MUSICA




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​​​​​​​Parliamo dei nostri gusti musicali
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MUSICA
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Vasco Rossi ricomincia dal rock duro (E canta "Sono l'uomo di primavera")


Ci sono dei temporali e delle piogge che hanno fatto la leggenda dei concerti, da Woodstock a Springsteen fino ai nostri giorni. Quella che è toccata ieri a Vasco Rossi per la sua benvenuta ripartenza dopo mille notissimi dolori, è stata una serata bagnata da mille acquazzoni di una domenica lunatica e piuttosto autunnale, che non è comunque riuscita a spegnere gli ardori dei ragazzi e dei più agés, adepti della tribù variopinta e multigenerazionale dei suoi fans. Implacabilmente in attesa per ore sotto la pioggia con il loro impermeabilino colorato, hanno poi steso i loro bravi striscioni di bentornato («Daje!») e assistito all’inizio delle celebrazioni del ritorno.

Davvero una passerella di situazioni familiari nell’universo vaschiano, con volti e progetti della sua più nota iconografia: nel ruolo di DJ trapananti il riccioluto Davide Rossi, uno dei figli di Vasco, e Tommy Vee, e poi le fanciulle del Vasco Rossi Dancing Project che l’anno scorso fu benedetto dalla Scala; in coraggioso due pezzi nero le bellezze hanno danzato sul tunz-tunz di Davide. Sul più bello, però, spuntava sempre l’urlo «Vasco Vasco», perché a medio e tardo pomeriggio il sentimento prevalente - pioggia o non pioggia - quello era: l’attesa per Lui che con le sue canzoni placa le inquietudini o le accende di nuovi colori.

Ma neanche si sono ammosciati sotto l’acqua i sentimenti del Vate di Zocca in scarpe da tennis rosso scaramantico, con cintura coordinata, in total black e al collo il solito piccolo triangolo che viene ripreso sul palco da altri tre, enormi. Un palco grande sì, quanto si vuole, legato filologicamente alle dinamiche del rock classico, non percorso da giochini elettronici, ché quella è un’altra storia che non abita qui a casa di Vasco. Il quale si concede giochi di laser e spettacoli luminosi, ma il fulcro resta la sua musica.

I triangoli cangianti incorniciano la dimora dei musicisti, i soliti, con il bassista Golinelli che sembra una serigrafia di Keith Richards, Solieri il compagno di sempre e Burns che si fanno a pezzi alla chitarra, e insomma tutti apparivano tesi come all’esame di maturità, in questo ritorno di tinte forti musicali. Già, perché la chiave della serata è un rock picchiante e bello teso, più del solito, più vibrante direbbe Crozza. Vasco è in palla, la pronuncia netta è il primo termometro del benessere, gli occhi ironici il secondo. Tiene la palla, pare ben deciso a riprendersi lo scettro di rockstar dopo dimissioni troppo affrettate e in un momento un po’ così.

In più di due ore ha sbandierato davanti a quasi 40 mila persone, mentre la notte si faceva più clemente, la gioia del ritorno e la voglia di un clima di festa che risollevi gli animi della gente provata da tanta crisi: ma anche la rabbia che quella crisi suscita, facendo venire la voglia di tirar su il morale, di consolare, di spronare. Ha messo in scaletta, cominciando con la discussa «L’uomo più semplice» qui risuonante come un invito giovanilistico al divertimento, temi e musiche che parlano del suo rapporto non con il pubblico, ma con ciascuno di coloro che lo stanno ad ascoltare. Quella gente pazza di lui («Tu vivi solo per me») che saluta finalmente con un proverbio: «Tutto è bene quel che finisce bene». Ci sono pezzi classicissimi come «Siamo soli» e «Ogni volta», la rara «Starò meglio di così», una furibonda «Manifesto futurista della nuova umanità», intrigante nel testo ma chissà perché le parole vengono fatte fuori dal suono alto e dalla batteria. A volte si ha paura delle cose intelligenti.

Nel riposino di Vasco, Frank Nemola il tastierista si butta sul microfono con voce tenorile, è il break che il direttore Guido Elmi studia ogni volta con sfizio.

Il ritorno del Vate di Zocca segna la parte più dura e rabbiosa con «C’è chi dice no» e «Gli spari sopra», «Stupendo». «Non l’hai mica capito» è la novità del momento: scritta quando aveva 15 anni, assai divertente. La ripresa della pioggia proprio in questo spezzone porta Vasco sulla soglia del palco, a bagnarsi con tutti quei suoi 40 mila fidanzati che lo guardano negli occhi. La serata scivola fra medley e pensieri profondi. Già, «Vivere non è facile». Chiuderà, come sempre, «Albachiara». Il ritorno di Vasco è stato piacevole e migliorativo, il trionfo innegabile.


Marinella Venegoni

www.lastampa.it