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Zucchero si prende l'Olimpico

Concerto trionfale a Roma tra nuovi pezzi e vecchie hit e un omaggio a Amy

"Ne volete ancora"? Questo appare sullo schermo che fa da sfondo alla scenografia quando la band saluta Roma e lascia la scena, prima di riunirsi nuovamente per il gran finale. É un detonatore e ad innescarlo ci pensa la Curva Nord dell'Olimpico che risponde come quando segna Rocchi. Il boato e gli applausi non si esauriscono fino a quando la formazione non riguadagna il palco. Zucchero ringrazia i big che hanno seguito il concerto dal parterre, Pino Daniele, Fiorella Mannoia, Claudio Baglioni e Antonello Venditti.
Tutti, tranne Venditti, lo raggiungono sul palco per cantare e suonare insieme. La scaletta viene modificata per fare un omaggio, l'ultimo, ad Amy Winehouse che proprio sabato è entrata tragicamente nel "club dei 27".

Zucchero ripropone l'esuberante delicatezza dei pezzi del suo nuovo lavoro, "Chocabeck", in cui rievoca le proprie origini e più di una volta ricorda papà Giuseppe, prima di gettarsi nel passato, quello più glorioso, attingendo al repertorio da "Blue's" (1987) e "Oro, incenso e birra" (1989), indossando una maschera da diavolo prima di cantare "Diavolo in me". La band è pure spettacolare, tre archi e tre fiati, oltre agli onnipresenti Polo Jones, David Sancious e Adriano Molinari, spicca Kat Dyson, perfetta nel suo ruolo di chitarrista, da pelle d'oca nella sua veste da vocalist. Impressionante. Bravissima. Imprendibile.

C'è anche tempo per il sociale, affidato agli occupanti del Teatro Valle che parlano dei tagli attuati dal Governo, e non risparmia qualche bacchettata a tutti i suoi colleghi che litigano a distanza, chiedendo più collaborazione e meno veleno. Zucchero coinvolge, la sua voce è potente, il pubblico tiene il tempo con le mani, si alza, urla. A muovere la massa ci pensa lui, accendendo la miccia con un gesto e al boato pensa l'Olimpico. La location è perfetta: non sono pochi gli uno-due che Zucchero fa con i suoi musicisti che gli rendono assist in quantità, come la storica intro di Polo Jones che invita a santificare la propria anima in apertura di "Diavolo in me".

Questo sapere interagire col pubblico è una, ma solo una, delle armi vincenti che rendono le performance del ruspante bluesman emiliano assolutamente godibili. L'esperienza di quasi 30 anni si concentra, ritmata ed esplosiva, in una serata di musica senza sbavature e buon umore genuino. Perché in Italia sono pochi, pochissimi, a sapere tenere il palco come sa fare lui. Concerto assolutamente da vedere, magari nell'imperdibile scena dell'Arena di Verona, i prossimi 25 e 26 settembre, proprio in concomitanza con il 56esimo compleanno del Re del Soul.

Giuditta Mosca

tgcom.it