Quel che subito colpisce è la bellezza androgina di Mick Jagger, i suoi labbroni ancora per qualche tempo innocenti. E la parlantina svelta e acuta, che rivelava agli altri e a se stesso come il mondo dei giovani stesse cambiando. L’insofferenza, la prosopopea, l’eccitazione del successo, le pieghe inaspettate dell’avere ogni cosa a portata di mano. Lunghissimi filmati d’epoca tra i quali le burrasche di Altamont, assai interessanti per i cultori del genere, sono il piatto forte di «Crossfire Hurricane», il film che prende il titolo dai primi versi di «Jumpin’ Jack Flash» e assembla (tra l’altro) quel poco che ancora c’è di inedito negli archivi dei Rolling Stones, con altro materiale invece ampiamente conosciuto: prove, nascita incerta di canzoni, backstage all’insegna della trasgressione, assalti dei fans sul palco, la presenza inquietante di Brian Jones e la sua fine, spezzoni di concerti e tutto quel che faceva da contorno alla prima fase della vita della band, quando ancora le star non vivevano come ora isolate e protette da enormi guardie del corpo e da recinti insuperabili.

Il film, prodotto da Mick Jagger, è la storia degli Stones raccontata in prima persona dagli Stones medesimi, con l’aiuto di un documentarista di razza, Brett Morgen, che per espresso desiderio dei committenti si è fissato soprattutto sull’epopea fino alla fine dei ‘70, il periodo del resto più interessante. Il film è già in vendita in dvd e Bluray, domani e dopo sarà proiettato in 300 sale cinematografiche italiane, e accompagna da lontano l’eterno ritorno della band, che il 2 maggio debutta a Los Angeles nel «50 and counting Tour», la tournée che festaggia il mezzo secolo di carriera. 18 le date, 15 delle quali negli Usa, e 3 in Inghilterra: al festival di Glastonbury il 29 giugno, e 2 serate a Londra (il 6 e 13 luglio) in Hyde Park, dove si tenne il ricordo in musica di Brian Jones a due giorni dalla sua morte.

Marinella Venegoni

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