MUSICA




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I Doors 40 anni dopo Jim Morrison il traghettatore di una generazione

Doppia uscita commemorativa: un cofanetto con i sei legegndari album e il documentario When you’re strange

di Simona Orlando

Il 3 luglio di quarant’anni fa Jim Morrison veniva trovato morto dentro la vasca da bagno del suo appartamento a Parigi, chi dice per arresto cardiaco, chi per overdose, chi è convinto che abbia inscenato il decesso e preso il primo aereo per ripartire da zero. Per commemorarlo (cosa che da allora fanno già i tanti in pellegrinaggio al cimitero di Père-Lachaise) viene pubblicato “The Collection”, cofanetto di sei leggendari album, e oggi arriva nei cinema italiani il documentario “When you’re strange”, uscito in America oltre un anno fa, il 3 luglio alle 21.15 va in onda su Studio Universal, dal 6 luglio è in dvd per Feltrinelli Real Cinema in edizione speciale con il volume “I giorni del caos” di John Delmonico, contenente i dossier della CIA e dell’FBI, in più nei negozi si può trovare la colonna sonora con le poesie di Jim Morrison lette da Johnny Depp.

“When you’re strange”, diretto da Tom DiCillo e narrato da Depp (in Italia doppiato da Morgan) ripercorre in novanta minuti la storia dei Doors dal 1965 al 1971, con belle immagini note e qualcuna inedita. Non aggiunge molto a quello che i seguaci della band già sanno, ma tenta comunque di non santificare Morrison più di quanto non venga spontaneo fare, dà spazio a tutti i componenti del gruppo, analizza il loro rapporto e colloca il fenomeno nel contesto storico e sociale in cui è esploso, tra lo sparo a JFK e il massacro di Cielo Drive, in quell’incredibile primavera giovanile americana.

Impossibile separare le cose, infatti alla domanda dell’intervistatore: «Siete un gruppo politicizzato?» Morrison risponde: «La musica non può che riflettere ciò che è intorno a noi», cioè la guerra in Vietnam, la generazione dell’amore, la sperimentazione lisergica (il detto è “Se ti ricordi gli anni ‘60 significa che non li hai vissuti”), il desiderio di spingersi oltre i limiti costituiti. E lui è il traghettatore, il Dionisio dal vigore animale che fa da intermediario, captando ciò che era nell’aria e latente negli altri, colui che “si fa veggente attraverso una lunga, immensa e ragionata sregolatezza di tutti i sensi”, come scriveva il suo maestro Rimbaud.

La vera sorpresa del documentario è il montaggio del dimenticato “HWY: An american pastoral”, il film sperimentale del ’69 scritto e interpretato da Morrison stesso, dove lui è prima autostoppista-apprendista degli insegnamenti della Beat Generation e di Castaneda, poi alla guida di un’auto nel deserto di Mojave in un viaggio allucinato tutto interiore.

Appassionato di cinema e poesia, scrittore e solo in un secondo momento cantante, inizialmente timido al punto da esibirsi di schiena, Jim Morrison si lasciò andare a una totale metamorfosi, fu la corda tesa che si rilascia irrefrenabilmente, allaccia il pubblico, lo strattona fuori dagli schemi. Il palco con lui diventò la sede in cui coabitano musica, teatro, letteratura, si abbattono le barriere in un rito liberatorio, spaventoso e quindi eccitante. Diceva: «Mi piacciono le idee di fuga e sovvertimento dell’ordine costituito, sono interessato a tutto ciò che è rivolta, caos, disordine», e di disordini ne creò parecchi: ai concerti simulando fellatio, incitando all’orgia collettiva, tra adolescenti rapiti, piogge di indumenti intimi e cordoni della polizia.

Fatto sta che i Doors hanno venduto ottanta milioni di dischi nel mondo e ancora ne vendono un milione l’anno, il che significa che il loro successo non fu esclusivamente legato a un momento storico. A parte l’impatto scenico e la provocazione anticonformista, c’era il ragazzo con gli occhi sgranati sull’abisso, indifeso davanti all’ambizione dell’infinito, e quel suo stato persistente di “profonda tristezza, come un non sentirsi mai a casa”. Questa inquietudine, sorretta dalle architetture sonore della band, è la caratteristica delle canzoni, la parte oscura che lavora su chi ascolta, un luogo a cui si accede per infrazione, la “porta” tra il noto e l’ignoto.

La parabola umana e artistica del Re Lucertola, tra i paradisi artificiali e gli inferni reali, da sciamano posseduto da una visione a pasto caldo per gli appetiti della stampa e del pubblico, che lo divora, ama la sua immagine e trascura i suoi testi, termina a Parigi, dove arriva stravolto da alcol e droghe per dedicarsi finalmente alla sua poesia.
Profondità, bellezza, sensualità, istinto, comunicativa, irriverenza: Morrison possedeva tutte le qualità che si allineano perfettamente per creare la leggenda, fin troppo perfettamente, fino al fatidico numero 27, l’età maledetta in cui molti grandi si sono consegnati all’eternità, chissà se credendo davvero che ne valesse la pena. Così è stato, una vasca da bagno il suo battello ebbro, “i fiumi lo lasciarono scendere dove volesse, leggero come sughero ha danzato sui flutti, disormeggiato, senza rimpiangere l’occhio ebete dei fari”. O forse è lì che se la ride alle Seychelles.
http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=153392&sez=HOME_SPETTACOLO

The Doors - Alabama Song (Whiskey Bar) Live!

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