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Pino Daniele, ritorno con prudenza "Non so se saprei più fare Napule è"

Esce "Boogie Boogie Man", duetti con Mina, Battiato, Biondi. E un rap con J Ax su "Yes I Know My Way"




Fra i cantautori storici, Pino Daniele è l'anomalo, l'etnico, il contaminatore. Ma è anche l'artista con le fragilità più scoperte, quello che più ha affrontato inevitabili alti e bassi con un certo coraggio scoperto, rimanendo spesso in silenzio se non gli arrivava la cosa giusta. Non stupisce dunque troppo che ieri, alla vigilia dell'uscita dell'album «Boogie Boogie Man» - un'antologia di titoli storici con due inediti - Pino abbia a Roma apertamente parlato della propria evoluzione musicale, e del venir meno dell'ispirazione: «Ho scritto pezzi in napoletano che penso proprio rimarranno. Oggi non sarei probabilmente più in grado di scrivere canzoni come "Napule è", ma è normale che sia così. Io sono cresciuto, e i tempi sono mutati. Mi sento più musicista che non autore, potrei fare un disco strumentale, o metà e metà. Posso rinnovare vecchi brani con arrangiamenti moderni».

Che è un po' ciò che succede dentro questo album che guarda ai '70, da lui stesso prodotto, dove chiama a raccolta alcuni numeri uno con duetti che rivisitano sue pietre miliari: «Chi tene o mare» con Battiato è la più inattesa per la mescolanza di voci, con atmosfere soffici e un dialogo fra napoletano e siciliano; «Napule è» è con Mina («Un sogno duettare con lei»); morbidamente elegante in inevitabile afro-jazz «Je so pazzo», altro must del passato, con Mario Biondi. L'originale quasi scompare poi con «Siente fa' accussì», in rap con J.Ax che contribuisce anche alla riscrittura del testo di una «Yes I Know My Way» rivoluzionata: un discutibile divertissement di segno protestatario, e Daniele giura di voler presto scrivere un pezzo con J.Ax.

«Non ho fatto questi duetti per esigenze di mercato ma perché volevo dare, con gli ospiti, dei nuovi suoni», ha spiegato Daniele, che protestatario resta, seppure più cauto: «Negli ultimi dieci anni sembra che la cultura dia fastidio, ma saranno gli artisti a salvare la situazione, sono più seri delle istituzioni». Dice che fa bene la napoletana Carfagna a dimettersi, e farà discutere il suo giudizio su un altro napoletano illustre, Saviano: «Sono nato in mezzo alla camorra. Hanno fatto fuori due magistrati, Borsellino e Falcone, perché erano vicini alla verità. Pensate che se Saviano fosse stato davvero pericoloso non lo avrebbero fatto fuori? Però mi piace che faccia lezioni civili che educano i giovani a conoscere il male. Il cancro si sconfigge con l'informazione e l'educazione». Del resto l'inedito bluesy che dà il titolo all'album canta chiaro: «Dico quello che voglio...quello che sento...qualche volta mi pento»; ma della discutibile «Che dio ti benedica» non s'è pentito, visto che la ripropone in quest'album, accanto ad altri titoli come «Io per lei», «A me me piace o' blues», «Ue' man», «Back Home».

Tournée dal 2 marzo con debutto a Trento, accanto agli stessi eccellenti musicisti (Collins, Hakim, Garrison, Rachel Z, Podio) che hanno suonato nel disco.



Marinella Venegoni

www.lastampa.it