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Quando il relativismo è un alibi - di Mina - La Stampa - 14.03.10

Quando il relativismo è un alibi

Continua imperterrita la civiltà degli alibi, delle scuse, delle circostanze attenuanti. Il crimine non è individuale. L’accusa diventa generica o generalizzabile e il diritto alla difesa non è più un fatto destinato a un imputato singolo. Il popolone può permettersi, nella sua voglia naturale di linciaggio, di menare bastonate a casaccio e si soddisfa di avere, comunque, impartito giustizia. I giudici, i condannati e, seppur con minore probabilità, anche le vittime tornano ai propri posti e nei loro ruoli con la netta sensazione dell’impotenza e del rammarico. Nella nebbia dell’imprecisione si sta sfogando, oggi, l’attenzione sulla pedofilia negli ambienti religiosi di qualche diocesi europea. Dove sta la novità? Di che cosa ci dovremmo preoccupare? È soltanto un ribrezzo che continua, una nausea disperata senza vomito liberatorio. La storia e la geografia dell’intero globo terracqueo sono avvilite dalla costanza del fenomeno della pedofilia e della sua insopportabile frequenza negli ambiti religiosi.

Da Pasquino a Belli, da Boston alla California, dal Brasile all’Australia, dal documentario «Sex crimes and the Vatican» al «John Jay Report», da prelati a suore, il dossier è gonfio di obbrobrio indiscutibile. Le edulcorazioni possibili riferite a condanne limitate, coperture magiche, nascondigli assolutori, rendono fumoso l’argomento. Ed ecco il colpo di genio, quello del «mal comune mezzo gaudio», della giustificazione lamentosa, delle recondite ragioni. Le mie più sentite congratulazioni. Navarro Valls avrà avuto un brivido. Nelle sue mani la cosa sarebbe stata trattata con maggiore saggezza e minor coda di paglia. Altrettanto per la questione del celibato citato quale causa prima che originerebbe il problema. Non credo che avrebbe fatto il benché minimo riferimento a questo vincolo. È che i singoli dovrebbero capire quando stare zitti se c’è in ballo il pensiero, discutibile o no, condivisibile o no, di un capo unico e infallibile.

Nei Comandamenti, tanto per rimanere da queste parti, non si fa cenno al fatto che un ladro lo sia più o meno in confronto a un altro ladro, o che un assassino sia meno assassino in base al tipo di vittima. Il pedofilo fa schifo o pena sicuri, senza alcuna relazione con i vestiti o le maschere che indossa, il suo stato anagrafico o altre bazzecole psichiatroidi. Ma il relativismo non era stato messo all’indice?

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