MUSICA




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​​​​​​​Parliamo dei nostri gusti musicali
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MUSICA
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Alvin Lee che ispirò i chitarristi d'oggi (e Battisti che non si può festeggiare…)




Qui passano i giorni e si continua a parlare di non-vivi, per usare un eufemismo. Arrivo in ritardo e chiedo scusa, per problemi personali. Ma non posso mancare all'omaggio per Alvin Lee, la chitarra più veloce del mondo occidentale, già leader dei Ten Years After, che a soli 68 anni se n'è andato in seguito a una banale operazione chirurgica di routine, in Spagna dove viveva da tempo.

Lo avevo conosciuto negli Anni Ottanta, quando ormai girava per le lande europee da solo, malinconicamente, senza più la band lasciata nel '73, ed esibiva la propria bravura facendo suo malgrado il fenomeno per i cultori della storia del rock e i nostalgici.

Imponente, i capelli lunghi biondi, una timidezza che era duro scalfire, non solo nelle interviste ma nelle chiacchiere normali al ristorante, in quei tempi continuava a stupire con la tecnica mirabile e con "I'm Going Home", il suo hit che risuonò nel '69 lasciando stordito il popolo di Woodstock; ma sapeva anche e soprattutto far dondolare le nostre passioni al suono di un blues tormentato e genuino, e di questo gli furono tutti a lungo grati.

Non era una star, era un artigiano della musica, con una sua dirittura, una passione anche morale per quel che sapeva e amava fare. Mi confidò appunto - e ancora me ne ricordo - il proprio disagio nel fare il fenomeno, lamentava che dopo l'exploit di Woodstock lo volessero chiudere dentro la figura del virtuoso a tutti i costi, mentre quel che a lui premeva era di suonare a tutto tondo in concerti dove l'espressività complessiva avesse un proprio senso.

La diatriba, la deriva verso il pop, aveva spezzato alla fine la band, e lui si era lanciato sui palchi di mezzo mondo con il genere che gli piaceva fare, da solo.

Ora lo piangono i chitarristi che guardano la tradizione, dal vecchio Ward che confessa che Alvin Lee ispirò più di tutti i Black Sabbath, a Slash; da Satriani a Bonamassa. Trovo comunque terribile che per ricordarlo debba essere morto. Ciao Alvin. Kiss, Love&Peace.



Ma non posso chiudere senza ricordare che il giorno dopo Dalla anche Lucio Battisti avrebbe compiuto 70 anni. Non c'è mai una festa, un ricordo ufficiale, per Lucio Battisti. Neanche in una occasione così tonda. La famiglia non gradisce, anzi non vuole e insegue quelli che ci provano. Mi sembra proprio triste che non si possa celebrare quel grande che è stato. Nulla osta, invece, per il ricordo discografico: "70 volte Battisti" è un cofanetto di 4 cd che raduna praticamente tutto il suo repertorio, dal periodo Mogol a quello con Pasquale Panella. Imperdibile per chi voglia ricostruirne il profilo. E' uscito, naturalmente, per il compleanno.



Marinella Venegoni

www.lastampa.it