MUSICA




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​​​​​​​Parliamo dei nostri gusti musicali
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Ugo, la quarta T di Cremona - di Mina - La Stampa - 17.10.10

Una lunga fila di fettine di melanzana e, parallelamente in bell’ordine, una lunga fila di fettine di zucchina. Crude, cosparse di sale. È notte alta, fa caldo. Apro la finestra e all’ultimo momento mi accorgo di quelle verdurine disposte sul davanzale. Per un pelo non ci appoggio i gomiti. Il tempo di un brevissimo stupore e mi ricordo che il padrone di casa ha la grande passione di cucinare. La memoria è una strana compagna. Questo particolare, pochissimo importante, potevo anche averlo dimenticato. Invece è così inutilmente nitido che vedo ancora l’acqua di vegetazione che esce. Quanto tempo è passato? Trenta? Quaranta? Forse addirittura cinquant’anni. E lui, quell’incantevole padrone di casa, se ne è andato da venti. Sì. Saranno vent’anni fra pochi giorni. Lui era la quarta T, vanto di Cremona. «Turoon, turass, tetass», come voleva la tradizione. Poi, per amore, è stato aggiunto Ugo Tognazzi. «Tugnass», appunto. Siamo molto fieri che un attore di quella forza sia uno dei nostri. Un orgoglio. Soprattutto da quando aveva abbandonato la famosissima coppia e si era dedicato a recitare personaggi più complessi, più amari, più emozionanti. Un grande attore del quale si vedeva l’eccezionalità proprio quando sembrava che i personaggi li buttasse via.

Come lavora bene, sembra che non reciti», diceva mia madre. Era uno dei big four, insieme a Gassman, Sordi e Manfredi e, forse, era quello che caricava meno, quello assolutamente privo di spocchia, l’unico, forse, che poteva stare tra i migliori attori americani. Accidenti, sempre questa America come termine di paragone… Meno prepotente, meno tronfio, meno provinciale. A un occhio distratto poteva sembrare addirittura meno attore, proprio perché lo era completamente. Una peculiarità ormai rarissima, se non introvabile. Non so se a Cremona abbiano preparato qualcosa in occasione di questa ricorrenza. Mi piacerebbe tanto che i giovani capissero chi avevamo in casa. E non soltanto a Cremona. Basterebbe un breve ciclo di film, senza dimenticare «La grande abbuffata», «Il federale», «La donna scimmia», «Io la conoscevo bene», «Amici miei» e «Splendori e miserie di Madame Royale». Dai, siamo ancora in tempo. Quando ci incontravamo parlavamo in dialetto. L’ultima volta ci siamo visti a Milano, a una mostra di pittura di non ricordo più chi. Mi sorride e mi fa: «E aluura, cuma vaala?». Come va? Va che ci manchi, caro Ugo.
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