MUSICA




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​​​​​​​Parliamo dei nostri gusti musicali
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Forza Bob, cambia ancora scaletta - (Il concerto di Dylan all'Alcatraz)

E' salito sul palco all'Alcatraz con un cappelluccio con piuma, e la giacca profilata di chiaro.

Sembrava appena disceso dalla Val Pusteria, Bob Dylan. E sembrava anche che avesse preso un sacco di umidità: mentre la musica cominciava subito a sferragliare, davanti al suo solito logo con il terzo occhio dipinto alle spalle, la voce del Vate di Duluth suonava così rauca, mal messa, incapace di esprimersi nel canto, da farci chiedere proprio: come diavolo potrà tirare avanti così con 17 canzoni?
Ovviamente nessuno ha riconosciuto la prima canzone, tanto meno io. C'è stato un accorrere verso il mixer, dove riposa trionfante la scaletta, per coloro che dovevano scrivere subito. Recensire Dylan in diretta è una delle peggiori disgrazie che possano capitare a un critico: so che la mia è una battaglia contro i mulini a vento, non potrò cambiare il vento della storia, ma un aiuto insperato è venuto dalla rottura del fidanzamento Canalis-Clooney, argomento che come sempre sui giornali cartacei annulla e sostituisce la musica, Bob Dylan compreso.
Ma alcuni hanno scritto ugualmente, e poveri loro.
Il pezzo era "Leopard-skin Pill Box Hat", con Bob alle tastiere, dal volume 7 dei Bootleg: storia di una tipa che gli faceva un sacco di corna (anche con il medico), con il suo cappellino a forma di scatola di pillole, e a lui si capisce benissimo che gli giravano un sacco. Anno di grazia 1966, "Blonde on Blonde": come gli sarà venuto in mente, di fare 'sto pezzo?
Strascicava, la voce rauca. E per riprendersi, nella successiva "When I Paint My Masterpiece" (una ballatona squadrata e e sgranata, molto ruspante nei suoni), si è messo quasi a recitare. Siamo in epoca The Band, qui. 1971. Tutta la prima parte del concerto era studiata come per far impazzire un pubblico scrivente in diretta: tutto vintage, vedasi "I Don't Believe You", 1964, struggente e sempre rauco-parlante. Sempre con la musica che aveva quest'aria da club sfigato di provincia, con la gente che senza alcuna speranza (o proprio per questo) suonava però sul serio.
Vi risparmierò le azioni della partita intera (a suo tempo, si cominciò a scrivere i concerti in diretta perché Andrea Parodi, ex Gazzetta dello Sport e caporedattore del Corsera, sosteneva che i concerti erano come le partite, e dunque si potevano scrivere in diretta). Vi dirò solo che poi, finalmente, la voce del vecchio Bob (settantenne dal 24 maggio) si è scaldata, e dopo un quasi-furioso rock'n'roll l'Uomo ha anche cominciato ad abbandonare gli strumenti , chitarra e tastiere, e con il microfono in mano ha spesso fatto solo il crooner, mentre i suoni cambiavano, la musica diventava meno sporca e più precisa, mentre spuntava "Spirit on the Water" da "Modern Times", una infinita e suadente "Highway '61 Revisited", "Thunder on the Mountain", quella che cita Alicia Keys. Segno che Bob ha cominciato a considerare classici alcuni suoi brani più recenti.
Come spesso negli ultimi anni, dalla perplessità dell'inizio si è passati all'entusiasmo per il sottile lavorio degli strumenti, per l'amalgama sempre rigorosamente vintage, senza nessuna concessione. E allo stupore, per quanto questo uomo vuole ancora fare: restituire il proprio repertorio nella veste di autore che si prende lo sghiribizzo di cambiare, e si diverte a spiazzare.
I tre bis. Ha fatto cantare il pubblico "Like a Rolling Stone", addirittura una fusione fra lui e loro (molti giovani, moltissimi americani), poi "All along the Watchtower", "Blowing in the Wind".
Ho visto parte della serata con Piero Chiambretti e Tiberio Fusco, curiosi e un po' perplessi (Piero mi ha fatto vedere la foto della sua bambina Margherita, meravigliosa). C'erano anche Bennato, Capossela, Dori Ghezzi e chissà chi altro. Perché la curiosità, il mistero artistico, intorno a Dylan, non finiscono mai.
La capacità dell'Alcatraz è di 2.700, il promoter afferma che era esaurito. Secondo me, Dylan era felice di esibirsi in un club tutto nero invece che nella solita arena. Perché l'atmosfera è più complice, e poi nel neverending tour, ormai, gli esauriti sono fuori ordinanza.

Marinella Venegoni
www.lastampa.it

Bob Dylan - Thunder On The Mountain

Bob Dylan - Thunder On The Mountain