E' uscito da un paio di giorni l'attesissimo debutto in disco della singer/songwriter newyorkese Lana Del Rey.
L'album s'intitola "Born To Die" ed è prodotto da Justin Parker per la Interscope.

Stra-annunciato, iper-pompato e oltre misura incensato da molti media on-line ancora prima di arrivare nei negozi, l'esordio della bella Del Rey (al secolo Elisabeth Grant, nata 25 anni fa a New York) poteva risultare una grossa delusione.
Invece a me il disco è piaciuto, pur tra alti e bassi: curatissimo e ben suonato, ha un'aria molto retrò dove è spesso percettibile il rimando ad atmosfere d'altri tempi quali quelle di fumosi night clubs con sul palco lei, la star di turno -oggi Lana Del Rey- che ammalia il pubblico con fascino, bellezza prorompente e voce sinuosa e incantatrice. Una sorta d'icona vintage, sempre abilmente giocata a metà strada fra la pupa del gangster e una diva noir più in bianco e nero che a colori. Il tutto ben orchestrato ed inserito in un contesto sonoro attualissimo e di sicuro impatto emotivo.

Da sottolineare -oltre ai già noti 'Video games' e 'Bon to die'- 'Dark paradise', 'Million dollar man', 'Summertime sadness', 'This is what makes us girls', 'Without you' e la conclusiva -e bella- 'Lucky ones'.

Forse è davvero nata una stella, come scrissi anche qui qualche mese fa.
Gab.

Lana Del Rey - 'Lucky one' (dall'album 'Born To Die)