MUSICA




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Jack White ex White Stripes, solista - Con "Blunderbuss" rivive il rock

«La gente intorno a me/ Non mi lascia diventare quel che vorrei/ Mi vogliono sempre uguale/ Mi guardo e voglio/ Soltanto coprirmi gli occhi e/ Darmi un nome», canta davvero accorato Jack White in «On and On and On». Jack White era la metà della mela con Meg nei disciolti White Stripes; era anche un Raconteur e un Dead Weather: ora, con «Blunderbuss», è diventato a 36 anni solista, e non si può non dichiararsi soddisfatti nel trovare finalmente uno che, capitalizzando tutto ciò che ha cantato e inventato finora, resta sì ancorato alle radici delle musiche del Novecento che lo hanno profondamente contaminato (rock, blues, folk, persino country: basta ascoltare «Love Interruption», una meraviglietta in duetto con la nervosa vocalità di Ruby Amnfu), ma guarda con avidità al futuro, fino a riaccendere qualche speranza nella musica d’autore americana e in una possibilità ancora di originalità.

«Blunderbuss» è il più bell’album uscito da molti mesi. La voce autorale a tratti evoca Bob Dylan, certe rabbie quasi rappate fanno pensare a Eminem. Nessuna sorpresa, dunque, per le recensioni entusiaste che attraversano il web. Il pianoforte guizzante, l’organo Hammond che sottolinea tutti i momenti di un viaggio dentro sentimenti spesso primitivi e adolescenziali, la chitarra affilata dominano 13 pezzi di una lista eclettica e divertita, compilata per piacere soprattutto a se stesso e inseguire i propri umori cercando di diventare quel che si è, al di fuori delle etichette. Fra il rock’n’roll vintage di «Trash Tongue Talker» e il ricordo rivisitato dei primi White Stripes con i riff taglienti di «Sixteen Saltines», si esce dall’ascolto sorridendo.



Marinella Venegoni

www.lastampa.it

Jack White - Sixteen Saltines

Jack White - Sixteen Saltines