MUSICA




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​​​​​​​Parliamo dei nostri gusti musicali
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"L'Altra Autobiografia" (prima parte) – di Vasco Rossi - (prima parte)

"L'Altra Autobiografia" (prima parte) – di Vasco Rossi - (prima parte)
(da Facebook)



E’ vero che, almeno in teoria, gli artisti non entrano mai realmente in competizione tra loro, per la semplice ragione che la creazione artistica, per definizione, è la risultante di un profondo e tumultuoso processo interiore, personale, sofferto, intimo, in grado quindi di generare, ogni volta, qualcosa di esclusivo e di unico nel suo genere: qualcosa di non confrontabile, logicamente.

E’ vero anche, infatti, che la competizione, gli artisti, la vivono più che altro nei confronti di loro stessi: nel tentativo di superarsi continuamente crescendo, cambiando, maturando… e tentando ogni volta di rinnovare (o addirittura di migliorare) gli ultimi livelli raggiunti.


Tra noi cantautori e cantanti italiani, in effetti, c’è una certo rapporto di familiarità: ci conosciamo tutti (almeno di vista), e siamo pure consapevoli di condividere in qualche modo un mestiere, uno stato sociale, un ruolo pubblico, un posto nell’immaginario collettivo… ed un certo successo, di solito. Quindi possiamo sentirci abbastanza simili. E ci sentiamo certo più tranquilli uno di fronte all’altro, e forse anche più a nostro agio, senza quel senso di tensione e senza quell’atmosfera di eccitazione che abbiamo quando invece ci ritroviamo negli alberghi o per le strade circondati o inseguiti, o a volte addirittura proprio assaliti, da ammiratori o da semplici curiosi sconosciuti… che sono spesso anche un po’ troppo… agitati.


Questo però è l’aspetto superficiale, l’apparenza, quello che si può intravedere attraverso la nebbia di questo buonismo, oggi tanto diffuso nell’aria della nostra musica italiana, che dice: “Siamo tutti amici, siamo tutti buoni e ci vogliamo tutti bene!”.

Eh sì…!

Se si va a guardare oltre, invece, se si alza il velo del politicamente corretto, ci sono poi le simpatie varie e le emozioni vive, le empatie autentiche, ma anche le profonde divisioni, le antipatie istintive… ed infine le competizioni vere e proprie.


Eh… Cosa fai, allora, quando incontri un cantante che consideri un perfetto imbecille per le cose che canta? Quando ti trovi di fianco ad uno che, secondo te, dovrebbe andare a zappare la terra, piuttosto che continuare a frignare stupide canzoni che sono tutte la stessa lagna? Canzoni lagnose che non sopporti, ma non glielo puoi dire certo in faccia. Allora lo guardi solo negli occhi, ma in un certo modo provocatorio ed inequivocabile, aspettando (e sperando!) che abbia almeno una qualsiasi reazione visibile, che dica anche soltanto una parola, per poter scatenare una battaglia dialettica, per fargli qualche battuta cattiva ma sincera, qualche critica impietosa ma oggettiva. Quando incontri un Baglioni, insomma, che per te impersona… che per te è l’emblema… delle musichette da sala d’attesa… Con testi che non raggiungono neanche il livello dei peggiori discorsi sul più e sul meno, infarciti dei soliti luoghi comuni, come quelli che si fanno per ammazzare il tempo quando si sta in fila alle Poste o che fanno tra loro le signore dal parrucchiere durante una messa in piega… Lo hai conosciuto agli inizi della sua carriera, quando sembrava la brutta copia di Battisti. Certo… “la tua maglietta fina”… in confronto alle “scarpette rosse”… “Passerotto non andare via”… rispetto a “Dieci ragazze per me”…! O “La mia canzone per Maria”, “La vita è adesso” in confronto a “Emozioni”… Eh, insomma! …Impallidivano un po’! Sarà forse per questo che lo hai preso subito in antipatia…


(Mi ricordo che il periodo in cui lui cantava “Passerotto non andar via”… io avevo diciannove anni e scorrazzavo con la mia Honda 750… senza nemmeno sognarmi di poter mai chiamare una donna in un modo così stupido e ridicolo).


