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MUSICA
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Bruce Springsteen, 206 minuti di passione a San Siro: la recensione del concerto

“Suono da quando ero un ragazzo e di posti ne ho visti. Ma questo è davvero speciale”.
Sembra la classica retorica da concerto rock, la frase che viene ripetuta uguale ad ogni pubblico. Ma se c’è un luogo in cui queste parole non suonano vuote è San Siro, se a pronunciarle è Bruce Springsteen. 1985, 2003, 2008, 2012: tutti concerti memorabili. Springsteen stesso che dice che quello del 2003 è uno dei suoi cinque migliori di sempre. E poi 2013.
Per raccontare un concerto così non si può mettere da parte la passione, anche nella scrittura: la passione è la materia di cui è fatta la musica di Springsteen. Assieme ad un gran mestiere, una capacità unica di tenere il palco, di prendere per mano il pubblico, condurlo e farsi condurre. Specialmente a San Siro - dove il rapporto con la gente è totale, viscerale, immediato.
La serata comincia in maniera emozionante: sono le 8.12 quando esce la band. Ma Springsteen non riesce a cantare: gli anelli di San Siro sono colorati da cartelli bianchi rossi e verdi che formano una scritta. Rimane senza parole per un minuto buono, cerca di decifrarla assieme a Little Steven. Poi il volto si illumina quando riesce a leggere “Our love is real”: sorride, ringrazia commosso e poi attacca.


Il concerto inizia come se si fosse già ai bis - non perché la canzone sia una di quelle che di solito Springsteen suona alla fine (“Land of hope and dreams”), ma perché il livello di energia e partecipazione è da fine show. Tutta la prima parte del concerto è così, anche le richieste che vengono accolte sono “party songs” da fine concerto, da “American land” al rock‘n’roll di “Long tall sally”. L'acustica non è delle migliori, la voce echeggia nello stadio - ma poco importa. Quello che conta è la carica: Bruce è in forma smagliante, e così la E Street Band. Bruce stravolge la scaletta fin da subito: non suona i punti fermi del tour (“We take care of our own” e “Spirit in the night”) per fare posto ad “Atlantic city” e “The river”. In entrambi i casi dirige il pubblico, zittendolo se serve (nel break della prima canzone) o facendolo cantare a tempo (nel “reprise” della seconda).
A quel punto arriva l’annuncio di cui si parlava da giorni tra i fan. Springsteen ricorda il suo primo concerto italiano, San Siro 1985, tour di “Born in the U.S.A.” e annuncia che eseguirà per intero l’album.
Una scelta di questo genere - dibattuta anche tra i fan puri e duri - può ammazzare un concerto, dandogli prevedibilità e un brutto andamento.
Ma non è questo il caso: perché è vero che BITU non è il disco migliore della produzione di Springsteen, ma le singole canzoni hanno retto bene il tempo, e l’atmosfera rockeggiante di brani come “Cover me” (con un Nils Lofgren indiavolato che suona la chitarra con i denti) si adatta benissimo alla piega da party che ha preso il concerto; in particolare “Working on the highway”, una stupenda “I’m going down”, a cui fanno da contraltare l’intensità di “Downbound train” e “I’m on fire” - suonata forse in maniera sbilenca ma con un Bruce che gioca a ballare con mosse sensuali come se fosse un ragazzino.
A Padova, con l’annuncio del disco suonato per intero - in quel caso “Born to run” - erano finite le sorprese. Non è il caso di stasera. Dopo una parte finale da “greatest hits”, arrivano i bis - e altre canzoni inaspettate.
Se il concerto è iniziato con un’intensità da bis, cosa può ancora succedere a fine concerto? Un party nel party, che inizia piano, acustico con “This land is your land”, decolla con i suoni mariachi di “I’m alive” e non si ferma più, neanche dopo “Twist and shout”. Bruce non vuole andare a casa, chiama un po’ di accordi alla band, che se ne parte con “Shout” degli Isley Brothers. Il pubblico sta danzando e Bruce lo dirige ancora, fino quasi a far sedere l’intero prato di San Siro in mezzo alla canzone, mentre canta “A little bit softer now”. E non è ancora finita: come a Napoli, accompagna la band, dice “One more”, imbraccia la chitarra acustica e suona una minimale ed emozionante “Thunder road” - che si trasforma in un liberatorio coro finale. Quasi lui stesso, non solo lo stadio, avesse bisogno di decomprimersi dopo così tante emozioni. Alle 11 e 38 finisce il concerto. Ma le Emozioni non sono finite, non del tutto - mentre il pubblico esce, un bel montaggio sugli schermi ricorda i momenti più belli dei cinque concerti (con un ricordo per lo scomparso Franco Mamone, primo promoter a portare Springsteen in Italia nell'85, assieme al suo erede Claudio Trotta).
Qual è il concerto più bello di Springsteen che hai visto? E' come chiedere se vuoi più bene al papà o alla mamma. San Siro 1985, San Siro 2003, San Siro 2008, San Siro 2012 o San Siro 2013? Chi ha visto anche uno solo di questi concerti se lo ricorderà per sempre. Chi invece lo ha visto per la prima volta stasera ha cominciato come meglio non si poteva.

(Gianni Sibilla)

SETLIST Land of Hope and Dreams
My Love Will Not Let You Down
Out in the Street
American Land
Long Tally Sally
Loose Ends
Wrecking Ball
Death to My Hometown
Atlantic City
The River
Born in the U.S.A.
Cover Me
Darlington County
Working on the Highway
Downbound Train
I'm on Fire
No Surrender
Bobby Jean
I'm Goin' Down
Glory Days
Dancing in the Dark
My Hometown
Shackled and Drawn
Waitin' on a Sunny Day
The Rising
Badlands
Hungry Heart

BIS:
This Land Is Your Land
We Are Alive
Born to Run
Tenth Avenue Freeze-Out
Twist and Shout
Shout

Thunder Road (Acustica)


www.rockol.it

Bruce Springsteen in San Siro, 2013