, Timi Yuro... Un giorno le canterò, mi dicevo. Poi, ho avuto quella batosta del mal di cuore, mi hanno presa per i capelli. Poi, mi facevano cantare cose che non mi piacevano, e ho detto: a 60 anni smetto. E per 8 anni mi sono rigenerata nella nostra bella casa di Palma de Maiorca. Partivo, andavo a Londra a vedere i musical, uscivo con le amiche. Finché l’11 marzo 2011 ho detto: ora o mai più».
Rita Pavone ha 68 anni. Ha ricominciato, da sola perché questi sono tempi di avventure solitarie. Non ha detto niente a suo marito. Ha trovato tutti gli editori dei brani («ho lottato perché volevano le traduzioni con le rime»), si è cercata un fonico yankee da 4 Grammy, James Bonzai Caruso, e il re delle masterizzazioni John Davis («Led Zeppelin, U2...» elenca fiera i suoi crediti). Per gli arrangiamenti, arresasi agli impegni di Morricone e Bacalov con i quali lavorava da piccola, ha osato: «La mia segretaria mi ha suggerito Enrico Cremonesi, il musicista col codino che lavora con Fiorello. Grandissimo, me lo invidieranno tutti. E’ un numero 1, ha lasciato il fascino dell’epoca. E sono brani che spesso, ho scoperto, risalivano a epoche precedenti. agli Anni 30. Per me sono davvero masters, maestri. Fred Astaire, Nat King Cole, Fats Domino, Sinatra, Ray Charles, Bacharach...».
La sorpresa è ora che a Rita Pavone si stanno interessando le radio di maggior ascolto, e mercati discografici come la Germania. Sarà dura spiegare ai ragazzi di chi sia quel vocione, ma in fondo qui c’è un pezzo di vita nuova che rinasce da una storia sopita. Intanto, Rita ha voluto anche rifare in italiano, nel disco, i pezzi scelti, e fra le firme c’è la zampata di Enrico Ruggeri, c’è Migliacci e c’è pure lei. Seguirà tour, diavolo d’una donna.


Marinella Venegoni

www.lastampa.it