E cosa vuoi fare, dicevo, quando ti ritrovi seduto di fianco ad un tal Wolfang Amadeus Minghi ( il soprannome è mio) che sembra talmente soddisfatto di sé e delle sue canzoni tristi e lagnose…? Che poi, queste sue lagne, lui le fa sempre in tonalità minore… che ti fa scendere giù per le sue scale melodiche sempre di più e, alla fine della torturante atmosfera di triste malinconia, ti risolleva finalmente (anche perché più giù non poteva proprio più andare) con un compiaciuto e soddisfatto…. “La vita mia!” ….In MAGGIORE!! E nel momento in cui lo senti cantare quest’ultima egocentrica e superba frase, lo vedi anche alzare il viso ed assumere un’espressione da imperatore… Be’, allora può venirti proprio voglia di smontarlo un po’, di dirgli che la sua aria da fenomeno musicale e il suo modo di tirarsela ti fanno pena, che sono solo un triste squallore, il risultato di una presunzione eccessiva che ha perso ogni contatto con la realtà, quella vera. E sì… E alla fine glielo dici pure! E lui non fa una piega, resta sordo ed isolato nel suo mondo fatto di favole e di preghiere. Così tu ti allontani, e vai a sederti in mezzo ai Litfiba. Allora, magari, ti ritrovi di fianco a Pelu’… e lo osservi un attimo. E pensi che ancora non hai capito se canta per scherzo e fa del rock per caso, o se in fondo si diverte soltanto… per sesso! Certo non hai ancora capito nemmeno un suo testo. Tutti quegli ululati poco funzionali e tutte quelle gratuite distorsioni vocali continue, che sottomettono il significato delle parole al solo fine dello spettacolo e della recitazione, sono tanto lontani dalla tua concezione di “canzone” e di “musica rock” che finisce che uno come lui, poi… ti sembra un UFO.


Poi ci sono quelli che non hanno niente da dire, quelli che non sanno comunicare, e poi anche quelli che ammiri e apprezzi. Solitamente finisci per star con questi ultimi, è naturale, è logico.


Ogni tanto può capitarti d’incontrare il giovane talento un po’ sbruffone che ti vuole sfidare, e quindi che devi un po’ “domare”, come Grignani, nei primi tempi. Ma c’è anche chi, come Zucchero, si mette a competere con te a suon di dischi pieni di splendide ed orecchiabili… e travolgenti musiche, complete di arrangiamenti davvero ben confezionati. C’è sempre qualcuno che ti ritrovi regolarmente avanti nelle classifiche, e che raccoglie sempre un po’ più di pubblico di te nei concerti… e che vorresti strozzare!


Ad un certo punto, mi ricordo, arrivò pure il “Baglioni da stadio”, che regolarmente ti batteva negli incassi per un pelo. E volava sulle ali dell’affetto della gente mentre ….avesse avuto la tua reputazione!! Finché il divino Claudio commise un grave errore…


Amnesty international organizzava un festival rock coi miti internazionali. Io avevo offerto la mia disponibilità a partecipare, come rappresentante italiano, e la cosa pareva stesse andando in porto, quando Baglioni scese dal Cielo e offrì Sua disponibilità. Così Blasco Rossi , lo scomodo e imbarazzante personaggio, fu immediatamente messo da parte, per poi essere escluso: venne accolta invece a braccia aperte la notizia della Sua partecipazione. Stampa e critica italiane spalancarono subito le porte al beniamino delle italiche mamme, al punto di riferimento delle spose giovani e bianche, all’ottimo esempio per tutte le brave ragazze, al supporto nazionale per i discorsi sul tempo che si devono fare per forza durante l’attesa alle Poste o dal parrucchiere.

Effettivamente, lui era la perfetta rappresentazione dell’ ideale del bravo ragazzo: pulito, bello e sano. L’unico problema, pensavo io, era che lui che non c’entrava niente con i gruppi rock feroci come quelli di Springsteen ed altri. Ma lui, completamente in preda a se stesso, lui non c’ha mica pensato! E così, quando fece la sua apparizione su quel palco, venne massacrato da un pubblico che non lo riconosceva, che non lo voleva, che non lo stimava e che non lo apprezzava. Il pubblico si espresse a suon di lanci di bottiglie, di lattine e di insulti (cosa che a lui non era mai capitata); lui fu costretto a fuggire dal palco, e la cosa lo scioccò a tal punto che sparì per anni dalla circolazione. Povero lui, abituato da sempre a esibirsi solo davanti a persone che già lo adoravano per le sue canzoni; povero lui, che aveva sempre conosciuto soltanto l’esperienza di salire su un palco per accontentare e soddisfare un pubblico già conquistato, che già lo stava aspettando, a cui bastava anche solo vederlo da vicino per acclamarlo…

Da quella volta, non si esibì più dal vivo per oltre dieci anni. Ricominciò timidamente dal balcone di casa sua con un concerto per il suo vecchio cortile…! Poi ne fece uno su un camion, ed infine riprese il coraggio di riaffrontare il pubblico in un Palasport.

Non posso dire di avere sofferto per lui. Anzi, parliamoci chiaro: fui contento che la sua arroganza e il suo delirio di onnipotenza fossero stati ridimensionati in quel modo.

Io ne avevo presi, di schiaffi, nei miei primi anni di concerti...! Soprattutto in quelle centinaia di esibizioni che ho fatto in manifestazioni e fiere dove la gente non stava lì appositamente per me. E per me non era facile convincere, ogni sera, un pubblico che all’inizio si mostrava decisamente freddo e spesso addirittura ostile… per poi riuscire a farlo divertire e a farlo emozionare. Per lunghi anni io ho ricevuto insulti e sarcastici commenti. Molti miei concerti sono stati delle guerre…

E poi ero io il rappresentante più azzeccato per quel festival! Solo la mia reputazione di soggetto impresentabile, di personaggio fuori dalle regole, mi aveva fatto escludere.

