MUSICA




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Jim Kerr "In Italia sono rinato, ma com'è noiosa la vostra musica"

Il cantante con i Simple Minds domani a Venaria

Jim Kerr è come la sua musica: gentile ma con un fondo inquieto. E da vero scozzese è scontroso ma sincero. Con i Simple Minds ha scritto pagine memorabili di storia del rock, firmato capolavori pop e album sperimentali ed è passato dall’underground al successo, poi dagli stadi pieni all’oblio. Ora torna, a 51 anni, con un progetto solista (Lostboy) e un tour con la sua band che inizia domani a Venaria.

Nel 2010 cosa deve aspettarsi il pubblico dai Simple Minds, nati trent’anni fa?
«Una band incredibile?»

Avrebbe potuto dire lo stesso nel 1980.
«Siamo in grande forma, suoniamo cose nuove e vecchie, ogni concerto è un viaggio nella nostra storia».

Eppure la vostra canzone più famosa non è stata scritta da voi...
«È andata così: Don’t you (Forget about me) era nella colonna sonora di Breakfast Club ed è diventata l’inno di una generazione, soprattutto dopo il Live Aid. È una delle ironie della vita. Ma quando la sento penso ancora che sia una grande canzone».

E la politica? Negli anni Ottanta passavate per impegnati.
«In realtà Street Fighting Years è il nostro solo album davvero politico su sedici o diciassette. La geografia è cambiata, qualcosa di nuovo è successo in Sudafrica e a Belfast ma purtroppo violenza e razzismo sono ancora problemi attuali. Così Mandela Day continua ad avere senso anche se Mandela è libero».

Una volta ha detto che Bono non parla mai della Palestina. Può spiegarsi?
«Non sono affascinato da quello che dice Bono, mi piace la sua musica ma non passo le giornate a pensare alle sue parole».

Gli U2 arriveranno a breve a Torino: vi incontrerete?
«Per me gli U2 sono un fenomeno musicale come Michael Jackson o Madonna. Non sono qui per parlare di Bono: non che non sia mio amico, ma non ha niente da fare con i miei concerti in Italia».

Eppure negli Anni Ottanta tra U2 e Simple Minds c’era una chiara contrapposizione: intellettuali e raffinati i primi, muscolari ed energici gli altri. Anche voi la vivevate cosi?
«Succedeva lo stesso con i Cure, i Magazines e tanti altri. Oggi, annoia».

Bene, parliamo d’altro. Sul vostro sito permettete di scaricare brani gratis: avete un modello di business per la musica sul web?
«Ci sembra giusto fare un regalo a chi ci segue. Non c’è una strategia, diamo degli assaggi di quello che facciamo. Ma non so se Bono sarebbe d’accordo!» (ride, ndr).

Lei ha vissuto a lungo in Italia ed è anche proprietario di un hotel a Taormina: conosce la nostra musica?
«Mi sembra che ci siano sempre gli stessi in giro: Lucio Dalla, Zucchero, Claudio Baglioni, gente che conosco da quando ero bambino».

Ha collaborato con Battiato: che ricordo ne ha?
«È una grande personalità, un tesoro nazionale, il rappresentante della migliore cultura siciliana e italiana».

Perché la musica italiana non sfonda all’estero?
«Indubbiamente in America e Regno Unito sono chiusi verso tutto quel che non è cantato in inglese, però penso che gli italiani sappiano scrivere straordinarie melodie. Mi rendo conto che è un luogo comune, come quando i giornalisti vengono a sapere che sono scozzese e mi chiedono del mostro di Loch Ness».

L’ha visto?
«Certo».

Pensa che l’industria musicale italiana sia paragonabile a quella inglese?
«L’industria musicale da noi è una macchina più grande ma anche in Italia ci sono professionisti capaci. Però non sono la persona più adatta per rispondere perché sono completamente innamorato dell’Italia: dieci anni fa per me era un periodo nero e se ora sto bene, scrivo e sono felice lo devo al mio incontro con la Sicilia».

In Sicilia ha avuto a che fare con la mafia?
«In Sicilia no, ma è successo a Glasgow. La mafia è ovunque».

Parla italiano?
«Ci proviamo, se vuoi».

E cosa sa dire?
«In bocca al lupo sempre».

Non è un’espressione siciliana.
«In siciliano so solo dire minchia».


Bruno Ruffilli

www.lastampa.it

Simple Minds - Don't you (forget about me) (live)

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