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Il ciclone Iron Maiden travolge Udine: in 11mila in Friuli per il concerto

UDINE (18 agosto) - Un'apoteosi di t-shirt nere e immagini inquietanti, zazzere scompigliate e corna rivolte verso il palco mentre il mostruoso Eddie, eterna mascotte della band forse più influente nella storia dell'heavy metal, ghigna beffardo dalla sua posizione privilegiata "on stage".

Il ciclone Iron Maiden è esploso con la sua furia sonora nella suggestiva cornice di Villa Manin di Passariano (Udine), regalando la meritata ricompensa agli 11mila spettatori accorsi in Friuli per l'unica tappa italiana del The Final Frontier World Tour, "sold out" da settimane del mitico gruppo inglese. A 30 anni esatti dalla prima esibizione in Italia, la leggendaria band di scapestrati britannici ha espresso il suo verbo con la solita rabbiosa violenza. Bruce Dickinson e compagni, su un palco trasformato in una sorta di astronave da B-movie, hanno regalato la consueta miscela al fulmicotone caratterizzata dalle funamboliche armonie intrecciate di tre chitarre (Dave Murray, Adrian Smith e Janick Gers), dalla potenza del basso di Steve Harris (padre fondatore del gruppo) e dall'instancabile drumming di Nico McBrain. Un combo molto meno blues e molto più punk rispetto ai coetanei di un tempo con la voce del tarantolato Dickinson (non a caso detto "Air Raid Siren", "Sirena da allarme aereo") a fare da collante.

La rapida cavalcata del concerto friulano ha preso il via con una decina di minuti di anticipo per 16 brani sparati nel corso di un'ora e tre/quarti ad alto voltaggio. Una scaletta che, gran finale a parte, ha concesso ben poco spazio alla nostalgia dei gloriosi esordi (solo 'Wratchild', tratto dal pluripremiato 'Killers' del 1981) ma anche ai ben poco memorabili anni Novanta ('Fear of the dark'). Il resto arriva dalla produzione del terzo millennio, quella della rinascita. A partire dal riscaldamento con 'The wicker man' e 'Ghost of the navigator'. Solo una citazione, invece, per un 'El Dorado' che promuove blandamente il fiammante album 'The final frontier', disponibile da poche ore in Italia e negli Stati Uniti. E se largo spazio viene concesso anche a 'Dance of death' del 2003 (il brano omonimo, 'Wildest dreams' e 'No more lies'), anche il successivo 'A matter of life and death' viene ricordato attraverso 'The reincarnation of Benjamin Breeg' e 'These colours don't run'. Scenografie al solito spettacolari, senza risparmio di luci e con l'mmancabile Eddie, gigantesca mascotte da incubo, questa volta in versione aliena ma più simile al mostro della laguna nera. E, con i bis, la marea umana impegnata in un incessante 'head banging' esplode di entusiasmo quando, archiviata 'Iron maiden', arriva il momento dei capisaldi: 'The number of the beast' e 'Hallowed be thy name' prima della chiusura definitiva affidata a 'Running free' degli esordi.



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