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Sanremo 2013: l'ascolto delle canzoni

Sanremo 2013: l'ascolto delle canzoni

Sarà un Festival di Sanremo “alto”, non solo nei nomi, ma anche nelle canzoni. Oggi la stampa è stata radunata nelle sede della Rai per un ascolto complessivo dei brani in gara dei 14 "Campioni". Non che prima i giornalisti non le ascoltassero in anteprima, ma bisognava fare il giro delle sette chiese (le case discografiche) e poi mettere assieme le informazioni raccolte.
Ascoltarle tutte assieme è un’altra cosa: una scelta voluta, ha spiegato Fabio Fazio, presente in sala (un Auditorium della sede milanese della Rai). Quest’anno, come noto, le eliminazioni avverranno tra le canzoni e non tra gli artisti; la sala stampa dell’Ariston peserà per il 50% nella scelta tra le due canzoni di ogni artista, e ci si aspetta un voto “ragionato”, meno emotivo di quello del pubblico.
Ad onor di cronaca, a Rockol evitiamo quasi sempre il giro delle sette chiese discografiche: siamo convinti che le canzoni andrebbero ascoltate direttamente sul palco dell’Ariston. Lì hanno tutta un’altra dimensione e un altro effetto rispetto alle versioni di studio - peraltro quelle che abbiamo ascoltato, in alcuni casi erano versioni neanche definitive, perché molti artisti stanno ancora ultimando mixaggi e masterizzazioni se non addirittura le registrazioni stesse.
Ma l’iniziativa della RAI è assolutamente meritoria, perché permette di farsi un’idea ragionata di quello che musicalmente succederà al Festival.
Un taglio “alto”, dicevamo - ammesso che abbia ancora senso parlare di “alto” e “basso”: canzoni che spesso sono ballatone molto classiche, ma con poche, pochissime concessioni al nazional popolare e diverse scelte coraggiose.
La tendenza “conservatrice” è semmai evidente nel meccanismo innescato dal dover portare due brani: la maggior parte degli artisti ha scelto l’ecumenismo, con una ballata e un pezzo ritmato. In alcuni casi è evidente fin da subito la vittima designata, in altri i giochi sono più aperti. Ma andranno ri-sentite sul palco, lo ripetiamo. Sia quel che sia, ecco le nostre prime impressioni canzone per canzone.


Almamegretta
"Mamma non lo sa": (Della Volpe/Polcare/Tesone) Dub, ritmi in levare, elettronica, la voce sporca di Raiz: c’è tutto ciò che ha fatto amare questa band. Completamente fuori luogo per il Festival, e per questo perfetta.
"Onda che vai" (Federico e Domenico Zampaglione): Sempre ritmata, con ritmiche trip-hop su una melodia molto aperta e mediterranea. Stupisce di meno, rispetto allo spettacolo di “Mamma non lo sa”.
Impressioni: Un giusto riconoscimento all’importanza di questa band. Una canzone bellissima e coraggiosa, una un po’ meno rischiosa.

Annalisa Scarrone
“Non so ballare" (Ermal Meta): Canzone che parte con una coloritura elettronica per poi diventare una ballata molto classica (anche nel testo: “Io non so ballare/ma riesco a sentire/farfalle danzare in me”), costruita per mettere in luce la bella voce e l'ottima interpretazione.
"Scintille" (Dario Galbiati/ Antonio Faini): Fiati e ritmi jazzati per una canzone apparentemente più “vintage”, ma anche questa molto tradizionale nella linea melodica.
Impressioni: Due brani molto diversi, per esaltare le diverse sfumature della voce. Meglio la seconda, più “diversa”.


Malika Ayane
“Niente” (Giuliano Sangiorgi): Canzone classica, ballata d’amore basata su rime, con crescendo finale: si sente la penna di Sangiorgi, anzi in un paio di passaggi è inevitabile immaginarla cantata dalla sua voce.
“E se poi” (Giuliano Sangiorgi): Più ritmata, anche qua con una presenza riconoscibile della scrittura di Sangiorgi e una presenza più importante degli archi e dell’orchestra.
Impressioni: Due facce della stessa medaglia, molto segnate dalla forte personalità autoriale di Sangiorgi.

