MUSICA




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​​​​​​​Parliamo dei nostri gusti musicali
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MUSICA
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Da Zocca alla Scala. Parla Vasco. Il balletto, la malattia, il futuro

Un pomeriggio fra i palchi, tentando di vedere le prove (e continuamente cacciata dalle nobili maschere)





MILANO

Ho visto una ventina di minuti del balletto "L'altra metà del cielo", con le canzoni di Vasco Rossi, l'altro giorno alla prova generale alla Scala. Ne avrei viste di più, se non fosse stato che - dopo avermi fatta entrare regolarmente - ogni palchetto dove mi rifugiavo per vedere qualcosa veniva puntualmente visitato dopo 5 minuti da una maschera che mi pregava di togliere il disturbo: "Qui non si può stare".
Sono i misteri del teatro di Tradizione al quale mi inchino. Un teatro nobilissimo e un po' nervoso, alle prese con un fenomeno di così ampia visibilità mediatica come Vasco Rossi: praticamente, un ossimoro. Voluto dal direttore del Corpo di Ballo della Scala Makhar Vaziev che parla rigorosamente in russo (per fortuna tradotto). Come ha detto Vasco: "Se il direttore non fosse russo e il sovrintendente francese (Lissner, ndr), mai avrebbero scelto Vasco Rossi: c'è ancora troppo pregiudizio".
E comunque, non essendo esperta di balletto, posso offrire solo un parere privato, un compiacimento per la freschezza e la naturale gradevolezza nel linguaggio della coreografa americana Martha Clarke. I vari quadri di queste danze non canoniche (ma non prive di momenti sulle punte) offrono uno spettacolo di gioventù contemporanea, quadri di gruppo di ragazzi e ragazze che si muovono come liberamente: le danzatrici presenti alla conferenza stampa hanno confessato di aver fatto molta fatica a entrare nello spirito dell'improvvisazione che veniva richiesto.
D'altra parte, tutta questa operazione serve per attirare nella passione ballettistica qualche fetta in più della popolazione italiana, comprensibilmente lontana in questo momento storico dalle eleganze di Tersicore, perché ancora distratta e frastornata da meteorine, emiliofedine, olgettine, rubyrubacuorine e dallo spettacolo generale di una volgarità che ci stiamo lentamente lasciando alle spalle.
Anche la danza su musica cantata è suonata come una primizia alle orecchie delle leggiadre danzatrici, che pesano tre etti e mezzo l'una vestite.
Il 3 aprile c'è la prima, il 5 lo spettacolo andrà in onda su Rai5, e non lo perdano gli appassionati: sarà commentato, in tv, da una intervista a Vasco Rossi del prode Massarini, che veleggiava anche lui come Fabio Volo per la sontuosa sala dove si teneva la conferenza stampa ( dove ci hanno tenuti 4 ore circa senza neanche darci un bicchiere d'acqua. Ma questa è un'altra storia...).
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Qui sotto, l'articolo che ho scritto per il cartaceo, con le confessioni del nostro rocker di Zocca.
ILANO

Che convalescenza effervescente. Tornato nell’occhio dei media dopo 9 mesi durante i quali sulla sua salute si è detto di tutto, Vasco Rossi è divertito, eccitato, spiritoso e a volte sarcastico. Dopo l’anteprima del balletto «L’altra metà del cielo», la conferenza stampa vorrebbe seguire canoni consolidati, ma lui ha urgenze non trattenute. I critici di balletto storcono il naso, gli scaligeri sono preoccupati. La scena si articola essenzialmente nello scambio fra Vasco che chiama «bad girl» la coreografa Martha Clarke, e la medesima che definisce invece lui, «bad boy». Si sono piaciuti, ma il rocker chiede con decisione che si alzi il volume alla rilettura del suo abbondante universo creativo femminile che fa da colonna sonora alla piéce.

L'altra metà del cielo, il disco e il balletto.


