MUSICA




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​​​​​​​Parliamo dei nostri gusti musicali
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MUSICA
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Il boss dello streaming Deezer traccia un futuro inquietante



Axel Dauchez, in una interessantissima intervista su "La Lettura" del Corriere della Sera a firma di Stefano Montefiori da Parigi, ci insegna che cosa sarà il futuro della musica secondo lui. Sono fenomeni che in parte abbiamo intuito, tutti noi che ci siamo appesi allo stesso Deezer o a Spotify, Google Play Music o il nuovo Napster. A pagamento, ma con cifre abbordabili. L'evoluzione dello streaming porta a una offerta di musica immensa, da 20 a 25 milioni di pezzi, da Rachmaninov al Piotta, da Janelle Monae a Fred Buscaglione, con il rischio certo di una indigestione acritica, o di un'ansia onnivora che finisce per appiattire ogni approfondimento o interesse.

Il punto è il grande transito dal concetto di album o singolo, per il futuro. Formati passati presto a miglior vita non appena lo streaming avrà una diffusione più capillare. Spariranno, ma intanto è già vero che o ggi "Non si cresce con la musica, non ci si sente cambiati da essa. La sfida, è ridarle il ruolo identitario che ha perduto", dice Dauchez, 44 anni.

Ciò è drammaticamente vero, e sta riducendo la musica a un'arte minore, da ascensore o da dentista o supermercato, da consumo culturale a consumo istantaneo e superficiale. La cura, leggendo Dauchez, mi fa venire in mente il vecchio proverbio veneto secondo il quale "el bacon xe pezo del buso", che si capisce senza traduzione.

Per sorprendere "Bisogna creare un legame forte, tangibile, fra l'artista e il fan". Far sapere ad amici e all'artista che io lo seguo, seguirlo dal vivo: "Credo che nel prossimo futuro si svilupperà una conversazione fra artisti e fan e che dovremo monetizzare quella, per tutta la sua durata. Se non si ricostruisce un impegno forte con la musica tutto il mercato si restringe". Questo è detto in termini monetari, e non è che uno si scandalizzi, dopo tanto piratare.

Ma il mondo che leggo si sta disegnando nelle segrete stanze, di indubbio interesse teorico, mi ricorda tutti i danni prodotti dalla fidelizzazione, dai famigerati fansclub che nella media delle situazioni sono comodi per le tasche dell'artista e dei promoter ma creano seguaci invasati e privi di spirito critico, delle cui testimonianze (anche qui, modestamente) il web è pieno.

Occupatevi pure della fidelizzazione, gentili signori Deezer e affini, è un vostro compito. Ma cercate, oltre che di monetizzare, di non far rincretinire le persone che si avvicinano avvinte da un personaggio: lavorate anche a far sviluppare lo spirito critico, oltre che le tifoserie cieche che sono l'obiettivo a più facile e ovvia portata. Altrimenti creerete mostri dei quali, con quel che già c'è in giro, non si sente proprio il bisogno.


Marinella Venegoni

www.lastampa.it