Comunque io sarei sopravvissuto anche a questo, mentre Baglioni, intanto, era subito corso a nascondersi sotto il letto.

Già sapevo allora che, da quel momento in poi, non avrei avuto più rivali nei concerti dal vivo. Infatti, la mia esperienza e tutti gli anni di gavetta, su tutti i tipi di palco, di fronte ad ogni tipo di pubblico, mi fecero diventare presto una realtà unica nel panorama musicale italiano. Nessuno ha dovuto imparare quanto me a sedurre la gente mettendo l’anima nel comporre le canzoni e nel cantarle. E in quell’epoca nessuno era bravo come me, nel farlo: ero diventato “un incantatore di serpenti”!


NEGLI anni ‘90 lo spettacolo divenne sempre più coinvolgente e trascinante.

Le canzoni erano ormai penetrate nel cuore della gente, che finalmente le ascoltava senza pregiudizi, e che si commuoveva con me, gioiva con me, si esaltava con me. In pratica, la gente cominciava a riconoscere dentro di sé le stesse emozioni, le stesse delusioni, sofferenze ed esaltazioni che raccontavo io nelle mie canzoni. Stupefatti e consolati dal sentire un pazzo che, dal suo palco, confessava le proprie debolezze senza vergogna, che riconosceva i propri errori ed era capace di riderci sopra… le persone cominciavano a sentirsi meno sole nelle loro inconfessate sofferenze… E questo le faceva sentire più sicure, più tranquille …e più serene. Uno dei messaggi di fondo di tutte le mie canzoni è “Non siamo perfetti”: lo si deve accettare, riconoscere, ricordare, tenere presente… e quindi poi saper perdonare, lasciar correre! Dire anche “Chi se ne frega”. Siamo solo noi quelli che sbagliano e “buttano via la loro vita”, secondo voi, perché facciamo tardi la notte: ma andate a farvi fottere, voi e i vostri (pre)giudizi! Vogliamo una vita spericolata, e non rispettiamo più i vostri falsi valori. Per il momento ci stordiamo un po’, poi affronteremo il mondo e i suoi problemi. Siamo noi, siamo noi che dovremo andare avanti. Non accettiamo più lezioni da persone e da istituzioni che non possiamo più rispettare, perché le abbiamo viste troppe volte tradire, mentire e vendersi. E rubare…! Rubare anche il nostro futuro, fottendosene di noi.


E poi… Tante emozioni… condivise all’unisono… attraverso canzoni che rievocavano amori, passioni, gioie e delusioni in modo semplice e spontaneo, senza la minima ombra di dubbio che non siano nate da sole, senza alcuna volontà di sedurre, compiacere o farsi ammirare…. Le mie canzoni…! Sempre più libere di essere come vogliono, come volevano allora e come vorranno sempre. La mia assidua ricerca stilistica della sintesi… che mi ha sempre portato a saltare volontariamente alcuni passaggi lasciando così all’immaginazione il compito di riempirli. E l’immaginazione è un mezzo che può raggiungere vette e profondità… insondabili.


Io, nella mia vita, mi sono sempre, continuamente e solamente, dedicato a questa straordinaria avventura del cantare… E sono ormai tranquillo, consapevole di non aver più niente da dimostrare o da perdere… E quindi sono sempre più sfrontato nell’azzardare, nello sperimentare, nel giocare e nel rischiare tutto, ogni volta.

Tanto che, ad un certo punto, ho pensato che la più grande trasgressione, dopo quelle degli anni ottanta, soprattutto per una Rockstar, fosse quella di costruire una famiglia, di abbandonare il comodo Stupido Hotel.


E se oggi riesco ancora a portare avanti un tale coinvolgente progetto e, contemporaneamente, a continuare l’avventura di VascoRossi, allora significa che sto vivendo (e, per ora, vincendo!) una bella sfida. La sfida più spericolata che esista in questa vita precaria moderna: il progetto famiglia, che mi è costato sacrifici enormi, ma mi ha fatto vivere un’esperienza straordinaria, e mi ha dato tante soddisfazioni. La nascita di un figlio mi ha regalato una nuova visione del mondo, e così io mi sono guadagnato un riposizionamento della mia esistenza su un piano molto più sano e realistico: non sono più un artista eccentrico e di successo al centro dell’universo, ma mi sono elevato fino a diventare un uomo come tanti, pronto a sacrificare la propria vita per quella di qualcun altro, per quella di un figlio, e senza alcuna paura o indecisione di sorta.



(continua)

"L'Altra Autobiografia" di Vasco Rossi - (seconda parte)

"L'Altra Autobiografia" di Vasco Rossi - (seconda parte)

Poi arrivò la scommessa di Sansiro. Nessun italiano aveva mai avuto il coraggio di affrontarlo. Noi potevamo al massimo aspirare alle grandi balere palasport. Gli stadi erano per gli stranieri solennemente accolti da stampa esterofila come veri e propri DEI scesi dal cielo . era una consuetudine affermata da anni. Da sempre. Arrivava un bob Marley per una data unica e riempiva SanSiro. Bruce Springsteen e alla gente non sembrava vero di vederlo dal vivo. non solo miti ma veri e proprie divinità .


