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Vasco Rossi torna e si riprende la corona

Il Komandante incanta per due ore il pubblico di Torino a due anni dallo stop per l'infezione polmonare. La pioggia non lo ferma, i fan in delirio


da Carlo Moretti

Vasco è tornato. Due ore di concerto di rock tirato, senza un attimo di tregua, il Komandante è di nuovo qui. "Ciao a tutti, bentornati, bentrovati, tutto è bene ciò che finisce bene" dice entrando sul palco dell'Olimpico di Torino di fronte ai 50 mila spettatori che gremiscono il prato e le gradinate dello stadio e che nonostante la pioggia intermittente non smettono per un attimo di sostenerlo. Attacca "Sei pazza di me", ed è tornato davvero; l'energia è sempre la stessa, la magia si rinnova dopo due anni da incubo. Vasco esce così dal cono d'ombra in cui era precipitato per il batterio polmonare, si riappropria del palco e dei riflettori, si riprende insomma la corona da "Re del rock" italiano che gli appartiene, non fosse altro perché è stato proprio lui a portare per primo il rock negli stadi, prima territorio riservato solo alle star straniere.

Fa fermare anche la pioggia che era caduta nel pomeriggio e torna sul palco a "riallacciare un discorso" e "portare gioia". Con Vasco sul palco impazzisce l'Olimpico di Torino dove 40mila fan lo accolgono come si conviene al "Komandante". Sette concerti, tutti sold out, a Torino e Bologna, per riprendere dove la malattia lo aveva fermato

Vasco spunta subito a sorpresa da una botola alla destra del palco, occhiali con la montatura bianca, giacca di pelle e cappello d'ordinanza. Le parole di "L'uomo più semplice" vengono coperte dall'urlo della folla, che ondeggia, tiene il tempo con le braccia, canta incessantemente, tutto il pezzo in coro. Lui saltella come un ragazzino che dopo tanto tempo ha ritrovato i suoi giochi: "Sono l'uomo più semplice che c'è, sono l'uomo giusto per te" canta, iniziando il concerto con l'ultimo singolo "L'uomo più semplice", quando accennando alla necessità di una nuova leggerezza il Blasco fece intendere anche la sua volontà di tornare a esibirsi, rinunciando alle dimissioni da rockstar.

Debutto bagnato, debutto fortunato. Due anni fa per la prima di Ancona, e fino all'interruzione di Roma, il tour era stato accompagnato dal sole. A Torino ieri è piovuto per tutta la giornata e non ha dato tregua neanche durante il concerto. La platea dei fan di Vasco si è così trasformata in una spianata di mantelline, saltellanti e colorate, di ombrelli aperti, hanno danzato con la musica dei dj (tra i quali il figlio di Vasco, Davide Rossi), hanno invocato senza sosta il loro mito: "Alè-Alè-Alè-Va-sco, Va-sco". Ora si godono Vasco in alta definizione e in primo piano sui due maxischermi ai lati del palco di quasi 80 metri, quando affianca pieno di complicità il bassista Claudio "Gallo" Golinelli, il volto segnato del rocker di razza: "Come stai, non lo dici, però lo fai" gli canta nell'orecchio le parole di "Come stai". Quindi un'altra storia di separazione con "Siamo Soli" e quando urla "siamo qui, siamo vivi" un brivido attraversa lo stadio, suscita un coro di "Vasco, Vasco" da parte del pubblico. Per "Ogni volta" poi l'Olimpico diventa una spianata di luci accese.



L'inizio è mozzafiato: con "Non sei quella che eri" parte un altro treno rock, la band ha un suono fantastico, l'assolo di chitarra stavolta tocca a Maurizio Solieri, Stef Burns assiste alla ritmica, il Gallo fa mulinare il suo basso. Con Matt Laug alla batteria, Alberto Rocchetti alle tastiere, Frank Nemola alla tromba, Andrea Innesto al sax e Clara Moroni ai cori, è senza dubbio una delle migliori band in circolazione. Il ritmo scende con "Starò meglio di così" ed è una di quelle canzoni che prende allo stomaco, la storia di una separazione: "Ora posso fare tutto ciò che voglio, ma so che starò meglio di così".

Rispetto al tour del 2011 "interrotto per cause di forza maggiore" molte cose sono cambiate ma non il palco, che punta sempre verso l'alto grazie all'incrocio di triangoli con al centro la scritta Vasco, il logo che lo accompagna il Komandante da tanti anni. E' cambiata in parte la scaletta, Vasco ha voluto inserire "Stupendo", "Gli spari sopra", "Delusa" dedicata alle ninfette televisive (in cui al posto di Berlusconi inserisce stavolta il nome di Emilio Fede), "C'è chi dice no", "Mi si escludeva", che sembrano scritti oggi. Alla fine saranno 22 brani più un medley di brani storici, quasi due ore e mezza di musica per uno show tiratissimo e molto rock che Vasco conduce al meglio, nessuna traccia di cedimento.

Nel medley inserisce anche "Asilo Republic" del 1980, una metafora dell'Italia di quegli anni ma anche un chiaro riferimento, come Vasco ha spiegato di recente, al caso di Giuseppe Pinelli, l'anarchico volato giù da una finestra della questura di Milano, una morte intorno alla quale restano molti punti oscuri: "I bambini dell'asilo, stanno facendo casino, ci vuole qualcosa per tenerli impegnati, ci vuole un dolcino, ci vuole uno spino. Dice che è stata una disattenzione della maestra, e subito uno si è buttato giù dalla finestra". Aveva spiegato Vasco: "In questa ripresa del tour ho inserito canzoni più dure, di carattere più sociale che ho scritto 20 o 30 anni fa e sono incredibilmente ancora d'attualità: evidentemente percepivo qualcosa nell'aria, meglio, la percepiva l'artista che è in me".


Discorso che si può applicare perfettamente anche a "Eh già" che attacca a metà concerto. "Eh già, sembrava la fine del mondo ma sono ancora qua" canta per il pubblico adorante di Torino, e sembra uno sberleffo contro il "batterio killer", l'inizio di due anni da incubo. "Eh già" uscì all'inizio del 2011, qualche mese prima dello stop di giugno del Live Kom Tour "per cause di forza maggiore", lo stesso che ora riprende e continuerà per altri sei concerti, tre sempre qui all'Olimpico di Torino, altri tre allo stadio Dall'Ara di Bologna. Ma due anni fa nessuno poteva immaginare che quella canzone potesse avere significati premonitori, né che ora potesse assumere il tono di uno sberleffo: "Eh già, il freddo quando arriva poi va via, il tempo di inventarsi un'altra diavoleria".

Vasco aveva detto che "Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a ballare" e non ha mancato la promessa: nella prima parte dello show è da pelle d'oca quando interpreta "C'è chi dice no", "Gli spari sopra" e "Stupendo", nella seconda è irrefrenabile, canta "I soliti", "Siamo solo noi" che accompagna con il dito medio alzato trascinando nello stesso gesto tutto lo stadio. Poi un finale da standing ovation, "Sally", "Un senso", "Vita spericolata". Il bis, sempre lo stesso, è con "Albachiara". Il messaggio di Vasco è giunto a destinazione: "Non cedere, mai. Domani è un altro giorno: e arriverà". Il Komandante è tornato.


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