MUSICA




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​​​​​​​Parliamo dei nostri gusti musicali
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Tiziano Ferro, il debutto del tour (e due o tre cose che gli mancano)

Avrebbe ancora avuto bisogno di qualche prova, Tiziano Ferro, prima di debuttare al Palaolimpico di Torino, e di qualche numero zero a contatto con un pubblico: c'è la Svizzera a due passi, lo fanno in tanti non solo gli spalloni, di andare lì a provare con i ragazzi di fronte se si vogliono tenere lontani i media, amici e nemici.
Si nota una certa rigidità fisica, un qualche impaccio, come se il talentuoso artista avesse disimparato l'esperienza accumulata in questi dieci anni di carriera che sta celebrando. Questo non riguarda la parte vocale, che padroneggia con grande sicurezza. Ma uno show è uno show. E va studiato e magari rivisto (immagino lo sarà) nel ritmo. Davvero pesante la prima parte, tutta incentrata sulle ballads; più movimentata la seconda, con cambi di ritmo e d'abito e la riscoperta dei suoi pezzi dei primi tempi, che appaiono ora freschi e frizzanti più di quanto non lo fossero agli esordi. Potenza del contesto.
E poi Tiziano Ferro ha bisogno anche di un bravo ufficio stampa personale, come ha sempre avuto. Che gli spieghi i meccanismi della comunicazione, o li metta in opera se lui e il suo team non hanno interesse a comprenderli (perché anche questo può succedere).

Qui sotto, il pezzo che ho scritto per il cartaceo.




Come sarà, Tiziano Ferro, dopo il famoso (e unico) coming out sull’omosessualità che ci ha un poco avvicinati all’Europa e al mondo occidentale, almeno in questa materia? I diecimila e più ragazzi che riempivano ieri sera il Palaolimpico per il debutto mondiale di L’amore è una cosa semplice tour , sembravano non badare al pensoso interrogativo, e apparivano soprattutto ansiosi di veder cantare e ballare il loro idolo: che consumate le proprie ansie nel backstage, è spuntato in scena in divistico ritardo. E' sceso dall’alto, dentro una sorta di lucernario a misura umana, accompagnato nella discesa da un battito di cuore, mentre cori esplodevano su L’amore è una cosa semplice : melodia assassina, massima esposizione vocale nonché titolo del disco uscito in novembre che conferma una sua propensione alla tristezza ed all’introspezione, mescolate a un’irresistibile attrazione per la melodia, con fughe nel passato e tentazioni da crooner. E alle canzoni nuove e antiche più melodiche è dedicata la lunga (e un po’ sonnolenta) prima parte, fra le Isole negli Occhi eL’Ultima Notte al Mondo : una serie accorata che avrà certo i suoi misteriosi perchè, un po’ lontana dal mondo che finora Ferro sembrava rappresentare.

Una sorta di pausinizzazione? Saranno i primi esiti dei trent’anni che sono suonati. Con sapienza nella resa vocale, e con l’aiuto di una nuova band internazionale, con scarso ricorso alla tecnologia musicale, piano piano si esce dalle secche della malinconia fra ricordi del primo concerto a To r i n o n e l 2002 e finalmente pezzi più nervosi e divertiti: da XversoaRaffaella è mia con filmatoni Anni 60 e Tiziano in giacca nera di paillettes. Nel siparietto acustico in swing, eccolo in panciotto e cappello con TVM eQuiero Vivir con Vos dove sembra studiare la voce di Nat King Cole.

Il palco è molto tecnologico, dominato da schermi enormi, delimitato a tutto campo da un’amplia passerella quadrata che delimita il pit dei fedelissimi.

L'intervista
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Tiziano Ferro, come si può capire anche dai suoi dischi, non è un ragazzo rilassato, di quelli che si fanno scivolare addosso la propria fortunata epopea. Qualche ora prima dello spettacolo, quando ancora le lunghe file di ragazzi stavano a bagnarsi sotto la pioggia battente davanti agli ingressi, sono entrata nel suo confortevole camerino, tutto sofà e teli dorati. Serio e smagrito, solo a tratti sorridente, ha raccontato di aver voluto soddisfare con lo show alcune manie che lo inseguivano da tempo: «Non solo l’ingresso alla Houdini, ma una piccola coreografia di body percussion: abbiamo chiamato un esperto da Los Angeles per provare questa ramificazione dell’hiphop che riproduce le ritmiche toccando parti del corpo. Poi, i laser: sono una mia fissa fin da piccolo, almeno una volta nella vita li volevo».

Si fa ancora più serio quando gli vengono ricordate le due morti recenti che hanno funestato il mondo dei concerti pop: «Al primo dramma, per il concerto di Jovanotti, sono stato veramente male, anche perché avevo lavorato con quel gruppo di persone. Ma all’incidente di Reggio Calabria mi sono proprio chiesto se era il caso di continuare, e mi sono sentito spessissimo con Laura Pausini. il mio tour è il primo dopo quelle tragedie. Ho seguito tutte le polemiche, anche quelle che chiedevano di costruire palchi più piccoli. Ma mi è sembrato un atteggiamento ipocrita. Da Madonna a Lady Gaga tutti costruiscono palchi grandi, l’importante è che ci sia il controllo». Al Palaolimpico, spiega, i controlli sono stati copiosi: «Sono venuti la Asl e la Commissione, come del resto alle prove di Mantova. Facciamolo sempre, questo: mi piace vivere in un Paese dove si fa un controllo in più. Ma non chiediamo di smettere: sarebbe come se si chiedesse di smettere di operare al cuore perché un’operazione è andata male».

In concerto festeggia, con un filmato, i dieci anni di attività. Confessa di essere profondamente cambiato rispetto a quando pensava di vivere una vita da artista separata da quella privata: «Sono stato a lungo vittima di chi mi diceva “non cambiare”. Dieci anni fa, a Latina, quando si cominciava a sentire Xdononelle radio, la mattina mi vestivo come nel video e andavo al supermercato. Oggi mi vorrei sollevare da terra quando mi alzano il volume per farmi sentire che mandano una mia canzone»

Marinella Venegoni

www.lastampa.it