MUSICA




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​​​​​​​Parliamo dei nostri gusti musicali
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MUSICA
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PASSIONE - Ci volevano le voci del mondo, da Mina a Peppe Barra

Ci voleva un italiano d’America per catturare con tanto impeto l’anima e soprattutto il corpo, sofferente e gaudioso, della canzone napoletana. Ci voleva un attore e regista come Joh...n Turturro, complice geniale dei fratelli Coen e di Spike Lee, ma anche autore di film sempre molto fisici e insieme gioiosamente eccentrici, per compiere un viaggio tanto libero (dunque rischioso) in una tradizione musicale così ricca da essere inesauribile.
Ci volevano, infine, le più belle voci del mondo, da Mina a Peppe Barra, dalla portoghese Misia a Raiz degli Almamegretta, da Sergio Bruni a Pietra Montecorvino o alla tunisina M’Barka Ben Taleb, per restituire a Napoli quanto il mondo le deve - che naturalmente è moltissimo, e non solo sotto il profilo musicale. Come si vede in Passione, il trascinante film di Turturro che esce nelle sale italiane venerdì dopo la trionfale accoglienza veneziana. E al quale bisogna davvero augurare ogni fortuna, per il piacere che regala e l’intelligenza, l’attenzione, il contagioso entusiasmo che testimonia.
È perché Turturro non è napoletano, infatti (anche se nel suo viaggio ha coinvolto un giornalista del Mattino che della città è profondo conoscitore come Federico Vacalebre, co-sceneggiatore del film), che la sua scoperta di questo mondo diventa anche la nostra. È la sua curiosità che lo porta a prendere queste canzoni alla lettera, come meritano, fino a metterle in scena, come faceva la vecchia sceneggiata. Incastonando però ogni canzone in un corpo ancor prima che in una voce, e ogni corpo in un luogo che ne è il prolungamento e la condizione d’essere.
Ed ecco il sublime duetto fra Peppe Servillo e Misia (Era de maggio), quasi insostenibile per la forza con cui i loro vibranti primi piani inseguono il canto. Ecco Massimo Ranieri e Lina Sastri ridare vita a Totò e alla sua prima moglie, per cui il principe de Curtis compose Malafemmena. O Pietra Montecorvino trasformare Comme facette mammeta in una requisitoria minacciosa e struggente mentre un coro di baccanti moderne si dimena con sfrenatezza pagana sugli scaloni del Palazzo dello Spagnuolo. E il Don Alfonso dell’omonimo ristorante recita tutta Guaglione senza musica, con la sua faccia da capo indiano che è da sola un’orchestra.
Senza dimenticare la Storia naturalmente, che appare concentrata in mai ovvi brani di repertorio. Ma scorre anche sui volti dei tre anziani fratelli Esposito, discografici e custodi della memoria. O si incanta, con noi, ad ascoltare Fausto Cigliano che canta Catarì fra i Caravaggio del Pio Monte della Misericordia. Prima che Turturro riparta sulle ali di una nuova canzone, e di una nuova coreografia, fra vicoli e piazze, passato e presente, grandezza e miseria. Con l’allegria di chi esplora tutti i sentimenti, dall’urlo al sussurro, e la libertà di chi riesce a scoprire ogni cosa, perfino il caffè, come se fosse la prima volta.

Fabio Ferzetti

Il Messaggero

"Yes we can"

«Yes we can». La prima volta che ho incontrato John Turturro per parlare del progetto «Passione» eravamo alla vigilia delle elezioni presidenzia...li americane. La spilletta che lui indossava da slogan obamiano divenne il motto con cui affrontare la sfida di un film sulla canzone napoletana del terzo millennio. «Yes we can», azzardammo al termine di una sgangherata conversazione a tavola in cui passammo da Rosi a Murolo, da Modugno agli Almamegretta. I produttori mi avevano contattato come consulente musicale, avevamo iniziato a sognare una sorta di «Napoli social club» cercando il nostro Ry Cooder ma avevamo trovato il nostro Wim Wenders, capace di guardare nel vulcano della melodia partenopea con sguardo lucido ma affettuoso, curiosità onnivora, rispetto non paralizzante.
Paralizzato, all’inizio, ero io, dovendo essere la guida di un viaggio alla ricerca della melodia perduta. Ho riascoltato 2-3.000 registrazioni, costruito playlist per autore, tema, sonorità, interprete. Abbiamo discusso per giorni di Gilda Mignonette e «Tammurriata nera». A ogni decisione mi sembrava di perdere pezzi: come fare un film su cantaNapoli senza Murolo, Giulietta Sacco, D’Angelo, Gragnaniello? «E’ un film, non un’enciclopedia», mi tranquillizzava Turturro immergendosi nei suoni della città porosa.
Nel settembre dell’anno scorso, ormai coautore di soggetto e sceneggiatura, ogni remora era caduta, il film nasceva tra location insolite nel ventre della città e scintillanti versioni di classici antichi e newpolitani. Giuà, nome di battaglia partenopeo del regista, inseguiva le canzoni per strade e taverne, nei corpi e negli occhi delle donne. «Yes we can», ci dicevamo pensando al tentativo di far di nuovo viaggiare per il mondo la melodia vesuviana, dna nazionale bistrattato da politici, artisti, uomini di media e marketing. Francesco Rosi ha parlato di «Passione» come «uno dei più bei film su Napoli visti negli ultimi anni». Salvatore Palomba, autore dei versi di «Carmela» che apre il film con la voce di Mina, di «una citta che nonostante tutto canta ancora, non è solo Gomorra e munnezza». Alla Mostra di Venezia la sala era piena, gli applausi calorosissimi. Al Toronto Film Festival pure. Francesi e tedeschi vedranno «Passione» in sala, gli italiani da venerdì, poi toccherà - speriamo - agli americani. «Yes we can»: possiamo ritrovare almeno una grande colonna sonora nell’attesa che passi l’ennesima nuttata a Napoli, Italia, mondo. Grazie John, anzi grazie Giuà

Federico Vacalebre

Il Messaggero

Mina - Carmela