Chiara Galiazzo
"L'esperienza dell'amore" (Federico e Domenico Zampaglione): Una ballata classica, con qualche coloritura elettronica nella ritmica. Come per la prima di Annalisa, anche questa è fatta per permettere alla cantante di “X factor” di aprire la voce. E che voce... Qua la scrittura è notevole, come l’arrangiamento: bravo Zampaglione a trovare la quadratura tra canzone italiana e le sfumature “anglosassoni" dell'interpretazione di Chiara.
"Il futuro che sarà" (Francesco Bianconi/Luca Chiaravalli/Lisette Gonzalez-Alea): Un tango sporcato dall’elettronica che ricorda un po’ i Gotan Project, fino all’apertura, che trasforma la canzone in una melodia più classica, che permette alla voce di aprirsi di nuovo. Una canzone più coraggiosa.
Impressioni: Chiara può cantare l’elenco del telefono. Quando poi viene dotata di ottime canzoni...

Simone Cristicchi
"Mi manchi" (Cristicchi)/Di Salvo/Pacco): Una canzone basata su immagini inusuali di mancanza (“Come una penna ad un notaio”, “A una suora il suo rosario”). Una melodia molto semplice e diretta, fatta per esaltare le parole più che la voce.
"La prima volta (che sono morto)" (Simone Cristicchi): canzone pù ritmata, che ricorda (è un paradosso, visto che è rivale in gara) Daniele Silvestri. Un bel testo narrativo, da seguire con attenzione per apprezzare appieno la canzone.
Impressioni: Coraggiosa importanza alla parola, più che alla voce o alla melodia.


Elio e le Storie Tese
"Dannati forever" (Elio e le Storie Tese). Onanisti, comunisti, sodomiti, giornalisti... Gli Elii sono in buona compagnia nel loro inferno: una canzone “mid tempo”, costruita magistralmente, ma tutto sommato molto classica.
"La canzone mononota" (Elio e le Storie Tese): si apre come una ballatona iper-classica, voce, piano e archi, poi diventa un’esibizione delle capacità compositive degli Elii. La canzone è “Mononota” (non “monotona”): tutta basata sulla stessa nota cantata: un do ripetuto all’infinito, con continui cambi di accordi, voci, argomenti. Pirotecnica.
Impressioni: gli Elii che stupiscono si vedono soprattutto nella seconda. Virtuosismo puro, pure troppo...

Max Gazzé
"Sotto casa" (F. Gazzé/M. Gazzé/De Beniddittis): le acrobazie verbali e melodiche di Gazzé si ritrovano in questa canzone riconoscibilissima eppure non scontata. Una conferma della bravura di Gazzé, con un testo che inneggia al dialogo (con riferimenti religiosi che potrebbero far discutere).
"I tuoi maledettissimi impegni" (F. Gazzé/M. Gazzé/Buzzanca): anche questa riconoscibilissima, eppure diversa, più alla Battiato (da sempre uno dei punti di riferimento di Gazzé). Più semplice nella costruzione diretta, e anche questa molto ritmata.
Impressioni: uno dei pochi a presentarsi con due canzoni veloci; anche solo per questo merita tutto il rispetto che già gli si deve.

Raphael Gualazzi
“Sai” (Gualazzi): Si apre piano e voce (inevitabilmente), poi entra l’orchestra che prende il sopravvento con un’apertura importante, per poi tornare sul piano. Una ballatona ad effetto, con venature da soul d’annata e un testo che indugia in un linguaggio forbito (“Volute velleità”, “Accidia immemore”).
“Senza ritegno” (Gualazzi): Parte ritmata ma il brano, a differenza dell’altro, mette più in luce il piano che la voce. Divertente, ma meno d’effetto di “Sai” - passerà quella, c’è da scommetterci.
Impressioni: Gualazzi, da questi brani, continua a giocare tra tradizione vintage anglosassone e canzone italiana.

