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Il romanzo della vita di Zucchero - Campi negli occhi, soul nel cuore

Dal 19 al 21 dicembre le passioni umane e artistiche si fonderanno al Valle di Reggio Emilia: con Zu, la sua band, un coro gospel di 40 elementi, Patty Labelle ed Eddie Floyd






Alla vigilia di Natale, fra il 19 e il 21 dicembre, Zucchero si farà un regalo per chiudere il tour italiano. Tre serate al teatro Valli di Reggio Emilia, casa sua, in concerto con la band e un coro gospel di 40 elementi, e come ospiti speciali i divi del soul che sono la sua fissa e la sua passione, fra Patty Labelle e Eddie Floyd. Si chiuderà così simbolicamente una stagione di intima nostalgia per le radici fisiche e per quelle artistiche, entrambe raccontate con pennelli vivaci nell’autobiografia «Il suono della domenica», appena uscita per Mondadori: un ritratto quasi neorealista della vera anima di Zucchero.

Così battezzato dal padre nell’infanzia campagnola, dentro la casa di famiglia dove nonni e figli e nipoti campavano tutti insieme di lavoro fra caseificio e porcilaie. Poche abitazioni, a Roncocesi: la piazza, la Casa del Popolo, la parrocchia, dove don Tajadela finì poi per fargli suonare l’organo, a patto che facesse anche il chierichetto, lui figlio di gente rigorosamente laica come Emilia imponeva. Sfondo da Peppone e Don Camillo, per una vita che a partire da quell’organo sbuffante ha avuto sviluppi del tutto imprevisti. Con tanto olio di gomito, il ragazzo biondo e magrolino è diventato un artista rispettato dalla comunità internazionale delle rockstar, uno al quale Bono degli U2 scrive i testi delle canzoni in inglese, uno che Sting invita ai suoi concerti. Cosa che, va da sé, gli ha procurato una discreta invidia, con relative maldicenze, nella comunità italiana della musica popolare.

Al telefono da Acireale, dove ieri sera ha tenuto un concerto, Adelmo (come quasi nessuno lo chiama), racconta che la musica di «Chocabeck», la canzone che dà il titolo all’ultimo album, viene da quel periodo di splendori e miserie, di sogni e difficoltà, nel quale giovanissimo cercava la propria strada suonando con gruppi pittoreschi in Versilia, dove la famiglia si era trasferita per cercare (a lungo invano) miglior fortuna: «"Chocabeck" era in una cassetta che veniva ben prima di "Donne", che avevo poi cantato al Festival di Sanremo nel 1982. L’ho scoperta per caso in casa, sopra c’era scritto "Anni Sessanta", pensi un po’. La melodia era già quella. Un periodo molto creativo, al quale debbo pure la musica di "Diamante". Ma nessuno se ne accorse, all’epoca. Avevo un album intero pronto, lo facevo ascoltare al discografico. Lui telefonava, poi mi chiese distratto: "Ma quando dura questa canzone?". E io: "E’ un album, caro"».

Tempi difficilissimi, quelli. Adesso che è anche peggio, per uno sconosciuto di talento che voglia farsi ascoltare, Zucchero si sente in dovere di ricordare che la sua gavetta, ancorché precoce, è durata dodici anni: «Ho cominciato a girare nel ‘70, e ho fatto il primo disco nell’82. Mi aiutò moltissimo Ravera, che era patron di Castrocaro, dove mi costrinse ad andare, e poi mi portò a Sanremo». Chi c’era se lo ricorda, quell’anno, con la sua berrettina blu... «Me ne diedero una con su scritto "Navigare", mi dissero: "Se la metti ti diamo 5 milioni". Ravera stava attento: "guarda che ti squalifico". Ma io la misi nella finale, quando squalificarmi non poteva più. Il giorno dopo mi massacrò».

Il libro è dedicato alle due donne della sua vita, Angela mamma delle sue due figlie, e Francesca attuale compagna, mamma di Blue. Angela, un caratterino, il primo vero amore, gli ha causato depressioni che hanno dato molti frutti artistici, pure «Miserere»... «Tutto il male non viene per nuocere. A lei devo anche "Donne", "Senza una donna", "Non ti sopporto più". Prima neanche se la pregavo, ma ora viene ai concerti ed è la mia prima fan. Viene in camerino, il suo posto è quello. Purtroppo, non si è rifatta una vita».

Il futuro di Zucchero? «Finisco il tour italiano a Reggio Emilia, poi riparto il 21 marzo per il Sudamerica e l’Australia fino ad aprile. Dopo, non ci voglio pensare. Questi concerti sono impegnativi, la crisi ci costringe a suonare anche tre sere di seguito in posti sempre diversi, ogni giorno c’è il viaggio e il concerto. Voglio dunque vivere serenamente». Che cosa pensa delle epocali dimissioni di Berlusconi? «Quando l’ho sentito parlare, quasi mi ha fatto tenerezza. Non sa i danni che ha fatto. Non mi piace che mi prendano in giro quando vado all’estero, non mi sento più l’italiano fiero di una volta. Anche i giornalisti nelle interviste ci massacrano, sempre con sto bunga bunga, a chiedere: ma perché non lo mandate via? Adesso è finita».

PROSSIME DATE DEL TOUR: 16 Roma, 19 Bologna, 20/21 Firenze, 26/27 Torino, 29/30 Genova



Marinella Venegoni

www.lastampa.it