MUSICA




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Carla Bruni e quel suo filo di voce fra ballads, blues e piccole patrie

Carlà è così, minimale. In tutto: nell’apprezzata fatica dell’esser famosa, nei tacchi bassi e nei jeans appena può, nella frangetta e nei gesti, e scusate gli zigomi imperiali. Esce il suo quarto album, «Little French Songs», inaugurato sullo scalino del palco di Sanremo con la Littizzetto, e dentro si trova quel che ci si aspetta: quel filo di voce estenuata e sexy fino allo sfinimento, dolcemente roca, da far venire i brividi agli ultimi maschi rimasti sul mercato. E fra ballate, talking blues, una cover in italiano di «Douce France» di Trenet, l’ex première dame traccia con una sicurezza ribalda il ritratto di una lady non per caso, che nel proprio immaginario preferisce sognare di essere a casa di Keith Richards e Anita Pallenberg nei ‘70, come canta nel singolo, piuttosto che sui luoghi deputati del jetset. C’è pure una «Pas un dame» che si può tradurre con un titolo alla Berté, «Non sono una signora».

La notizia bomba, ora, è che Carla Bruni, finalmente libera da impegni istituzionali, andrà in tour, in Europa per ora: alla pari dei grandi che spesso l’hanno ispirata. Quel che si attendeva con curiosità, in questo album, era soprattutto «Mon Raymond», il brano nel quale racconta il maritino Sarkozy, chiamandolo appunto Raimondo, perché di Nicolas ce n’è già uno a cura della Vartan, e non voleva fare il bis. Per l’ex presidente, per il quale Carla ha rappresentato una formidabile carta di immagine (e forse anche poi una via d’uscita dall’alto incarico), ha scelto un bluesino divertito come il ritratto che ne traccia: «Il mio Raimondo ha tutto di buono, non ha paura di attraversare il Rubicone... E’ una bomba atomica, complicato sentimentale ma tattico... E anche se porta la cravatta, il mio Raymond è un pirata».

La recensione del testo, dovrebbe essere a cura dei leaders mondiali che lo hanno frequentato: nessuno dei quali, comunque, ha mai potuto godere di tal profilo musicale professionale, tracciato fra le mura di casa. Ma altri pettegolezzi politici incombono, a proposito di «Le pinguoin», che parla di un personaggio che «Assume un’aria da sovrano... ma non ha le maniere da castellano... se un giorno incrociassi il mio cammino... Ti insegnerei a farmi il baciamano...». Si è detto che il pinguino fosse ispirata a Hollande: si sa, con Carlà si mira sempre in alto. Lei ha smentito però: «Non è nessuno in particolare, ma un intero genere di persone, gente che non può aprire la bocca senza dire qualcosa di spiacevole. Tutti abbiamo intorno tipi così che ci fan passare momenti duri».

Non solo l’estenuata versione made in Italy di «Douce France» di Trenet. Carlà ha rivisitato, mettendoci le parole, pure Chopin con il Valse in la minore opera postuma. Lieve, minimale. Come tutto il resto.

Marinella Venegoni

www.lastampa.it

Carla Bruni - Chez Keith Et Anita