MUSICA




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​​​​​​​Parliamo dei nostri gusti musicali
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MUSICA
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Siamo la musica dei nostri padri - L'eredità delle canzoni


Una ricerca pubblicata sulla rivista "Psychological Science": le nostre reazioni emotive sono legate principalmente a brani ascoltati a vent'anni. Ma anche a quelli che ascoltavano i genitori alla stessa età. E le loro a quelli dei nonni. In una catena senza fine


Abbiamo anime in vinile. Nasciamo senza solchi ma veniamo incisi crescendo, anno dopo anno, un passo dopo l'altro. All'inizio la puntina fa un giro più ampio e qualche solco è più profondo. Siamo segnati dal nostro passato, la musica che abbiamo ascoltato da adolescenti e da ventenni ci resta dentro per sempre e diventa la nostra melodia. Il suono che emettiamo, e al quale rispondiamo per il resto della vita con più emozione, si forma in quel periodo. E' quello del primo amore, del primo bacio, della prima libertà. Ma non solo. Siamo incisi anche da musiche più antiche, che assorbiamo inconsciamente. Le stesse che hanno segnato i nostri genitori. Ricalchiamo il loro solco. Come loro hanno ricalcato musiche ancora più vecchie. Siamo un caleidoscopio di note ereditate, musiche genealogiche. I nostri primi amori hanno il suono di quelli da cui proveniamo, i nostri baci quello di baci in bianco e nero. Ereditiamo note, emozioni e anche gusto.

E' quanto scoperto da due psicologi, Lynne Krumhansl della Cornell University, New York, e Justin Zupnick di quella californiana con sede a Santa Cruz. Secondo la loro ricerca, pubblicata dalla rivista 'Psychological Science', sensazioni provocate dalla musica - nostalgia o tristezza, energia -, sono il risultato di un fenomeno multigenerazionale, e le note che ci stimolano restano anelli di una catena familiare. Non siamo canzoni, siamo melodie, opere complesse. Lo studio dei due professori si basa su un campione di ragazzi di vent'anni.

La nonna che ascoltava Simon and Garfunkel mentre cucinava un dolce. La radio della mamma che ascoltava Battisti stirando. La Stangata suonata al piano da un padre tornato da un viaggio. Ma anche rabbia, tristezza. Non tutte le famiglie sono famiglie felici. Il nostro cervello registra, e noi iniziamo a formare la nostra melodia personale. In sintesi chi apprezza la musica anni Ottanta e considera inutile quella del decennio dopo, non fa altro che rispecchiare il proprio anno di nascita. E quello dei propri genitori. I nostri gusti rivelano l'età che abbiamo.

Solo gli anni Sessanta rappresentano un'eccezione. Le canzoni di quel periodo sono state in grado di segnare chiunque, una specie di psichedelico e magico diluvio universale caduto su tutto il mondo contemporaneamente.


I ragazzi che si sono sottoposti all'esperimento di Zupnick e Krumhansl, hanno ascoltato serie composte da una decina di canzoni. Ognuna di queste conteneva i due brani più famosi di ogni annata, su un periodo di cinque anni. Sono partiti dal 1955-59 per arrivare al 2005-09. Le canzoni avevano un ampio range, da 'Rock Around the Clock' di Bill Haley e 'Heartbreak Hotel' di Elvis Presley, fino a 'Boom Boom Pow' dei Black Eyed Peas o 'Poker Face' di Lady Gaga. Nel questionario dovevano poi dire quali pezzi riconoscevano, quali preferivano, e le emozioni che ogni canzone evocava. Soprattutto dovevano indicare quali scatenessero ricordi. Memorie. Quali toccassero corde profonde. In quei casi, i professori affondavano e chiedevano se i ricordi fossero legati ai genitori, a coetanei, o a nessuno dei due.

La maggior parte dei ventenni prescelti ha indicato pezzi contemporanei. Vent'anni, presente. I primi solchi profondi. Ma le loro emozioni sono state scatenate anche da altri due periodi: la fine dei Sessanta e i primi anni Ottanta. "Stranamente i partecipanti hanno mostrato qualcosa di simile a una memoria involontaria (reminiscence bump). Hanno reagito a musica uscita in due precisi periodi di tempo precedenti alla loro nascita", si legge nella ricerca. Per Krumhansl e Zupnick i cinque anni 80-84 si possono spiegare in termini di influenza intergenerazionale. I genitori dei ragazzi campione sono tutti nati intorno, o poco dopo, gli anni Sessanta, quella anni 80 era la musica che ascoltavano a 20, 25 anni. La stessa età dei loro figli oggi. Ma ancora. La musica degli anni Sessanta era quella che ascoltavano giovani nonni ancora ventenni. Su questo punto i due professori però sono ancora incerti. "La musica dei Sessanta è stata obiettivamente di qualità inarrivabile. In grado di scatenare emozioni a prescindere". Assimilata anche perché tuttora molto presente nelle radio. Beatles, Rolling Stones, Jimi Hendrix, Doors, Led Zeppelin. Solchi, indipendentemente.

Per la professoressa Carol Krumhansl la musica è in grado di riportarci indietro nel tempo, e ogni generazione sembra avere la sua personale opionione su quale canzone potrebbe diventare un successo o classico. "Ci sono cresciuti, hanno ricordi legati a canzoni dei genitori", ha detto Krumhansl. Portato alle estreme conclusioni però il risultato è la negazione implicita del gusto musicale. Che quindi sembrerebbe non esistere, non essere influenzato dalla musica di per sè, ma da ricordi. I due professori hanno intenzione di allargare il campo di ricerca per accedere a un campione più ampio e stanno creando uno spazio online dove raggruppare diverse gradi di generazioni. Krumhansl ha spiegato: "Sarà affascinante tracciare una linea di influenze intergenerazionali più ampia. Solo così potremo capire l'impatto indipendente che avuto la musica degli anni Sessanta".

Ci piace la musica per quello che ci ricorda e non sappiamo di ricordare. Non solo le note ma quello a cui il nostro cervello le lega. La musica della nostra anima, segnata quando eravamo piccoli. Ancora nuovi.

Katia Riccardi

http://www.repubblica.it/spettacoli/musica/2013/09/23/news/ricerca_musica_genitori-66634476/?ref=HREC2-12