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Niccolò Fabi, ritorno dall'Angola - Un reparto infantile per Lulù

Il cantautore Niccolò Fabi è appena tornato con la moglie dall'Angola, dove il 2 giugno scorso hanno inaugurato un nuovo reparto di pediatria all'ospedale rurale di Chiulo, nel sud del paese, nell'ambito del progetto «ParolediLulù». Concretizzazione, dolorosa quanto gratificante, di un percorso cominciato con la drammatica perdita della loro bambina di due anni, Olivia detta Lulù, a inizio luglio 2010, per una meningite fulminante. Niccolò aveva allora raccontato e sommessamente urlato la propria pena, attraverso Facebook; era poi nato un concerto (appunto «Parole di Lulù»), nella campagna romana il 30 agosto, al quale avevano partecipato una cinquantina di artisti, da Jovanotti a Morandi alla Mannoia a Baglioni. Un modo di sentirsi meno soli, ma anche il sogno di poter fare qualcosa di concreto per i bambini meno fortunati. E ora Fabi racconta.

Un sogno si è realizzato nei giorni scorsi in Angola, Niccolò?

«Il CUAMM, l'associazione di Medici con l'Africa che opera laggiù dal 2002 nella rivitalizzazione dell'ospedale che serve una popolazione di 600 mila persone, mi aveva segnalato problemi cruciali, e funzionali alle nostre risorse. Però poi c'era un fatto legato a una scelta istintiva: mi piaceva ci fosse una piccola possibilità di edificare, un luogo legato all'infanzia e ai bambini. C'era un'ala pediatrica da ristrutturare, nell'ospedale che serve gran parte del sud dell'Angola, con una funzione nevralgica».

Lei ha raccolto quasi 100 mila euro. Uno choc affettivo si è trasformato in solidarietà.

«Ho accettato di raccontare questa inaugurazione, è l'ultima volta che ne parlo ma è giusto che si sappia: anche nel rispetto di più di 20 mila persone che hanno partecipato con offerte. Abbiamo anche fatto un libro fotografico, per chiudere il progetto: che non è certo per ricordare mia figlia. Viviamo il nostro dolore in modo domestico, per noi è importante mettere a frutto una vicinanza. Vedevo che faceva bene alle persone, questa storia, quando veniva raccontata. Per noi è stato utile il concerto del 30 agosto, che ci faceva scappare via da una tragedia: ma lì c'è stata una sensazione importante che mi ha fatto violare la mia riservatezza abituale. Non che il mio dolore sia speciale, è comune a tutte le persone che vivono situazioni simili; e ce ne sono tante, che ogni giorno sono in preda alle difficoltà. Ci sono malattie estreme che condizionano la tua vita».

Com'è stata l'inaugurazione?

«E' un reparto di pediatria, lo abbiamo messo su in modo veloce, dal 30 agosto, in 8-9 mesi. Quei medici sono veramente una realtà seria, efficienti nella realizzazione di questa possibilità per loro non solo professionale ma umana. L'inaugurazione è stata molto africana, con il vicepresidente del Paese, con un rappresentante dell'Onu, e questa filosofia del CUAMM: la nuova generazione di medici angolani è la prima a non voler andare negli ospedali angolani, sognano l'Europa, c'è difficoltà a convincerli a prendere responsabilità della propria terra. La mia storia lì era conosciuta: è stato emozionante per loro che due genitori italiani che hanno perso una bimba e fatto un concerto, abbiano portato lì quasi centomila euro».

Avete messo delle idee, nel reparto pediatrico?

«Io e mia moglie Shirin abbiamo proprio dipinto, con colori e pitture e carte veline. Abbiamo disegnato il cielo il sole i prati verdi e gli alberi, anche pensando alla cromoterapia. Abbiamo coinvolto anche i bambini: ora la pediatria è nuova, ci sono elettricità, luce, acqua. Ma la prima cosa è farli nascere, i bambini: ci sono donne incinte che fanno anche 20, 30 km per arrivare, e spesso non ci riescono. C'è da combattere anche con i macchinari e i farmaci mai sufficienti».

Tornerà?

«Con quel luogo c'è una relazione speciale che ci sarà sempre. Il grosso è stato fatto, poi ci sarà la manutenzione annuale, che cercheremo di sostenere con altri progetti. A novembre, per la settimana della Cultura Italiana nella capitale Luanda, pensavo di andare a suonare, e fare anche una mostra fotografica».

Il suo lavoro?

«Ho appena finito un tour da solo molto ambizioso, teatrale, con una regìa: con ostacoli da superare, che sono stati una molla per migliorare. Quest'estate girerò a suonare con amici musici: vorrei che la gente venisse per ascoltare la musica, e non per vedere uno che ha vissuto una certa storia. Per nuove canzoni, sto prendendo appunti. Non so ancora che forma dare al prossimo progetto, ma sento una grande potenza comunicativa».



Marinella Venegoni

www.lastampa.it

Niccolò Fabi & Mina - Parole parole

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