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L'ansia di Malika, vincitrice in pectore - Due pezzi di Sangiorgi a Sanremo


Cara Malika Ayane, la danno già vincitrice a Sanremo...

«Un po’ mi viene l’ansia, con tutto questo parlare prima ancora che io apra la bocca. Son diventata più saggia, ho perso l’arroganza giovanile. Metti che sbaglio davvero qualcosa, diventa traumatico. Andare ai festival di musica, per me, è come andare a quelli di cinema: presentare cioè le canzoni che ho preparato con più dignità possibile, indipendentemente dalla classifica finale. Si vedrà che strada sapranno fare nel tempo».

Che saggezza, che low profile.

«Sarà l’età. Ho compiuto 29 anni la settimana scorsa, e ho festeggiato provando a Sanremo. L’orchestra è stata stupenda, disponibile, mi diverto quando si divertono pure loro. Sto lavorando con Daniele Parziani, mio compagno di Conservatorio, un violinista che ti fa attorcigliare la pancia: ha una visione sinfonica che gli arrangiatori del pop non hanno».

Diplomata al Conservatorio?

«Non ancora. Ho fatto il corso di violoncello, ci sto lavorando, sto per rimettermi a giocare al barocco».

Dopo la sua eliminazione dalla terna dei finalisti, tre anni fa l’orchestra esplose in quella colorita protesta degli spartiti lanciati sul palco...

«Rimasi davvero stupita. Superato quel momento, penso di poter affrontare di tutto».

Tant’è che poi si è fatta due anni di lontananza, prima di tornare con l’album «Ricreazione», che ora sarà ristampato con dentro i due brani sanremesi di Giuliano Sangiorgi dei Negramaro.

«In realtà ho anche fatto un tour in Germania, dove non ero nessuno: se vai a suonare in un piccolo pub dove non ti conoscono e la gente si ferma ad ascoltarti, è bello».

I suoi brani di Sanremo deviano un po’ dal suo percorso stilistico. E Sangiorgi non è uno che unifichi il mondo contemporaneo del pop...

«Quando Giuliano mi ha mandato "Niente", per piano e voce, ero in California, ho pensato subito a come smontarla e rimontarla. Mi interessava che le canzoni avessero un grande contenuto emotivo, che potesse arrivare a più gente possibile. "Niente" mi ha colpita perché parla di nichilismo, è più difficile da cantare, mi son concentrata sull’arrangiamento, ho scelto il pianoforte come elemento ritmico. Chi non ama Giuliano quest’anno mi odierà, dirà che "E se poi" è troppo Negramaro. Ormai sono tutti critici. Di base mi piace tanto il suo modo di scrivere, ha una sensibilità che riesce a leggere la mia: mi aveva scritto "Come foglie" del mio primo Sanremo».

Francesco De Gregori, artista complicato, l’ha chiamata a cantare nel suo ultimo album.

«Che emozione. Mi ricordavo di aver piagnucolato da adolescente su "Pezzi di vetro", e glielo avevo già detto quando l’ho conosciuto, nella modalità fan. Sono dunque andata in questo studiolo di Roma, ed è stato surreale fare l’ospite di De Gregori in un disco dove non ci sono ospiti. A vedere come fanno gli altri si impara sempre: non importa quanti anni hai, le difficoltà ci sono sempre, serve fiducia in chi lavora con te e credere in quello che fai. Ho visto che ha lo stesso entusiasmo dei giovanissimi al primo disco, l’ho ascoltato esporre i suoi dubbi ai musicisti, non me lo aspettavo..».

Com’è il rapporto con Caterina Caselli, la sua discografica?

«E’ fonte di consigli, ha lunga esperienza e una quantità di aneddoti che io mai potrò racimolare, alimenta la voglia di fare cose nuove, mi fa diventare felice e propositiva. Si è fatta tutte le prove con noi, dove ci ci son discografici giovani che arrivano e non sanno intervenire».

Ma questo Sanremo così tanto preelettorale?

«Magari ci si concentrerà di più sulle canzoni. Io faccio così, e spero lo facciano anche gli altri».

Cosa canterà e con chi, nella serata dei duetti?

«Sarò da sola con i due ballerini del video di "Tre cose", canto "Che cosa hai messo nel caffé" di Riccardo del Turco con un arrangiamento divertentissimo. Avevo il 45 giri recuperato in sof fi tta, nella versione di Antoine e mi faceva ridere il suo accento».

La sua bimba?

«Ha ormai 8 anni, si chiama Mia. A Sanremo con me? No, sta a casa perché c’è la scuola e poi si annoierebbe. Sa cos’è il Festival, se lo ricorda perché al mio primo era venuta. Aveva 4 anni ed è stato un incubo, perché la sera mi vedeva in tv e mi voleva invece con lei».


Marinella Venegoni

www.lastampa.it