Rovelli mio manager milanese gestore di mitici locali rock come il Rolling Stones Prenotò lo stadio di san siro con quel pizzico di incoscienza e sfida che solo lui poteva avere. Sufficientemente pazzo da credere in me dal primo momento che mi aveva visto In realtà sapeva fare il suo mestiere. Conosceva la sua città sapeva dell’amore di milanesi per quel pazzo della vita spericolata delle sensazioni forti e del concetto dionisiaco della vita. Che non considerava un crimine usare sostanze stupefacenti e non ne faceva mistero. Che considerava lo sballo una valvola di sfogo come andare a vedere una partita di pallone.

Che non ci vedeva niente di male ad usare, Non abusare di sostanze illegali. E che se ne stava ben lontano dall’eroina perché le droghe lui le usava per andare più forte per scrivere e lavorare di più per non dormire mai…

Bene arrivarono in settata mila a festeggiare il rock italiano e qualche giorno dopo madonna fece un mezzo flop.

Improvvisamente il mondo si capovolse. Avvenne una epocale inversione di tendenza. “Vasco ha ucciso madonna” titolò il corriere della sera decretando la fine dello strapotere degli dei stranieri.

Per me che avevo cominciato dieci anni prima nelle balere e nemmeno mi sognavo di veder un giorno più di venti mila persone… non mi sembrava vero di aver infranto quell’invalicabile muro. e di avere portato la musica italiana dove meritava di stare. Di aver distrutto con la credibilità conquistata in anni di coerente lavoro addirittura la strapotenza degli Dei dell’olimpo mondiale.


Me ne vado ad affrontare gli anni novanta pensando a cosa ca zzo potrò dire ancora di nuovo. Quando la rabbia di dover assistere allo spettacolo dell’arroganza dell’intelligenza fare a pezzi in televisione in vere e proprie risse verbali poveri indifesi. Con negli occhi ancora la spudoratezza socialista di considerare la questione morale una cosa da rimandare, farsi finanziare, con miliardi di soldi neri da industriali, tellevisionari , che senza alcun trasparenza versavano fiumi di enaro nelle casse (nei conti svizzeri) del partito. Un signore di nome craxi certo uno con le palle vivere all’ultimo piano di un albergo a roma come una specie di principe con una manciata di voti diventare ago della bilancia e conquistare il potere e regalare televisioni (canali televisivi) ad amanti, permettere ai suoi di fare neanche troppo nascostamente affari sfruttando le posizioni di potere. Insomma tutta questa bella situazione mi ispira una canzone veramente incazzata. Gli spari sopra.


E torno in ballo. Rifaccio Sansiro. Un altro successo. Locale strapieno. Sono il re degli stadi. Finalmente comincio a ricevere quello che mi spetta


Nel 95 la guerra nei Balcani è scoppiata. Sarajevo è assediata. Da mesi nessuno esce nessuno entra. ci viene una idea pazzesca. progettiamo una pericolosa spedizione per fare uscire dalla città assediata un gruppo rock “i Sikter” e un gruppo teatrale. Li portiamo in Italia li ospitiamo e li togliamo dall’inferno.

POI realizziamo uno spettacolo a San Siro col titolo carico di significato “Rock Sotto l’assedio” in segno di solidarietà nei confronti di una popolazione che soffre spezzando idealmente l’assedio alla città riunendo con il rock -La prima cosa che mi viene in mente è di cominciare il concerto con “Generale” il capolavoro di Degregori. A metà presento i Sikter gruppo rock di Sarajevo al mio straripante pubblico che li accoglie con entusiasmo.

Dopo una toccante performance del gruppo teatrale durante “vivere” finisco lo spettacolo con la solita Albachiara.

Soddisfatto e felice vado a cercare di dormire


Nel pomeriggio avevo presentato in una conferenza stampa tutta l’idea e il progetto spiegando significati e gesto di solidarietà.

Una giornalista di novella duemila che conosco da anni e si diverte a volte a provocarmi chiede improvvisamente. Ma l’incasso? È devoluto in beneficenza? Una domanda talmente inattesa e fuori luogo che mi lascia senza parole. Avevo spiegato si trattava di un gesto di solidarietà. Non di un concerto di beneficenza. Non ci avevamo neppure pensato. Certo dopo una domanda così tutta l’operazione sembrava quasi una speculazione. C azzo un grande comunicatore come Montezemolo avrebbe immediatamente risposto

È chiaro che una parte dell’incasso sarà devoluto alla croce rossa alla croce bianca e sarà utilizzato per pagare le spese di mantenimento del gruppo qui a Milano. e ne diamo un po’ anche a te troia di una fetente testa di ca zzo.

Ma io NON sono Montezemolo e non ho avuto quella presenza di spirito.

Ho ripetuto che il concerto era un gesto di solidarietà e alla beneficenza non avevamo pensato ma che avremmo certo a questo punto fatto qualcosa in questo senso.


