MUSICA




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Il miraggio dei cinque milioni di copie e la crisi (irreversibile?) dell'album musicale

Per la quinta settimana consecutiva, le vendite complessive di dischi negli USA rimangono (ampiamente) sotto la soglia dei cinque milioni. Negli ultimi vent'anni non era mai successo. L'ennesimo segnale del declino del formato storico della musica pop e rock, soppiantato dall'ascolto dei singoli su YouTube.


Se il mercato nordamericano è il termometro più attendibile della salute dell'industria musicale globale, la temperatura degli album è scesa a livelli oltremodo preoccupanti. Per la quinta settimana consecutiva, negli USA sono stati venduti meno di cinque milioni di dischi (considerando sia i supporti fisici, come cd e lp, che i download digitali). Nell'ultima settimana di luglio è stato toccato il minimo storico – 4,68 milioni di copie – limando il record negativo precedente, stabilito appena sette giorni prima (4,71 milioni).



Quello dei cinque milioni è un incubo degli anni Dieci. Come riporta Billboard , dall'inizio dei rilevamenti Nielsen nel 1991 le vendite settimanali degli album negli Stati Uniti sono scese per la prima volta sotto la soglia a maggio del 2010. Per tre anni, l'allarme è squillato solo sporadicamente: quattro settimane nel 2010, due nel 2011, tre nel 2012. Nel 2013, appena ad agosto, siamo già alla nona settimana, di cui le ultime cinque consecutive.



Si possono elencare molteplici ragioni per spiegare questo momento di depressione: dal tradizionale rallentamento della stagione estiva alla mancanza di titoli forti. Ma il vero spettro, che ormai si aggira nell'ambiente da parecchi anni, è quello dai contorni più definitivi: l'idea che il formato album sia ormai giunto al capolinea, soprattutto nelle preferenze di fruizione musicale del pubblico di massa. Una congettura resa sempre più concreta dalla vastità del fenomeno: se il calo di vendite dei nuovi cd è ormai un'abitudine che dura da più di dieci anni, gli ultimi dati parlano di una forte contrazione anche del vecchio catalogo in offerta (i cd venduti a 5$ o, in Europa, a 5€) e – soprattutto – di un dietrofront degli album digitali, quelli distribuiti su piattaforme online come iTunes (sempre negli USA, nelle settimane iniziali dei primi trimestri del 2013 si è passati da una crescita del 10,4% a una dell'1,9% a una perdita dello 0,9%). Cifre che alimentano il mantra digitale più comune degli ultimi mesi: il de profundis per il download, sostituito dalle nuove fruizioni in streaming (Spotify, Deezer, ma soprattutto i video su YouTube), più orientate verso la canzone che verso l'album.



E' una trasformazione evidente soprattutto nel mainstream. Il dominatore musicale del 2012 è stato il rapper sudcoreano Psy: i video di Gangnam Style e Gentleman hanno ricevuto rispettivamente 1,72 miliardi e 510 milioni di views su YouTube e probabilmente altrettanti passaggi radiofonici e televisivi, ma qualcuno sa se l'artista asiatico ha pubblicato anche un album? A qualcuno, a cominciare dallo stesso Psy, interessa? Uno dei brani più popolari dell'estate 2013 è Blurred Lines di Robin Thicke: su YouTube viaggia intorno ai 128 milioni di views e questa settimana compare in tutte le 31 Top10 nazionali di Spotify (dalla Svezia all'Italia, dagli USA al Regno Unito, dal Messico a Singapore, dalla Nuova Zelanda a Liechtenstein). Un successo globale che negli anni '90 si sarebbe tradotto in milioni di copie vendute anche per il suo disco: eppure Blurred Lines (l'album), pur esordendo la scorsa settimana in testa alla chart di Billboard, non è riuscito ad andare oltre alle 177mila copie vendute negli USA, risultato non terrificante ma nemmeno da champagne (soprattutto tenendo conto del fisiologico calo che avverrà nelle settimane successive). In molti altri paesi, nonostante la popolarità del brano, l'album è rimasto inchiodato nelle parti basse della classifica (in Italia a tre settimane dell'uscita staziona al 61° posto , mentre il singolo è ancora in Top10).



