MUSICA




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​​​​​​​Parliamo dei nostri gusti musicali
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"Caro Vasco Rossi, sei un gran conformista Ma bravo e simpatico" - di Marcello Veneziani

Vivere o niente o Vivere non basta ? Due titoli, due ope­re
( disco di Vasco, libro di Veneziani), due visioni op­poste. Una vita nichilista o una vita con senso e desti­no? Che sia questa la vera dicotomia dei nostri tempi. Ne discutono sul Giornale , Marcello Veneziani e Va­sco Rossi. Il filosofo ha aperto le danze con il suo Cu­cù quotidiano di giovedì. L’accusa:Vasco,sei simbo­lo del nichilismo della nostra società. Ieri la replica di Rossi: non elogio lo sballo, ma la vita vissuta con pas­sione. Oggi la controreplica di Veneziani.

Caro Vasco Rossi, io non ho fatto una criti­ca musicale al suo album e alle sue canzoni, non mi permetterei, non ne ho la competenza e non ne ho manco la voglia. Anzi le dirò che le sua canzoni non mi dispiacciono affatto, e si ca­pisce da quel che ho scritto. Non ho nemmeno antipatia personale nei suoi confronti, anzi mi scappa pure un filo di simpatia. Però sono con­vinto che lei sia stato, e un po’ lo sia ancora, un modello negativo, un cattivo maestro. Non mi interessa sapere se lei sia strafatto o sano come un pesce, se nella vita privata sia il contrario del personaggio che interpreta o no. Sono fatti suoi. A me interessa sottolineare che lei veicola un modo e un messaggio di vita fondato sul vi­vere al massimo e pensare al minimo, come del resto conferma nella sua lettera; il piacere di distruggersi e la vita spericolata, sulle ali del­la droga e della velocità.

Lei è stato uno dei mo­delli di questa società disperata e lo sa bene. Non sono io a dirglielo, sono i suoi adepti. E non è una mia arbitraria supposizione, come lei scrive, ma lo ha ribadito lei stesso nelle inter­viste e conferenze stampa per l'uscita del suo album. Uno che vorrebbe non essere nato, che considera la vita priva di senso e di scopo, frutto del caso e della chimica, che non crede in nulla e si dona al diavolo, è un nichilista. Non è una parolaccia, non si offenda, è la sintesi di quel che lei stesso sostiene. Allora le dico: ma per­ché poi nega tutto questo, e si protesta bravo e virtuoso, legato alla famiglia, tre figli e cittadino esemplare? Se ha voluto costruire quel perso­naggio, se ha voluto mandare quei messaggi, poi non se ne vergogni, li rivendichi invece.

Ab­bia il coraggio delle sua idee, delle sue canzoni o di come ha voluto presentarsi e soprattutto di cosa ha voluto comunicare ai giovani. Una sola cosa però vorrei ribadire: lei non è un ribelle ma è un testimonial del conformi­smo della trasgressione, allineato allo spirito del tempo. Mi creda, oggi è molto più ribelle dire che la vita ha senso e destino, che abbiamo compiti e doveri. Oggi la vera trasgressione è la tradizione. Quanto alla sue lectio magistralis , vorrei dirle che non basta comunicare emozio­ni­per fare lezioni all'università, bisogna comu­nicare cultura. Se bastasse comunicare emo­zioni, allora diamo la cattedra di filosofia teore­tica a Cassano, di fisica nucleare a Belen e di anatomia patologica alla donna cannone, che comunicano a loro modo emozioni. Una can­zone deve trasmettere emozioni, una lezione deve trasmettere saperi.

A ciascuno il suo. Delle critiche che mi rivolge, le accetto tutte, vere, verosimili o divertenti, (mi piace sentirmi parruccone e psichiatra) e comunque capisco il suo punto di vista. E la ringrazio degli elogi che le sono sfuggiti. Una sola cosa non accetto, ed è quando sostiene che io sia una mente «luci­da con una logica perfetta » ma priva di sensibili­tà. Lei non mi conosce, e non è naturalmente una colpa, non sa come sono e ciò che scrivo. Ho una logica imperfetta e una sensibilità forse troppo spiccata.

A proposito, le confesso che l’autore di quel libro coetaneo del suo album ma opposto nella tesi e nel titolo, vivere non ba­sta, sono io. Come le anticipava ieri il Giornale , presentando la sua lettera. Prego la Mondadori di mandarle il libro, lì troverà la prova di una sensibilità: ma del libro ne faccia l’uso che cre­de. Giuro di non cantare se lei giura di non filo­sofare. Non farò concerti se lei non farà lectio magistralis . Vasco, lei mi augura tanta salute, spero since­ramente; io dovrei augurarle una vita piena di guai come lei invece desidera. Ma preferisco forzare i suoi desideri e augurarle con tutto il cuore di vivere bene e a lungo. Anche se vivere non basta.


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