L’evento straordinario fu un evento straordinario. Io cantai “Generale” con una passione e una intensità incredibili. I Sikter conquistarono con il loro rock crudo violento ed essenziale il pubblico. Ma un giornale il giorno dopo titolò

“Rock Sotto L’assegno”


e questo mi ferì profondamente.



Stavo avviandomi verso la seconda metà degli anni novanta quando un problema cominciò a farsi sentire. Io non suonavo più la chitarra. Da anni. In casa con Luca piccolo non mi veniva nemmeno in mente di prenderla in mano Non scrivevo più canzoni.

Non c’era più la condizione necessaria. Assenza di orari….o meglio assenza di tempo…situazione di non tempo che scorre ma tempo che non scorre ma è sempre un presente senza orari limiti o motivi. Un tempo vuoto che sei libero di riempire senza pensare a riempirlo ma cazzeggiando magari strimpellandoo…


Questo succedeva anche a Tullio. Aveva ripreso un menage familiare un po’ forzatamente…si occupava di una figlia…io non lo vedevo da tempo. Lo chiamo e gli dico passa a fare un giro. Il giorno dopo arriva con la solita valanga di parole improperi contro qualcosa le sigarette ha smesso di fumare le canne. Hai un po’ di maria. Ma come. Claro che no. È un periodo di detoxing come dicono a L.A. Gli chiedo ma hai qualche canzone. Mi risponde macchè. Non riesco più a suonare. In casa mia figlia …la scuola….la cena….

Mi rendo conto che abbiamo tutti cambiato vita e che di musica non se ne fa più

Chiamo riva. Stessa storia. Adesso sta con Valeria che ha portato giù il gatto comunque lui qualche idea ce l’ha…se vuoi te la faccio sentire. Ma si tratta di ideee…appunto.

Comincio a preoccuparmi. Anzi a disperarmi. Come si può tornare indietro ormai.

Parlo con Fini

Pensiamo. Se noi potessimo ricostruire il modo di vivere di un tempo …..

io Tullio e Riva in un luogo con degli strumenti e niente orari niente disturbi.

Si potrebbe trovare un posto dove stare per tre o quattro giorni e poi tornare il week end alle nostre vite normali.

Pensiamo a uno studio di registrazione molto bello. Villa Condulmer. Nel veneto di fianco ad una . Villa Condulmer appunto trasformato in albergo e che frequentiamo spesso per i concerti. Una villa seicentesca con due vantaggi. Primo ha una serie di camere dietro la villa (dependance) che attraverso un sentiero e un cancelletto confinano con la sala di registrazione.

Una Sala nuova costruita da un ragazzo innamorato della musica abbastanza ricco da potersela permettere quasi come hobby. La sala ha una parte sotterranea dove si fa sul serio ma anche una splendida sala con una vetrata enorme che da sul prato. Noi la affittiamo e ci spostiamo subito li.

Ricordo ancora la faccia di Tullio quando arrivati la un po’ spaesati mi guarda e mi fa. E adesso? Cosa facciamo?

Dico non so. Siamo qui …se vuoi ti do una lezione di bigliardo. Non avevamo mai creato a comando e soprattutto ognuno di noi lo aveva sempre fatto da solo. Sembrava una situazione surreale e ridicola. Intanto Riva comincia a smanettare la batteria elettronica facendo ritmi e con la chitarra comincia a divertirsi a fare accordi…dopo un po’ Tullio imbraccia il basso e cominciano a giocare con dei giri musicali…poi parte col suo solito ispirato modo di cantare emettendo suoni con la voce e fissando una melodia. L’armonia di Riva era era semplice ma molto intrigante. Tullio col basso la puntava e la accompagnava verso una lenta e ripetitiva specie di nenia…molto strana nei suoni ma piacevolmente ipnotica. niente di più di un semplice giro armonico con due accordi ripetuti. Poi arriva la voce di Tullio che comincia nel mezzo di due accordi a fare “nunene “.,, perfetti nella loro semplicità poi nanananana…nunene….e sempre la risposta nununenenunenune….sembra che non si arrivi a niente. Poi un cambio di accordo armonicamente molto felice di Riva stanco di ripetere la stessa storia viene seguito da Tullio con la un’altra melodia che conclude in modo sospeso…

Poi dalla ricerca disperata di una soluzione per trovare il filo di una continuazione armonica Riva imbocca un’altra variazione improbabile di accordo che quasi sembra non c’entrare un ca zzo. Tullio lo segue con una melodia inventata ma sempre carica di emozione . si fermano si guardano si mettono a ridere nell’evidente consapevolezza di essersi cacciati in un vicolo cieco….riva torna ad arpeggiare l’accordo iniziale come per dire bè io mi fermo qui…Tullio lo segue e gli risponde giù un improbabile completamente fuori dal tema un provocatorio na-na-na-na-na-na…….riva come un suonatore di liuto del settecento ripete di nuovo l’accordo scandendo ogni corda….per terminare il gioco e Tullio ci spara un conclusivo na-na-na-na-na-na-na-na-na-na.

