MUSICA




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Con i Coldplay pop pirotecnico: Martin bravo, bello e tricolore

L'unico concerto italiano a Torino si è chiuso con il leader avvolto nella nostra bandiera

A parte le foie di qualche mammouth come Dylan o Springsteen o De Gregori o lo stesso Battiato, che si ostinano a far musica con gli strumenti e quattro luci, i concerti fanno per lo più parte del passato. Ora gli eventi di massa del pop sono giostre scintillanti per sogni musicati: si arricchiscono di nuovi ingredienti per trovare ulteriori spazi di immaginazione ai nostri cervelli viziati da mille stimoli.
Non sarà un caso che il passo avanti avvenga con gli inglesi Coldplay, band nata alla fama da stadio quasi a tavolino, grazie a una somma di ingredienti che rendono gustoso il beverone: buone canzoni strappacuore da cantare prima di tutto, sound non originale ma serrato e ben confezionato, che echeggia ciò che di meglio ha offerto il mercato nell'ultimo ventennio, predisposizione naturale infine a stare su tabloid e siti gossip grazie al leader Chris Martin che certo ne farebbe a meno ma, oltre a cantare ispirato e in un buon falsetto, è troppo carino, buono e ben sposato (alla Paltrow va la dedica di «Us Against the world»).
Ciò che i Coldplay stanno tentando di offrire nel tour di «Mylo Xyloto», arrivato ieri sera allo stadio Olimpico di Torino, davanti e quarantamila fans da tutta Italia per l'unica data italiana, è un'esperienza sensoriale a tutto tondo, che travalichi il semplice utilizzo emotivo dell'ascolto delle canzoni (di fatto ormai uno dei tanti elementi dello show) per dare allo spettatore un'idea più complessa e se vogliamo manipolativa, di essere cioè parte attiva in un meraviglioso gioco che dura un paio d'ore.
Il sogno di tutti, in fondo, è sempre stato di essere «a part of it», come cantava Frank Sinatra in «New York New York»: e qui ciò esplicitamente si proclama e si offre, da parte dei protagonisti. Lo strumento sono varie magìe, soprattutto 40 mila braccialetti distribuiti al pubblico che, con i led accesi quando si decide a far notte, danno un'idea di collettività partecipata in una visione che resterà nell'immaginario al ritorno a casa.
Il vate del presunto pensiero collettivo è di lassù l'ottimo performer Chris Martin, che mentre il mondo si scanna nel grande e nel piccolo, canta l'unità almeno in uno stadio. Mission impossible, buona magari per una sera. E', comunque, uno spettacolone che non bada a spese, pirotecnico, perfetto, con lunghe passerelle profilate di luci colorate. I cinque cerchi olimpici che fanno da portaschermi ricordano al mondo che i Coldplay sono orgogliosamente british.
Essi reggono bene la teoria e la pratica: un palcone, un palchetto e un palchettino per il set acustico; e poi tanti fuochi d'artificio fin dalla partenza con Mylo Xyloto, e poi nel finale, da stroncare ogni ricordo di Robbie Williams e dei Rolling Stones. E poi graffiti, luci, laser, girandole, palloni volanti tra la folla sono l'ovvio corredo di questa corsa cieca in avanti verso la conquista di un regno di cartapesta le cui azioni valgono più della Grecia.
Una gaffe, è il video con Rihanna sullo schermo durante «Princess of China», il pezzo più cheap di «Mylo Xyloto» che finisce per farci riflettere sulla disponibilità ai compromessi. E qualcuno bisogna pur accettarlo: ma la musica dei Coldplay è degna, rassicurante: attraverso gli album della loro non più breve storia osa squarci di rock, mostra le loro buona capacità tecniche, in una sarabanda di cui si ricorderanno però soprattutto le luci. Il che non è proprio una consolazione per un gruppo che ambisca a diventare la next big thing. Ma i tempi sono quelli. Tocca adattarsi, e avere uno stomaco forte. Trionfo.


Marinella Venegoni

www.lastampa.it

Coldplay - "Clocks" Live - Torino

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