MUSICA




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Addio a Lucia Mannucci, l’ultima voce del Quartetto Cetra

Se n’è andata due mesi prima di compiere 92 anni, Lucia Mannucci: era l’anima rosa del leggendario Quartetto Cetra, e anche l’ultima sua voce, sopravvissuta ai tre colleghi maschi. Era anche la vedova inconsolabile dell’altro quartettista Virgilio Savona, scomparso a fine agosto 2009: era stato, lui, l’uomo-idea della formazione, membro della simpatica specie degli inquieti. Un uomo che viveva veramente per la musica, e fino all’ultimo ci aveva giocato, facendosi beffe di vecchiaia e malattie: Savona aveva convinto la moglie un poco recalcitrante, soltanto nel 2007, a produrre un album dal titolo «Capricci» fra le pareti casalinghe. Gli altri due compagni di strada se n’erano invece andati in tempi ormai lontani: Tata Giacobetti nel 1988, Felice Chiusano nel 1990.
Lucia Mannucci era una signora deliziosa, riservata e dolcemente attenta al mondo che era stato suo. Chiusa nell’appartamento carico di ricordi della vecchia Milano, con il passare degli anni non aveva perso l’inconfondibile timbro vocale - lieve e sorvegliatissimo - che mille canzoni ci avevano tramandato, intrecciato con quello dei suoi tre sodali. Con l’antipatico arrivo della solitudine, aveva saputo mantenere curiosità verso il mondo nel quale aveva militato per anni da primadonna discreta, fulcro delle sonorità della formazione nata con il jazz e lo swing negli Anni Quaranta, ed evolutasi poi in una macchina da spettacolo antesignana della musica da vedere: basta cliccare il nome suo o del Quartetto Cetra su You Tube, e decine di filmati rimanderanno la sua inappuntabile messa in piega bionda, i corti riccioli che si muovono fra le teste dei colleghi a intrecciare, in spirito colto, storie divertenti con un canto frutto di studi e prove severe, o a raccontare in ironica burletta musicale i grandi temi della letteratura, come successe nell’indimenticata serie tv «Biblioteca di Studio Uno» a metà dei Sessanta.
Lucia Mannucci e Virgilio Savona, quasi coetanei, erano una coppia inossidabile. Bolognese lei, palermitano lui, si erano conosciuti in piena guerra mondiale e si erano sposati giovanissimi, nel 1944: una storia d’amore di altri tempi, con un figlio, Carlo, che amorosamente cura l’archivio di famiglia. Il Quartetto Cetra è stato il più longevo nella storia delle formazioni musicali italiane, durato dal 1941 al 1988: i maschi erano stati chiamati alle armi, ma occasionalmente si riunivano nella formazione ancora con Enrico De Angelis e senza Tata Giacobetti; Lucia era già ben consolidata come interprete solita all’Eiar, si esibiva in concerti e riviste teatrali con Gorni Kramer o Natalino Otto, appassionata in proprio di swing e jazz. Sembrò dunque naturale il suo ingresso nel Quartetto, e la voce femminile finì per contraddistinguere in modo definitivo le armonizzazioni della piccola pattuglia, che armata di humour e sapienza si faceva intanto conoscere nell’Italia che usciva dalla guerra.
Fu forse questa molla della volontà di ottimismo a imprimere alla formazione un forte segno ironico, sempre con grande buon gusto, con un tributo alle più moderne sonorità che arrivavano dagli Stati Uniti. Si fecero strada a colpi di invenzioni spettacolari, come coinvolgere il pubblico nei loro concerti, chiedendo di indossare costumi particolari. Nel 1949, «La vecchia fattoria», una cover di «Old McDonald Had a Farm», diventò una hit nazionale, e «Vecchia America» di Luttazzi non fu da meno. La consacrazione più diffusa arrivò con la nascita della tv, cui erano naturalmente predisposti dopo tanto militare nelle riviste anche di Garinei&Giovannini sui palchi dei teatri italiani: la loro divenne una presenza assidua in mille prime serate, che culminò appunto nella «Biblioteca di Studio Uno» alla quale parteciparono attori e cantanti di ogni sorta. Sapevano essere popolari senza mai perdere in qualità, un taglio alto nelle loro proposte. La coppia Giacobetti-Savona, intanto, aveva dato vita a una quantità di successi indimenticabili: «In un palco della Scala», «Però mi vuole bene», «I ricordi della sera», «Un bacio a mezzanotte», «Concertino». A rendere inconfondibile l’impasto vocale, sempre Lucia Mannucci. Le loro canzoni rivivono ora nei teatri grazie alle voci del gruppo di cabaret Oblivion, che ne fa una rievocazione gustosa.

Marinella Venegoni
www.lastampa.it

Lucia Mannucci e Lucio Dalla - Un bacio a mezzanotte da "Jolly" del 1970

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