Sarà che da tempo non sento musica suonata dal vivo…sarà la voglia di trovare un senso. Sarà che mi emoziona sempre la voce di Tullio quando esprime melodie che gli vengono dall’anima…sarà che mi sono sempre piaciute le atmosfere di Massimo ….sarà che ho bisogno di emozionarmi ancora che dico. L’avete registrata? No dice riva ….te la ricordi? Dico io. Fatela ancora e stavolta registrala. Avevo sentito qualcosa….un brivido breve…una sorta di senso ancora confuso ma se la risento. Riva riparte. E Tullio dopo un po’ ripete quel howeny……nevergonetughether…. Li lasci andare avanti ma mie è arrivata improvvisa la prima parola…. Quel howeny….resto zitto e ascolto snocciolarsi giù l’intera nenia…cerco altre parole in mezzo qua e là cerco di seguire la musica per capire come proseguire il discorso ma intanto me la godo…è proprio un gran bel giro….semplice ma originale ipnotico e la melodia di Tullio brevi frasi spezzate cariche di intensità ……

Quando finiscono dico a Riva

Dai rimettila su che mi è venuta la prima parola…..

La musica parte e quando arriva la voce di Tullio li guardo e canto

VIVERE i loro occhi si illuminano

Questo mi eccita

e io mi lancio a dire la prima cosa che mi viene in mente guardando riva

E PASSATO TANTO TEMPO

Ripeto VIVERE

E UN RICORDO SENZA TEMPO

((mentre penso che per adesso sto giocando e dico frasi

VIVERE

E UN PO COME PERDER TEMPO la dico perché mi sembra la nostra situazione attuale

Poi arriva quello strano stop


VIVERE ……. è una parola obbligata e sospesa


Manca l’ultima……la risposta?

Una sola parola

….e mi arriva chiara,

unica inaspettata e


….E SORRIDERE!


Era appena nata “VIVERE”.




(continua)

"L'Altra Autobiografia" di Vasco Rossi - (terza parte)

"L'Altra Autobiografia" di Vasco Rossi - (terza parte)

Si torna in ballo…con canzoni straordinarie stupendo vivere quanti anni hai arriva la sfida di Imola. Un concerto all’autodromo. Un festival rock. Che avrei potuto intitolare come volevo. Mio. Poi arrivò lo sponsor e si chiamò heineken festival. Mi sono rassegnato poteva andar peggio ma c’erano oltre 140.000 persone quella sera. Paganti e udenti. Un record storico una scenografia straordinaria una soddisfazione .enorme. poi l’idea di cominciare un concerto rock in un festival rock con un uomo solo e una chitarra acustica. Un uomo contro centoquarantamila persone. poi un altro. due uomini soli contro centoquarantamila persone e una canzone semplice sincera e geniale quanti anni hai …stasera…

Poi la morte di massimo

Poi la morte di Mario.

La mia crisi di nervi. Cosa ci faccio ancora io qui. Che avrei dovuto sparire dieci anni fa. Perché Mario che da dieci anni non si faceva più doveva morire in tre mesi per epatite c. Depressione pensieri neri..ogni cosa che sembra li per ricordarti di come la vedevi diversa prima e ogni giorno ogni settimana ogni mese…il pensiero di farla finita. Lo studio del modo più semplice e meno rumoroso. Andarsene così senza far rumore.

Poi un amico fraterno, dottore dentista che mi parla di serotonina e di necessità di ristabilizzarla attraverso un farmaco il Prozac. Improvvisamente la depressione svanisce. Ritorna il carattere di prima i pensieri lieti e i pensieri meno lieti ma le cose tornano ad avere il loro valore. Ricomincio i concerti i dischi le canzoni tornano a nascere da sole…e in dieci anni supero ogni possibile traguardo. Impensabile impossibile come una tournee di sei concerti doppi. Lo stadio di Roma riempito due sere di fila. Come fosse una sala da ballo. Una cosa incredibile. E alla fine 4 concerti di seguito a Sansiro pieno fino al terzo anello. E la stampa risponde a Tania che non è una notizia che Vasco riempia SanSiro. Sarà una notizia quando non lo riempirà più . e ha ragione. Io capisco che è arrivata l’ora di dichiarare conclusa felicemente la mia straordinaria attività di RockStar.

di cominciare una nuova stagione.

essere solo l’artista Vasco Rossi

spogliandomi e presentandomi per quello che sono

e…..decostruendo.


V.R.

"L'Altra Autobiografia" di Vasco Rossi - fine provvisoria

"L'Altra Autobiografia" di Vasco Rossi - fine provvisoria

Era il 1987….. quando arrivò l’apocalisse. Arrivò il successo. Tutti persero la testa e la situazione diventò ridicola e a un certo punto tragica. Guido Elmi in una sosta di identificazione paranoica si sentiva Vasco Rossi, con scenate ridicole di delirio di onnipotenza, anche nei miei confronti. Si considerava l’artefice del mio successo e stranamente anche riva e compagni gli credevano. mi considerava una sorta del” fantasma del palcoscenico”, utile solo a scrivere canzoni che lui giudicava e che sceglieva con assoluto disprezzo della mia opinione o delle mie convinzioni. Quando gli feci sentire “la combriccola del blasco” e la liquidò arrivando a definirla una canzone “naif” capii che ormai non era più in grado di capire il discorso di vasco rossi e rischiava di comprometterlo stravolgerlo e addirittura distruggerlo. A questo punto ne andava della mia vita artistica e non potevo permetterglielo. A qualsiasi costo. E come al solito in questi casi ho messo la mia vita sul piatto. Pronto a giocarmela e perderla se fosse stato necessario. Ma anche lui avrebbe dovuto rischiare e giocarsi la sua.

