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"Meticci", ultimi inediti per Ornella Vanoni - Etno, pop, Nada, Battiato, echi di Cesaria



Ornellina Vanoni, vestita di bianco, scarpe e riccioli rossi, canta brevemente per noi con in braccio il barboncino Why, e ci si ricorda che ogni vero artista è un eterno fanciullo e l’anagrafe è solo un ufficio. Però il 22 settembre scattano 79 primavere, e in qualche modo lei quell’ufficio ce lo ha ben presente, se ha deciso che «Meticci», l’album di inediti uscito ieri, rechi come sottotitolo «Io mi fermo qui»: «Basta, è l’ultimo inedito - assicura - perché è faticoso, ci vuole un sacco di tempo. Di "Bellissima ragazza", il penultimo, non è fregato nulla a nessuno anche se era ben recensito. Non si vendono dischi. Punto». La Vanoni è così, non fa sconti neanche a se stessa.

Ma «Meticci» è già anche su Spotify e sarebbe un peccato se la distrazione generale facesse perdere l’ascolto di questa inimitabile freschezza di voce, e della molteplicità di ispirazioni che governano una scaletta fra pop ed etno, dove qualche volta («Il Fiume») la melodia evoca le dolcezze di Cesaria Evora, e altrove c’è modernità e surrealismo: "La donna dai capelli blu mare" ha come altri 7 brani l’impronta fantasiosa di Ornella sul testo, con la musica del cantautore ventenne siculo Lorenzo Vizzini, scoperto ad Area Sanremo e scampato poi al Festival. Il resto dei 13 brani ha firme illustri: Nada (l’ottima Nada) le ha regalato la dolcezza del «Bambino sperduto», «Costruzione» è un’antica perla di Chico Buarque che ricorda la sua vena brasileira, mentre Battiato ha mandato «Aurora»: «L’ho chiamato e mi ha detto: "Ce l’ho una canzone, la condivideremo». Detto, fatto.

Telefona spesso, ai colleghi? «Chiamo De Gregori, ridiamo un sacco al telefono». Per dire le prodezze di cui è capace questa cantantessa indomita, che al suo fianco ha come produttore storico della seconda parte della carriera Mario Lavezzi («Il primo è stato Sergio Bardotti», ricorda), intrepido tessitore di questo album dalle molte anime, autore del singolo etnico «Basta Poco». Tocca a lui dire che inediti no, ma per l’anno prossimo è in costruzione un cofanetto storico con allegato libro: «E a me tocca scriverlo, ma io sono donna da carta mica da computer», scalpita lei. «Meticci» produrrà anche un tour teatrale, dal marzo 2014: «Per ora si intitola "Un filo di trucco, un filo di tacco", come mi diceva sempre la mia mamma prima di uscire. Deve far commuovere e sorridere. La regìa la farò io che sono ironica».

L’ironia di Ornella è direttamente proporzionale agli anni che passano, mescolata a tristezze e languori che la prendono quando racconta di un epico trasloco in corso dalla sua casa storica di Largo Treves, 260 metri quadri, a una di 130: «Lascio perché costa troppo, IMU devastante, e poi da una casa piccola è più facile partire. Ho dovuto elaborare un piccolo lutto, il distacco dalle cose. Avrei potuto cantarlo, questo momento: ma "Traslocando" è già un disco della Berté».

Capitolo a parte, l’abbandono della Chiesa Evangelica. E’ successo dopo una discussione accesa con la Pastora, «Una brasiliana che ritiene che l’arte sia totalmente inutile. Però grazie a lei ho letto la Bibbia e conosciuto Gesù. Lo sogno che lui cammina e io gli lecco i piedi». Non le è andata giù, in verità, che la Pastora abbia raccontato a un giornale che insieme erano andate a cena da Berlusconi: «Mi ci ha trascinata. C’era Apicella, Lui me lo ha fatto sentire, poi mi ha chiesto: "Che ne pensa, le canterebbe?". E io: "Magari con altri colleghi, per beneficenza».

Ultima perla di «Meticci», «4 marzo 43» di Dalla. «Pochi giorni prima di morire mi disse: "Alla mia età, mi tocca fare un tour". Era un matto vero, curioso di tutto. Dormiva 3 ore per notte ed era sempre in viaggio».

Marinella Venegoni

www.lastampa.it