MUSICA




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Addio a un re delle colonne sonore John Barry: undici 007, e non solo

Ci sono dei signori artisti che stanno dietro le quinte, e dei quali si scopre o riscopre la grandezza soltanto con un Oscar, o con la morte. Quello che è ancora per noi - fortunatamente - Ennio Morricone, bandiera della musica da cinema più alta e nobile, è stato per l'Inghilterra John Barry, che se n'è andato il 30 gennaio in seguito a un attacco cardiaco nella casa di Long Island negli Stati Uniti dove viveva da tempo. Aveva 77 anni e non potrà esser scordato mai per parecchissimi motivi: il primo, una lunga gloriosa saga di 11 film, quelli di James Bond. Aveva cominciato nel 1962 a lavorare al debutto della serie, «Agente 007-Licenza di uccidere», come arrangiatore del tema composto da Monty Norman, e da lì mai più si è schiodato, fino al 1987 con l'ultimo «Zona pericolo»: già dal secondo episodio della serie, «Agente 007-Dalla Russia con amore», ebbe la completa responsabilità con il suo tema d'azione «007» utilizzato poi in altri film della serie. Sua era anche la canzone dei titoli di testa di «Goldfinger», cantata da Shirley Bassey, ancora oggi un successo mondiale. Creava musiche cariche di pathos e di fiati, che furono elemento imprescindibile di quegli eleganti thriller che Sean Connery contribuì a far diventare di culto, con la bellona di turno al suo fianco.

Figlio di una pianista e di un gestore di sale cinematografiche, dunque votato a un inevitabile destino, Barry aveva cominciato a suonare come autodidatta, dedicandosi solo in seguito allo studio della musica, e aveva fondato un gruppo jazz-rock nel quale si esibiva, prima di dedicarsi al cinema con la prima colonna sonora di «Beat Girl», nel '59. Ma non si è prodotto soltanto per James Bond, ed è diventato un pezzo da novanta a Hollywood. Nella sua carriera ha vinto ben quattro premi Oscar: due per «Nata Libera» di James Hill del 1966, per la miglior colonna sonora e la miglior canzone originale; uno per «Il leone d'inverno» del 1968 di Anthony Harvey e un ultimo per «Un uomo da marciapiede» di Schlesinger con Dustin Hoffman, del 1969.

Sono decine i film di successo che hanno popolato per mezzo secolo l'immaginario, e portano la sua firma nelle musiche: da «King Kong» del '76 a «Cotton Club» di Coppola nell'84 e «Out of Africa» di Pollack dell'anno successivo, da «Balla coi lupi» di Kevin Costner nel 1990 a «Proposta indecente» di Adrian Lyne nel 1993. Nessun riconoscimento gli mancò: vinse anche, nel 1981, un Razzie Award, per la peggiore canzone, «The Man in the Mask», nel film «The Legend of the Lone Ranger». Cosa che non gli proibì di continuare con i capolavori.

Marinella Venegoni

www.lastampa.it

Shirley Bassey - Goldfinger