Guido è una persona molto intelligente furba e privo di scrupoli. Scaltro e con un carattere forte, colto e astuto. Era il mio complice perfetto. La parte forte e dura. Capace di rispondere in faccia a chiunque di andare a farsi fottere e divertendosi pure con la sua dialettica e il suo sarcasmo a infierire a volte. Ma nel profondo era privo di cattiveria. E mi voleva un bene dell’anima.

Aveva in mano tutto della mia vita. produceva i dischi, trattava da manager le tournee, Teneva lui i conti gestiva i budget di produzione incassava e distribuiva i soldi. Io non sapevo neppure cos’era una fattura. E meno che mai quanti soldi avevo. E dove erano. Quando ne avevo bisogno li chiedevo a lui e me li dava. Dovevo assolutamente riprendere in mano le redini della mia vita e per farlo avrei dovuto scontrarmi con lui a costo di doverlo distruggere ed eliminare perché non avrebbe più accettato di rientrare nel suo ruolo. Non sarebbe più riuscito a capire. Era troppo preso da se stesso. Parlai con Lolli e gli chiesi se sarebbe stato dalla mia parte se avessi dovuto fare una guerra contro Guido.

Da quel momento cominciammo una lunga e sottile azione di informazione su tutto ciò che mi riguardava e che Guido gestiva. Attenti a non farci scoprire per due anni studiammo la situazione e spostammo a poco a poco alcuni pesi, alcune strategiche posizioni di forza. Cominciammo col dividere le contabilità e affidare la mia a un commercialista diverso con la scusa che un amico carissimo di mio padre avrebbe avuto il piacere di seguirmi. Così presi in mano la mia situazione economica e finanziarla. Poi riuscimmo a convincerlo ad affidare la gestione dei budget a Lolli che già si occupava di seguire i conti per togliergli un problema e un fastidio in più. Era talmente in preda al suo delirio artistico che accettò. E a quel punto i cordoni della borsa passarono nelle nostre mani. Ora restava solo il problema che sul mio contratto discografico risultava che lui era il produttore. Ma lo avevo definito io e niente mi impediva di cambiarlo semplicemente comunicando alla emi che avevo deciso di farlo. Era fottuto.

Non ci saremmo mai riusciti se non ci avesse sottovalutato considerandoci (parole sue) dei cerebrolesi. A questo punto dovevo solo affrontarlo e comunicargli che d’ora in avanti i dischi li avrei prodotti io. che se voleva gli avrei lasciato anche le percentuali ma lui non sarebbe mai più dovuto entrare in sala di registrazione. Lui non accettò. Gli spiegai che non aveva scelta.

Si presentò un giorno in sala dicendo “sono venuto a riprendere il mio posto di produttore” e cominciando a insultare tutti i suoi vecchi collaboratori con la sua solita violenza. Lo buttai fuori di forza pronto a prenderlo a pugni e a calci giurandogli che se lo avessi rivisto lo avrei preso sotto con la macchina e non stavo scherzando.

Si concluse così il rapporto con Guido una delle persone che ho più amato e è stato così importante per me che senza di lui non sarei certamente quello che sono. Ma dovevo farlo.. Produssi due dischi da solo. Liberi Liberi e “fronte del palco”. Poi cominciai a pensare che fare anche il produttore era un po’ troppo e cominciai a cercarne uno. Improvvisamente l’illuminazione. Parlando con Lolli pensammo.. Perché non tornare a prendere Guido che nel suo ruolo e senza deliri di onnipotenza alla fine per me è sempre stato il migliore di tutti. Andammo a casa sua e glielo proponemmo. Lui non cercò di nascondere la sua commozione e da allora siamo andati avanti più di vent’anni in perfetta sintonia e con grande vantaggio per la storia di Vasco Rossi. Un’idea così perversa poteva venire in mente solo a me.


Contemporaneamente Massimo Riva e Maurizio Solieri si presentarono in studio di registrazione e mi comunicarono che avevano deciso di non suonare più con me. Io non capivo il motivo e Riva mi spiegava che volevano prendere un loro strada indipendente!?...da me!?...(già facevano dischi con il mio aiuto nello scrivere i testi) che volevano essere un gruppo autonomo… (non capivo cos c’entrasse suonare o meno con me) e che mi avrebbero abbandonato. Non credevo alle mie orecchie. Chiedevo a Solieri se da chitarrista di Vasco Rossi preferiva diventare chitarrista di Massimo Riva. Ma lui non mi sentiva non mi capiva. Completamente plagiati da Massimo che non voleva più essere il numero due e voleva diventare il numero uno, mi derubava del gruppo che io avevo creato e pensava che prodotto da Guido Elmi sarebbe diventato….chi? gli dicevo! Tu pensi di chiudermi in un armadio e andare fuori te a cantare “siamo solo noi”? sei fuori di testa andate pure a farvi fottere. Io non ero mai stato su un palco senza riva e Solieri e mi sentivo perduto ma gli dissi: guarda Solieri girerò tutto il mondo per trovare un chitarrista che non ti faccia rimpiangere. E questo vale anche per te Riva che sei un fantastico numero due ma per fare il numero uno non hai le caratteristiche necessarie. E se non capisci questo non capisci un *****.