Albachiara, Silvia e Susanna sono le tre protagoniste dei vari quadri, che cambiano pelle nel trascorrere delle 13 canzoni durante le quali Albachiara la romantica diventa Jenny che "forse è pazza"; Silvia, invece, più allegrona e "Brava Giulia" sarà poi "Laura che aspetta un figlio per Natale", e purtroppo sul quadretto la Scala ci ha messo il passeggino e la neve; in quanto a Susanna, è il personaggio irrequieto e malizioso di "Delusa", che finirà per conquistare una solitudine libera nei panni di Sally.
Si danza con l’aiuto di questo album, «L’altra metà del cielo», per il quale Celso Valli ha riscritto con sapienza le partiture in chiave classica. Vasco canta le sue storie di sempre con un piglio vivace, come faceva nei primi dischi. A volte sembra stia recitando. «Questo però non è un disco di Vasco Rossi - ammonisce - è un disco classico, di Celso Valli e del balletto. Che io non ho potuto vedere bene, perché stavo in fondo: e non posso neanche venire alla prima del 3 aprile, perché non ho il biglietto e dovrei stare in piedi». «In fondo» sarebbe, per la cronaca, il palco presidenziale. Vabbé.

Le confessioni di Vasco

Confessa di essersi molto emozionato: ma più che altro appariva tenero, con quella sua aria simpatica da provinciale rock arrivato primo nel tempio nazionale della lirica. La capigliatura avara gira verso l’alto («Ho un diavolo per capello, e li ho voluti così») mentre scherza con i TG: «Ieri la notizia era l’addio di Fede, oggi dovrebbe essere Vasco Rossi alla Scala, sempre se non beccano Confalonieri con la valigetta».

Poi, richiesto di raccontare finalmente a voce, dopo tanto Facebook, l’annus horribilis, erompe: «Sono stato 6 mesi in clinica, io che non sono mai stato malato per più di 2 giorni. Ho scoperto che la polmonite dura un mese, ho fatto 4 mesi di antibiotici che mi hanno spezzato le reni: senza difese immunitarie, ho preso tutte le malattie che passavano. Poi mi sono chiuso nello Stupido Hotel, per incidere questo album».
Il riferimento è alla residenza lavorativa che si è scelto negli ultimi due piani di un hotel bolognese, dando origine a una micidiale sventagliata di ipotesi che lo davano di volta in volta come depresso o malato terminale. «I medici mi hanno detto che ci vorrà un anno di convalescenza. Il direttore della clinica Villalba mi ha organizzato uno dei periodi più belli della mia vita, ho conosciuto un sacco di gente e, male a parte, sarei stato benissimo».

Crisi di liquidità

I problemi semmai sono (guarda un po’, pure lui) economici: «Un giorno la mia commercialista mi ha detto: "Siamo in crisi di liquidità". Stiamo dunque ristrutturando l’azienda, che è molto complessa perché autosufficiente. Ora la riduco e ridivento artista, ci penserà la Emi a organizzare tutto». Già, perché anche l’altra favola metropolitana, che il signor Rossi si ritira, viene pienamente smentita: «Ho detto che mi dimetto da rockstar, perché non mi diverto più al palco sempre più grosso. Non smetto di far canzoni nè dischi, anche la Scala è segno della mia nuova vita. Sono un istintivo, ho scoperto Facebook per caso, posso dialogare con 2 milioni 800 mila persone anche se Tania (la sua press-agent, ndr) mi mette in crisi».

E magari un po' di cinema

Si scopre che fra le nuove possibilità non esclude il cinema: «Di sicuro il regista, ma anche recitare: pensavo che Tom Cruise fosse un pirla, ma in "Protocollo Fantasma" è bravissimo, e così pure Di Caprio. Ho imparato a stare sul palco guardando, ora sono il più bravo. Ma adesso che ho tempo voglio imparare dagli attori americani, a recitare con il corpo».

Le offerte non gli mancano: «Mi hanno chiesto di cantar dal vivo alla Scala, ma non esiste. Se ci fossi io guarderebbero me e non le mie donne. Che ora sono indipendenti, e vanno loro nei teatri come qualcuno vorrebbe far fare a me. Io resto nelle cantine, nei bar, negli stadi». Sorride disarmante: «Non mi sento cambiato per niente, sono contento di essere l’artista Vasco Rossi e continuo a scrivere canzoni».







Marinella Venegoni

www.lastampa.it