MUSICA




​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​
​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​
​​​​​​​​​​​​​​
​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​
​​​​​​​​​​​​​



​​​​​​​Parliamo dei nostri gusti musicali
​​​​​​​

​​​



MUSICA
Start a New Topic 
Author
Comment
Roma, concerto del Primo Maggio 2013: il commento di Rockol

Abbiamo assistito ad un curioso fenomeno di scollamento temporale e di personalità, qualche ora fa, in piazza San Giovanni a Roma. Quasi come se il Concerto del Primo Maggio che finalmente celebrava il superamento del suo complesso per mezzo di un rito collettivo che ha visto pubblico e addetti ai lavori salutare gli Elio e le Storie Tese come demiurghi del concertone 2.0, risolvendo così un curioso avvitamento che durava da anni ("Non mi piace, ma ci vado o lo guardo per poi spiegare perché continua a non piacermi") non fosse lo stesso concerto che meritava di festeggiare questa emancipazione. Cerchiamo di spiegarci meglio: la manifestazione che gli Elii hanno messo alla berlina era quella di qualche anno fa - quella a cavallo tra i '90 e i 2000 - quando un manipolo di avannotti più o meno balcan, ragamuffin, militant o folk (che valorizzi ovviamente il territorio) apriva la strada a pesci grossi come Zucchero, Timoria o Gianna Nannini se non addirittura a cetacei come Vasco Rossi, Lou Reed, Robert Plant, Oasis, Blur e via dicendo.

Il concerto che abbiamo appena visto - e che vediamo dal 2011 - però non è più così, e basta scorrere il cast di quest'anno per rendersene conto: world music militante tagliata senza pietà in tutte le sue forme, una discreta pattuglia di realtà non mainstream già discretamente affermate nel circuito alternativo e prossime al grande salto (i Ministri, i Marta sui Tubi), alcuni nomi di sicuro richiamo live (gli Africa Unite, Capossela), una quota di veterani di Piazza San Giovanni per di più fresca di un passaggio sotto i riflettori dell'Ariston (Gazzé e Silvestri) e un distaccamento istituzionalmente colto (Sollima e Piovani) a cambiare registro spegnendo gli amplificatori in favore di ance e archetti a traghettare il pubblico tra rock a classica e viceversa, magari con un doveroso ripasso dei fondamentali popular assemblato da un cast all star trans-generazionale (che, in parte, il complesso del Primo Maggio probabilmente non l'ha mai avuto, se non altro per ragioni anagrafiche), per senza nessun - con tutto il dovuto rispetto per gli headliner - nome di richiamo assoluto. Una sorta di ibrido tra il Tora! Tora! (ricordate?) e un Club Tenco molto meno elitario, con la povera Geppi Cucciari costretta a fare da tramite tra la regia televisiva e il palco. Qualcosa sicuramente non in sintonia con la maggior parte di chi, oggi, in Italia, ascolta e si occupa di musica, ma - altrettanto sicuramente - non il qualcosa che cantano gli Elii.

Cosa resta, quindi, di questa edizione del concertone, oltre la pioggia e gli immancabili ritardi in scaletta? Resta la perplessità nel vedere una formula - quella delle sezioni "colta", ad aprire patriotticamente il prime time, e "antologica", ad impreziosire l'ultima parte dello show - che, nata appunto nel 2011 per festeggiare il centocinquantesimo anniversario dell'unità d'Italia, se in prima battuta poteva rappresentare uno spontaneo e gradevole diversivo oggi sembra più un rituale da osservare (in buona fede, ne siamo sicuri) al costo della perdita di spontaneità. Così come una certa perplessità suscita la scelta di forzare la mano sia sul versante produttivo (portare ad esibirsi dal vivo con un'amplificazione per una diretta televisiva un'orchestra da diverse decine di elementi con cambi palco calibrati al secondo è tutto fuorché uno scherzo) e quantitativo (perché cercare di infilare più nomi possibili quando poi, inevitabilmente, a qualcuno - l'anno scorso toccò agli Afterhours, quest'anno a Cristiano De André e persino ai poveri Crifiu, i vincitori dell'1MFestival, che hanno visto la promessa esibizione serale in diretta cadere sotto la mannaia degli stage manager per ragioni di orario - tocca ingoiare un rospo?). C'è poi da osservare come quest'anno, per la prima volta nella storia del concertone, di ospiti stranieri, tra i "big", non ci fosse nemmeno l'ombra, nemmeno in forma di cameo: d'accordo che sono tempi duri, nessuno pretende il ritorno agli antichi fasti, ma andare a pescare almeno qualche giovane promessa oltre ai patri confini non sarebbe stata una brutta idea.

Sul versante meramente musicale ci sono da segnalare alcune conferme positive - la competenza e il professionismo degli Elii, di Gazzé e di Silvestri, la rabbia efficace dei Ministri, che molto avrebbe da insegnare ad altri colleghi loro coetanei presenti oggi sul palco, il mestiere (a tratti, tuttavia, algido e svogliato, almeno ci è parso) di Capossela, pur penalizzato da una situazione difficile - e negative - la disorganizzazione, il trattamento riservato alle band del concorso (gettate allo sbaraglio con suoni per lo meno approssimativi, soprattutto nella resa televisiva) - oltre che a qualche sorpresa più o meno gradevole (le riletture rock orchestrali, piuttosto didascaliche, e gli omaggi della super-resident band, non sempre riusciti). Un'edizione certo non memorabile, ma dalla quale ci sarebbe da imparare molto, se davvero si volesse assicurare al concerto un futuro.

Ci sono poi le polemiche accessorie - essenzialmente l'esclusione, già ampiamente dibattuta, di Fabri Fibra, e la (co)presenza di (contro?)manifestazioni a Taranto e Napoli (citate e omaggiate con interventi che avevano un che di quasi riparatorio) - delle quali non ci occuperemo, ma su una polemica due parole le vorremmo spendere. Lo si sapeva già prima che venisse montato il palco che questo concerto non fosse nato sotto una buona stella: prima gli attriti tra promoter e committenza, poi l'ammissione, da parte del segretario della CGIL Susanna Camusso, della necessità di un rinnovo del format. Tutto lecito, per carità: solo con il confronto - anche aspro, se necessario - si cresce. Piuttosto però che fare una cosa - magari non allo stato dell'arte - controvoglia per poi (giustamente) non dirne benissimo non credete che possa valere la pena non farla? Magari fermarsi per uno o due tornate, ripensare a tutta la formula e poi ripartire remando tutti nella stessa direzione, magari recuperando quella manciata di anni che separano il concerto che ha superato il complesso del Primo Maggio da quello che potrebbe tornare ad essere un grande evento nazionale e non solo? Pensateci, per il 2014...
(dp/av)

www.rockol.it