Esistono delle sfumature e delle contraddizioni. La più lampante è il successo del vinile. Dal 2008, senza un'apparente spiegazione, gli lp hanno ribaltato una traiettoria che li vedeva ormai prossimi alla scomparsa. La crescita è graficamente impressionante, come mostra questo istogramma delle vendite negli Stati Uniti tra il 1993 e il 2013: negli ultimi cinque anni si è passati da un milione di copie vendute all'anno a una proiezione per il 2013 di quasi sei milioni di copie. Il boom del vinile non si è limitato all'oltre Atlantico, è ben visibile anche in Europa e ha avuto effetti virtuosi su una categoria di esercizi commerciali molto amata dagli appassionati di musica, quella dei negozi di dischi: dal 2004 al 2009, in un territorio “forte” come la Gran Bretagna, i negozi indipendenti sono crollati da 540 a 269. Oggi, trainati dal revival dei vinili, sono 298 . I volumi di mercato, per quanto caratterizzati da una crescita confortante, rimangono però marginali rispetto al fatturato complessivo dell'industria: al momento, si sta passando da una nicchia a rischio d'estinzione a una un po' più solida, in un processo legato non solo a fattori squisitamente musicali ma anche al valore estetico e simbolico del vinile, percepito da molti appassionati come superiore rispetto a quello del piccolo e anonimo cd.



La rinnovata salute degli lp non sembra in grado di ribaltare le sorti del formato album: la sua idea, il suo ruolo, il suo valore simbolico e trainante. I bestseller globali sono sempre più rari: l'ultimo è stato 21 di Adele, uscito a gennaio 2011 e capace di vendere oltre 26 milioni di copie in tutto il mondo (tra cd, lp e download). Simili performance appaiono quasi irripetibili: prima di 21, l'ultimo album a superare i venti milioni di copie era stato Confessions di Usher nel 2004 (fonte Wikipedia ). Anche operazioni innovative come quella operata di recente da Jay Z (un milione di copie digitali dell'album Magna Carta... Holy Grail vendute in anteprima all'azienda Samsung e da essa distribuite via smartphone) non sembrano in grado di andare al di là del botto di marketing precox, esaurendo rapidamente il loro effetto mediatico.



La tecnologia ci sta mettendo del suo. Rispetto alla staticità analogica (lp, musicassette) che quasi ti obbligava ad ascoltare un disco per intero, il digitale spinge quasi naturalmente a una fruizione personalizzata e atomizzata degli album, favorendo la selezione delle tracce preferite. Aveva iniziato la funzione “skip” nei cd, poi è arrivata la vendita dei brani individuali su iTunes (e la loro distribuzione come mp3 sulle reti di filesharing), adesso l'accelerazione è ancora più radicale: sia su YouTube (dove domina la diffusione dei singoli, anche sul canale preferenziale delle major Vevo) che sulle piattaforme come Spotify o Deezer (dove il formato standard di gestione della propria esperienza musicale non è più l'album ma la playlist, che può essere modellata dall'utente a proprio piacimento: aggiungendo, spostando e scartando i brani).



Esistono ancora determinati generi in cui l'album mantiene un forte senso creativo e artistico. Di recente, chi scrive ha ascoltato diversi ottimi lavori che non avrebbero potuto esistere se non in tale natura (Laura Marling, These New Puritans, Queens of the Stone Age, Savages) e l'album rimane il veicolo più comune di distribuzione musicale nell'alveo pop-rock (nei prossimi mesi passerà da questa strada il ritorno di Arctic Monkeys, Franz Ferdinand, Nine Inch Nails, Pearl Jam, Sting, Elton John, Arcade Fire). Ma si tratta di lavori che – oltre che passare sotto le forche caudine della selezione digitale – andranno comunque a nutrire fasce di pubblico tendenzialmente sempre più ristrette: magari nell'ordine delle decine o anche centinaia di migliaia di fan, ma non più dei milioni. Per oltre un trentennio cardine industriale dell'intera filiera musicale (artisti, produttori, distributori, negozianti), oggi l'album stenta sempre più a rispondere a quel compito anche perché non riesce più a entrare con forza nell'immaginario globale della società contemporanea. Non con la forza assoluta di un Dark Side of the Moon (1973), un Born In The Usa (1984) o un Back In Black (1980). Tre titoli che – ad agosto 2013 – occupano rispettivamente la trentesima, la quarantesima e la cinquantesima posizione nella classifica degli album più venduti in Italia. Più in alto di Blurred Lines di Robin Thicke.


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