Grazie comunque per la riconoscenza e per l’affetto. Cominciò cosi uno dei momenti più difficili della mia carriera. Senza Guido e senza gruppo.

Mi sentivo perduto.

Per fortuna Cuchia e tedeschi non si erano fatti infinocchiare da Riva e rimasero con me. Su di loro e con loro cominciai a ricostruire una band. Cucchia un giorno mi disse di aver sentito in un pub del trentino un chitarrista molto bravo. Lo convocai ed era Braido! Quando cominciò a suonare capii di aver trovato un vero fenomeno che avrebbe fatto dimenticare certamente Solieri. Poi dovevo sostituire il Gallo. Nessuno in italia avrebbe potuto avere la credibilità di cominciare a suonare siamo solo noi come lui.

Volai a Londra e contattai un bassista di grande esperienza, un bassista alto magro bello e vissuto. Un che si muoveva si vestiva e teneva in mano il basso come uno dei Rolling Stones. Uno che avrebbe avuto la faccia e la credibilità necessaria per cominciare l’assolo di siamo solo noi. Paul Martinez. Per la chitarra ritmica al posto di Riva un Tedesco…stazzonato, capelli rasati e piantato a gambe larghe sul palco con una presenza e una precisione teutonica nel suonare la ritmica.

Il gruppo c’era ma non andava molto d’accordo. Le prove andavano avanti tra litigi e a volte risse tra Tedeschi e il bassista. Io andavo a casa la sera in preda a una cosa molto simile alla disperazione. Poi vennero le prove generali a Piacenza. Una settimana e poi partenza per Locarno..data zero.

Ala mattina alle otto mi chiama Rovelli l’organizzatore dei concerti e mi dice che i due stranieri hanno chiesto il doppio del pattuito altrimenti se ne vanno a casa. Ancora stordito dal sonno e dalla notizia gli dico di mandarli a farsi fottere. Senza sapere come avrei potuto fare mi riaddormento. All’una mi sveglio chiamo Rovelli che mi dice che uno,il tedesco, n’era andato, l’altro era rimasto. Tiro un sospiro di sollievo e vado al palco delle prove e cerco un ragazzino che tutti i giorni era sempre venuto ad ammirare Braido sottopalco. Lo trovo gli chiedo se sa suonare la chitarra. Mi dice “bè non come Braido”, gli dico sali sul pulman con noi oggi pomeriggio, questa notte ti studi le ritmiche dei pezzi, e domani sera suoni con noi. Era quel pazzo di Davide Devoti. Uno che non avrebbe fatto rimpiangere Riva né come presenza scenica (era pazzo da legare) né come valore artistico.

Arrivammo a Locarno e salii sul palco per le prove pomeridiane. Avevo un grosso peso sul cuore e la totale incertezza di come mi avrebbe accolto il pubblico. Una sensazione di angoscia mista a preoccupazione e insicurezza che conosco bene ma che non avevo mai provato così forte. A un certo punto vedo correre verso il palco una fans storica,una amica sempre presente ai concerti di Locarno, con un sorriso, una felicità tale di rivedermi, una gioia di poter assistere al concerto che tutto mi si è sciolto e ho capito che sarebbe andata bene….



(Epilogo)


La steve rogers band partecipò al festival di Sanremo fu eliminata alla prima serata e si sciolse immediatamente.

Per anni incontravo Solieri nei locali bolognesi e mi supplicava di riprenderlo a suonare. Gli rispondevo che c’era già Braido. Poi Braido andò a suonare con Zucchero. Io partorii l’idea di prenderli sul palco tutti e due e fargli fare il duello delle chitarre. Uno spettacolo straordinario. Poi liquidai Braido perché non avevo apprezzato il “tradimento” con Zucchero. Ripresi Solieri e poi arrivò Steff! Il più grande chitarrista del mondo che mi fece commuovere e impazzire e occupò per diritto di qualità, bravura, tecnica e sensibilità superiori il posto di lead guitar. Solieri era superato ed essendo prevalentemente un chitarrista solista non era neppure in grado di essere un bravo chitarrista ritmico.

A quel punto un’altra illuminazione! Pensai che per la storia di Vasco Rossi, per la bellezza dei concerti sarebbe stato bello ci fosse Massimo Riva a suonare la ritmica che come lui non la suonava nessuno. Allora l’ho richiamato e se non fosse morto ci sarebbe ancora lui in quel posto.