MUSICA




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Quando Bob Dylan sconvolse i fans (Another Self Portrait, Bootleg Series)

Il decimo volume delle Bootleg Series di Bob Dylan, in uscita oggi, suona come una sapida provocazione a come vanno ora spesso le cose fra gli artisti o coloro che tali vorrebbero essere: per motivi di mercato e di affezione d’acquisto dei fans, si cerca di rimanere fedeli allo stile che ha creato il successo, con esiti devastanti per la crescita e la creatività. «Another Self Portrait» (così s’intitola l’opera) racconta invece uno dei momenti più controversi di Dylan, di quando fra il 1969 e il 1971, decise di sfidare la propria immagine consolidata di aedo della protesta o rocker di riferimento per le idee che andavano nascendo, e incidere invece quel disco controcorrente che fu «Self Portrait», fra country pastiche e coretti femminili perfino, fra pezzi non suoi e rifacimenti propri e assai discussi. Furono le critiche più tremende che avesse mai ricevuto: a partire dalla famosa recensione della rivista Rolling Stone che cominciava con un sonoro «What’s This S hit?» (la traduzione è inutile).

L’LP fu però stroncato da chiunque altro, e forse solo oggi che tutti ci siamo stufati di come sia sfuggente l’aedo di Duluth, può essere rivisto nella sua giusta luce, con tutto il repertorio che lo accompagna e arricchisce la Bootleg Series. 35 rarità e incisioni inedite trovano spazio in varie versioni: la standard con due cd, un Boxset con i 35 brani dell’album in 3 vinili e due cd, un cofanetto Deluxe con 4 CD e un bootleg che contiene anche la famigerata recensione (perché poi tutto si digerisce e fa mercato); in quest’ultimo formato trova spazio pure l’intero concerto con The Band del 31 agosto 1969 all’Isola di Wight.

Registrazioni, versioni alternative e demo si riferiscono soprattutto alle sessioni di registrazione del ‘70 che costituirono la culla sia di «Self Portrait» (poi sovrainciso a Nashville) che di «New Morning». Vocalmente si trova un fine dicitore che poco ha a che fare con il mangiaparole degli ultimi decenni, artisticamente è un uomo che pur già baciato dal successo non teme di confrontarsi con cover altrui e standard tradizionali («Pretty Saro»). Quel periodo gli deve essere così tanto piaciuto, che Dylan ha disegnato per l’occasione (o tirato fuori da un cassetto polveroso) una nuova copertina di un sé alquanto giovane (anche l’originale era segnato da un autoritratto). Dylan sarà naturalmente anche quest’anno in Italia, con D’Alessandro e Galli: 2, 3, 4 novembre Milano, 6/7 Roma, 8 Padova.


Marinella Venegoni

www.lastampa.it