Marta sui Tubi
"Dispari" (Marta sui Tubi): rock acustico nella struttura e nell’aggressività del cantato e della ritmica. Che bello sarà sentire declamato il nome dei Sonic Youth e dei Motorpsycho (citati nel testo) sul palco dell’Ariston...
"Vorrei" (Marta sui Tubi): Altra canzone originale per l’uso degli archi e della ritmica, almeno rispetto agli standard del Festival.
Impressioni: Outsider con (belle) canzoni da outsider, sono i candidati numero uno al Premio della Critica.

Marco Mengoni
"L'essenziale" (Roberto Casalino): Un’altra ballata molto, molto classica. Piano, chitarra e archi che entrano in ordine, per sostenere la voce di Mengoni. Al primo ascolto non impressiona.
"Bellissimo" (Gianna Nannini/Pacifico): canzone ritmata, musicalmente e vocalmente: mette meglio in evidenza la doti della voce di Mengoni: pop di alta qualità. Che sia la canzone che è mancata a Mengoni?
Impressioni: la voce è sempre bellissima, meglio quando è meno “tradizionale” e più personale (deve ringraziare, e tanto, la Nannini per il pezzo).

Modà
"Come l'acqua dentro il mare" (Francesco Silvestre): Una ballata basata su un arpeggio di chitarra acustica a 12 corde, con improvvise aperture e vocalizzi “alla Modà”. Canzone dedicata al figlio, neoromanticismo allo stato puro (“Ricorda che l’amore a volte può far male/ma del mio non ti devi preoccupare").
"Se si potesse non morire" (di Modà): Canzone speculare alla prima, ma basata su un arpeggio di piano. Ne è la logica prosecuzione, in termini di pathos e temi (“E poi ti immagini se invece si potesse non morire e se le stelle si vedessero col sole”).
Impressioni: Giocano per vincere: è la versione odierna del rock nazionalpopolare (ed è tutt’altro che una cosa negativa, se piace il genere).

Simona Molinari e Peter Cincotti
"Dr. Jekyll and Mr. Hide" (Lelio Luttazzi) Suoni retrò (tromba con la sordina e piano, ritmi swingati) per un brano divertente e retrò, con Cincotti a supportare la bella voce della Molinari. Cincotti canta bene in italiano, ma quanto canta in inglese mette una marcia in più al brano.
"La felicità" (Molinari/Vultaggio/Cincotti/Avarello): Altro brano ritmato, contemporaneamente retrò nei riferimenti e contemporaneo nei suoni. Un po’ meno divertente, un po’ più malinconico, con la voce di Cincotti meno presente.
Impressioni: tra i pochi a presentare due brani ritmati, entrambi divertenti e originali. Una bella sorpresa (ma solo per chi non la conosceva già): altra seria candidata al Premio della Critica

Maria Nazionale:
"Quando non parlo" (Enzo Gragnaniello): una canzone “meditteranea” nella ritmica, nella melodia e nella strumentazione (si sente un bouzouki), con una voce che rimanda immediatamente a Napoli.
"E' colpa mia" (di Fausto Mesolella e Beppe Servillo): Voce, piano, napoletanità allo stato puro, nelle parole e nell’uso della voce, molto più che nell’altra canzone. Scritta dagli Avion Travel ma non si direbbe.
Impressioni: La versione “alta” della canzone neomelodica. Sembrava sulla carta il nome più debole dei campioni, e lo è.

Daniele Silvestri
"A bocca chiusa" (di Daniele Silvestri): ascoltata in una versione piano e voce, una canzone delicata nella musica e ma forte nelle parole, che parla di scioperi e del manifestare. Ci si augura che rimanga così essenziale anche sul palco dell’Ariston.
"Il bisogno di te" (di Daniele Silvestri): Una canzone alla Silvestri, ritmata e divertente nella musica e nel testo (ma solo apparentemente: racconta un amore ossessivo). Ricorda un po’ “Salirò” nella costruzione metrica. Sarà interessante da sentire nella versione con orchestra.
Impressioni: le due anime di Silvestri, quella politica/riflessiva e quella più scanzonata, con la classe di sempre.

www.rockol.it