MUSICA




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​​​​​​​Parliamo dei nostri gusti musicali
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Cara, faccio il lavoro di James Bond - di Mina - La Stampa 11.04.10

Sarà perché spiare è un’azione indecente. Sarà perché un raro illuminato, chissà chi e chissà quando, si era vergognato di spiare per conto dello Stato a cui apparteneva. Sarà perché non gli andava di risultare turpe. Sarà che quel mattino o quella sera gli si era accesa una lampadina... fatto sta che si è inventato di usare la parola «intelligence», che di per sé significa notizia e che con l’intelligenza ha poco da spartire. Può essere definita come la raccolta e l’analisi di dati dalla cui elaborazione si possono ricavare informazioni utili al processo decisionale militare, nonché a quello relativo alla sicurezza nazionale e alla prevenzione di attività destabilizzanti di qualsiasi natura. Sarebbe più nobile definirla Controspionaggio, ma tant’è.

Sarà che non è epoca di schizzinosità, sarà che te la dipingono come difesa dell’indipendenza, dell’integrità e della sicurezza della Repubblica, fatto sta che circa ottomila domande sono state inoltrate nella speranza di poter rientrare nella schiera di «eletti» che potranno difendere la Patria non in armi, si spera. Per un attimo, facendo il clic per l’invio, ognuno degli ottomila che si sono proposti all’Aise ha pensato che il proprio curriculum fosse adatto al lavoro di silenzioso e misterioso scopritore e detentore di segreti più grossi di lui. La tradizione letteraria ci tramanda figure che affogavano una tale responsabilità nella frequentazione del lusso e alleviavano il rischio nei panorami dell’avventura. Mi chiedo se almeno qualcuno dei candidati non abbia considerato l’aspettativa per un’attività da svolgere in un Club Méditerranée appena poco più movimentato.

Ma poi, rinunciando all’ironia, confido che tutti sappiano che i nemici non sono Goldfinger o il Dottor No e che la segretaria non sarà Moneypenny e, sotto sotto, spero che nessuno di questi torni a casa dicendo orgogliosamente alla moglie: «Cara, faccio lo stesso lavoro di James Bond». Piuttosto tornerà spiegando che, con il lavoro che ha trovato, potranno finalmente comprare le scarpe nuove ai bambini, mandare la nonna dal dentista, pagare a poco a poco quei debiti fatti per tirare avanti in modo appena appena decente, riconcedersi la dignità perduta anche se con un impegno un po’ strano e inconsueto, sperare in una vita migliore. Allora, molto più prosaicamente, mi viene in mente che la speranza è l’ultimo eroismo concesso a chi non ha niente.

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