MUSICA




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​​​​​​​Parliamo dei nostri gusti musicali
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Zilli e Bosso, la bella e il trombettista - In tour con le grandi del soul e Motown

Una coppia inattesa e sfiziosa - Fabrizio Bosso e Nina Zilli - in questa estate dei concerti italiani avari di sorprese, apre un tour di una ventina di date nella notte della musica, il 21 giugno, per il debutto di «Sere d’estate alla Reggia». Naturalmente Venaria, il cui programma non altisonante ma rispettabile prevede poi il 28 Malika Ayane, il 5 luglio i Baustelle, il 12 Max Gazzé, il 19 Giovanni Allevi, il 26 Marta sui Tubi feat. Bandakadabra, il 2 agosto Chiara Galiazzo.

Fabrizio Bosso e Nina Zilli si sono incrociati varie volte nelle peripezie dei workaholic musicali, finché è scoccato un progetto comune: rendere omaggio a un repertorio che appassiona entrambi. «We Love You Jazz’n Soul» è il titolo di un programma dedicato alle grandi regine del genere, da Nina Simone a Amy Winehouse, dove si rivisitano il sound di Detroit, la Motown, il blues di Chicago e il Philadelfia sound, con anche un omaggio solo strumentale dell’affascinante tromba di Bosso alla povera Amy. A sua volta, Nina Zilli (che così s’è ribattezzata in onore della Simone) esce dall’universo pop delle sue esperienze recenti per buttarsi in un repertorio da sempre amato.

Bosso, che in questi giorni sta viaggiando fra San Pietroburgo, con "Memorie di Adriano" con Peppe Servillo e la Marcotulli dedicato a Celentano, e un tributo londinese a Ronnie Scott, ricorda il successo della data zero a Napoli: «E’ una bella scommessa per Nina, ma è la sua musica e si diverte un sacco, sa mettersi in gioco, è molto autocritica e non se la tira. Ho scelto io i musicisti della band, tutti con grande esperienza a tutto campo. In due soli giorni Nina ha trovato alle prove i colori giusti per partire. "Cinquantamila lacrime" è diventata un blues afro».

A sua volta, Zilli si dice entusiasta di essere rientrata in quel mondo «in punta di piedini»: «Alla fine la black music è una grande festa, è la musica che mi piace. Una sfida, dovendomi confrontare con questi standard senza la mia band». La infastidice che si parli così spesso più del look e della bellezza, che del suo lavoro? «La mia vita non è il look, la prima cosa che dico sempre è che quello è un gioco. Qui si fa sul serio: partiamo da "I put a spell on You", "My babe don’t care for me", e "It’s my party" di Lesley Gore, che ho scoperto da piccola nella compilation della Barbie». Di Amy, per rispetto di una ragazza morta cannibalizzata dai media, non canto nulla, solo alcune cover come "Valérie" e "Some unholy War"». Par di capire che dal progetto sarà tratto un disco, in uscita in autunno.


Marinella Venegoni

www.lastampa.it